Simonetta Fiori per \"la Repubblica - Roma\"
LILLI E FABIANO FABIANI LARRIVO DI ALBERTO ASOR ROSAPer ascoltare due illustri testimoni «dell´ultima generazione di moderni» sono accorsi anche i «neobarbari», ma forse bisognerebbe trovare un altro sinonimo per chi anagraficamente convive con le «invasioni barbariche» e tenacemente s´aggrappa alla tradizione del moderno. Parterre de roi per Eugenio Scalfari ed Alberto Asor Rosa, ieri sera alla Residenza Ripetta, dove si presenta \"Per l´alto mare aperto\" (Einaudi), il nuovo libro del fondatore di Repubblica, che è un viaggio nel pensiero della modernità.
ILGRANDE MARCELLINO RADOGNAIn una platea affollata, oltre a Walter Veltroni e Nicola Zingaretti, non pochi i volti giovani, segno che il filo tra le generazioni può sopravvivere alle cesure e ai salti della contemporaneità. Nelle prime file anche la «falange macedone», come affettuosamente Scalfari chiama i suoi amici, Giorgio Ruffolo ed Ettore Scola, Andrea Manzella e Fabiano Fabiani, Nello Ajello, Lucio Villari e Giovanni Valentini.
LARRIVO CON LA PIOGGIADa Montaigne e più tardi gli Illuministi fino a Nietzsche e gli ultimi bagliori della modernità, ovvero Calvino e Montale, quello tracciato dal fondatore di Repubblica è un lungo percorso in un´epoca ormai conclusa, sconfitta dalle «invasioni barbariche» che introducono nuovi linguaggi e nuovi codici morali. «Un viaggio di pensiero e di riflessione autobiografica», lo definisce Asor Rosa, che l´ha recensito sulle pagine del nostro giornale.
FRANCO FERRAROTTI«Alla mia seconda lettura l´ho trovato ancora più intrigante e misterioso. Un esempio unico nella tradizione del grande giornalismo italiano. Ma da dove proviene questa spinta così profonda alla riflessione? Forse una ricerca dell´eterno, da parte di chi non crede in Dio?». Come tutte le domande intelligenti, replica Scalfari, contiene in sé la risposta.
FABIANO FABIANI ETTORE SCOLA«La vita è un insieme di segmenti di senso, dai più prosaici ai più riflessivi. Porre delle domande sulla modernità è uno di questi segmenti». In sostanza, per Scalfari non esiste il senso ultimo, che presuppone l´ultramondano. Esiste la vita terrena e qui bisogna trovare il senso della propria presenza. «Solo l´idiota dostoevskijano è felice, perché non ricerca il senso».
EUGENIO SCALFARIRicchissimo appare il catalogo di scrittori e filosofi scelto da Scalfari per raccontare la modernità. Si comincia con Montaigne ma anche con Cervantes (il primo il «pensiero che riflette», il secondo «il pensiero che racconta») per arrivare a Nietzsche e alle sue stelle danzanti. Perché questo inizio e questa fine? «Montaigne mette una mina sotto l´assoluto, la quale lavora per quasi quattro secoli fino ad esplodere con Nietzsche, che rappresenta la moltiplicazione infinita dei centri. Da questo momento in poi noi moderni abbiamo passato il testimone ai posteri, che sono già tra noi».
EUGENIO SCALFARICome si può governare il nuovo salto? Dall´«alto mare aperto» si rischia di precipitare nella Palude Stigia, tema che interessa più il giornalista che lo storico delle idee. «Distinguo i barbari dagli imbarbariti», rimarca Scalfari, «ossia da quelli che non sono più moderni ma non sono neppure profeti del nuovo, parlano il nostro linguaggio ma in versione imbarbarita. Se noi vogliamo stendere una rete di fili verso il mondo nuovo che i posteri devono ancora creare, dobbiamo lasciare un patrimonio integro. I barbari non possiamo che attenderli. Gli imbarbariti dobbiamo combatterli».
EUGENIO SCALFARI IL GRANDE EU GENIO