Reportage di Umberto Pizzi da Zagarolo - ultimo giorno di scuola per il Parlamento
Eloisa Calessi per "Libero"
Finora se ne parlava come di un'ipotesi fantapolitica: fare un partito di centro con pezzi in uscita dal Pd. Alcuni giorni fa, invece, un dirigente di peso del centrosinistra ne ha parlato apertamente. E come di un progetto non solo possibile, ma già in cantiere. Quell'uomo si chiama Lorenzo Dellai.
PAOLA PELINO - copyright PizziEx sindaco di Trento, precursore di un modello da cui sarebbe poi nata la Margherita, lo scorso novembre, con uno schieramento di centrosinistra che comprendeva l'Udc, il Pd e l'Unione per il Trentino, evoluzione di una lista civica da lui fondata, è stato riconfermato presidente della provincia di Trento con quasi il 60% dei voti.
È stato Dellai a rivelare che quel piano è qualcosa più di un'ipotesi: «Stiamo lavorando, io e altre persone», ha detto al Corriere di Trento, «alla costruzione di un partito di centro che non sia antagonista o in competizione con il Pd, bensì complementare e sia utile a recuperare il tessuto sociale come i ceti disorientati».
Non si tratta di unirsi all'Udc, perlomeno non subito. Ma di dar vita a un soggetto nuovo dichiaratamente alleato del Pd. Che poi, ma solo in un secondo tempo, potrebbe unire le forze con l'Udc. «Io penso», ha spiegato, «a un partito che raccolga l'elettorato moderato, popolare, liberaldemocratico, aperto a contributi laici e al mondo ambientalista. Non vogliamo un nuovo partito cattolico o confessionale».
Al livello locale, questo tentativo Dellai lo porta avanti da tempo: prima con la Civica Margherita, una lista che aggregava riformisti e popolari, poi con la creazione dell'Unione per il Trentino. La novità, adesso, è che il laboratorio trentino potrebbe fare un salto nazionale.
PAOLA PELINO - copyright PizziDellai ha spiegato di aver «girato parecchio in questi mesi», constatando «la presenza e il fiorire di iniziative locali che avrebbero bisogno di un riferimento nazionale». Lui è uno «dei tanti che darà il suo contributo». Ma non è il solo. «Ci sono posizioni di esponenti nazionali che stanno riflettendo su questo». E ne ha citato uno su tutti: Francesco Rutelli. «Ma potrei indicarne altri», ha aggiunto.
MOVIMENTI DI SCISSIONE
Nonostante tutti la smentiscano, la possibilità di una scissione nel Pd è messa nel conto. Specie nel caso in cui vinca Pier Luigi Bersani e il partito si dia un profilo più di sinistra. «Il progetto esiste», conferma un parlamentare che sostiene la mozione Franceschini. Il principale sospettato di guardare a questa eventualità è Rutelli. Ma non sarebbe l'unico. A parte i rutelliani di stretta osservanza (Paola Binetti e gli altri teodem), altri potrebbero essere tentati.
La lista di chi più soffrirebbe in un Pd bersaniano è presto fatta: i "non allineati" (Sergio Chiamparino, Massimo Cacciari), Walter Veltroni e una parte dei suoi, ma anche quei popolari come Beppe Fioroni che, nelle conversazioni private, ammettono che sarebbe complicato stare in un Pd dove la macchina è tutta diessina. Sono in molti, insomma, a cercare un'exit strategy. Il progetto di cui parla Dellai potrebbe essere la soluzione.
MARIAGRAZIA GELMINI GIORGIA MELONI - copyright PizziBERSANI E IL CENTRO
Paradossalmente l'aiuto potrebbe venire proprio da Bersani, che non ha mai fatto mistero di non veder male la nascita di un centro forte a cui il Pd possa allearsi. Ed è la principale differenza da Franceschini, il quale pensa a un Pd che rappresenti anche il centro. Tanto che Dellai, sempre nell'intervista al Corriere, ha detto di puntare sull'«asse Letta-Bersani» per far decollare il progetto di un partito di centro. «Chi sostiene di più la necessità di avere un riferimento nell'area centrale», spiegava, «è soprattutto l'asse Bersani-Letta. Un riferimento con cui ricostruire, mettiamola così, un'idea più degasperiana di centrosinistra».
Una sinistra riformista alleata a un centro moderato. Non è un caso che l'uscita di Dellai è stata bocciata da Ermete Realacci, sostenitore di Franceschini («sarebbe un ritorno al passato, se il Pd si riducesse a un'espressione della sinistra riformista, sarebbe una sconfitta»), mentre è stata salutata con favore da Enrico Letta, braccio destro di Bersani. «Dellai», ha detto a un quotidiano locale, «lancia obiettivi e messaggi utili alla costruzione di una reale alternativa all'attuale maggioranza di governo». E ha parlato di «profonde sintonie» tra lo «sforzo» che sta facendo insieme a Bersani e le «linee di Dellai».
GIULIO TREMONTI UMBERTO BOSSI SILVIO BERLUSCONI - copyright PizziUna mossa in grado di disinnescare questa spinta centrifuga, o limitarla, potrebbe essere un «accordo» tra vincitori e sconfitti. In molti hanno letto in questo senso l'appello lanciato da Dario Franceschini perché «chiunque vinca il congresso non finisca nel tritacarne». Invito a cui D'Alema ha risposto dicendosi d'accordo: «Chi vince il congresso deve essere messo nelle condizioni di governare il partito, valorizzando tutte le personalità».
Ancora ieri Franceschini smentiva, confermando l'eventualità, l'ipotesi di una scissione: «Dopo il 25 ottobre saremo tutti nello stesso partito». L'ex ministro dello Sviluppo economico, però, ha detto che l'accordo non ci farà: «Ci sarà una maggioranza e una minoranza». Chi ci sta, bene. Chi non ci sta, libero di andarsene. E forse, anche per Bersani, non sarebbe un male.