Claudio Tito per \"La Repubblica\" - Foto dal Corriere.it
Una \"leggina\". Un provvedimento ad hoc per scardinare la serratura che per ora blocca i lavori della commissione di Vigilanza. Sostanzialmente per far saltare la presidenza di Riccardo Villari. L\'idea è maturata tra i vertici del Pd nel week end. E ieri mattina Walter Veltroni ne ha parlato con Gianni Letta, il sottosegretario alla presidenza del consiglio incontrato alle esequie di Sandro Curzi.
Il colloquio tra i due è durato un quarto d\'ora e il tema principale, se non esclusivo, è stato appunto la situazione che si è creata nella commissione bicamerale. Uno stallo che i democratici cercano di interrompere. Anzi provano a stringere i tempi. «Non possiamo andare avanti così per troppo tempo», ha avvertito i suoi lo stesso leader Pd. Il time limit, allora, è Natale. O meglio la pausa natalizia dei lavori parlamentari. Altrimenti, è il sospetto dei democratici, la guida del \"ribelle\" Villari rischia di diventare definitiva.
Soprattutto - è la paura dell\'ex sindaco di Roma - gli italiani non capirebbero le polemiche sulla Rai mentre sono travolti dalla crisi economica. Lo stratagemma escogitato a Largo del Nazareno, allora, prevede un intervento legislativo concordato (ma potrebbe trattarsi anche di una semplice modifica al Regolamento), per il quale maggioranza e opposizione prevedano una \"corsia preferenziale\" e voto quasi all\'unanimità.
Una misura di uno o pochissimi articoli che modifichi i criteri di elezione del presidente della Vigilanza facendo così decadere la nomina dell\'esponente Pd da poco espulso dal gruppo del Senato. La risposta di Letta non è stata negativa. L\'ipotesi di un blitz in Parlamento non dispiace al braccio destro di Berlusconi. Che vuole tener fede al patto a favore di Sergio Zavoli. Ieri ne ha parlato con il presidente del consiglio. Il quale, però, prima di imboccare una strada di questo tipo intende valutare tutte le controindicazioni.
E già, perché il Cavaliere è pronto ad accettare qualsiasi soluzione pur di sciogliere «senza guerre» il nodo Rai. Come il presidente della Camera, Gianfranco Fini, gradirebbe le dimissioni volontarie di Villari. Ma sa anche che all\'interno dei suoi gruppi parlamentari non tutti la pensano così. I maggiorenti del centro destra sono in subbuglio. La lettera firmata ieri dai capigruppo e dai vicecapigruppo del Pdl la dice lunga a questo proposito. La linea \"dialogante\" della \"colomba\" Letta non convince affatto i \"falchi\". A cominciare, appunto, da Fabrizio Cicchitto e dal presidente dei senatori pidiellini.
Continuano a sconsigliare soluzioni traumatiche (come la sfiducia) difendendo di fatto Villari. La battaglia sui posti di potere all`interno di Viale Mazzini, del resto, si gioca anche sugli equilibri della commissione. E lo stesso Berlusconi sa che la «corsa» alle poltrone della tv pubblica è già cominciata. Anche dentro il suo gruppo. Pure il premier, in realtà, vorrebbe dare un colpo all\'attuale Cela. Se non altro per limitare le trasmissioni che a suo giudizio lo «insolentiscono quotidianamente: sta diventando insopportabile questo dileggio continuo».
Nello stesso tempo, però, teme che la vicenda Rai si trasformi in un boomerang: «lo - è il suo ragionamento - non ho poi così tanta fretta di rinnovare i vertici di Viale Mazzini. Preferisco trovare una soluzione condivisa. Altrimenti possiamo aspettare un po\' e vedere se le acque si calmano». Il Cavaliere è convinto che la partita delle nomine Rai rischia di incancrenirsi proprio nella maggioranza: da tempo punta il dito contro gli «appetiti» dei colonnelli di An e anche della Lega. «E in questa fase di tutto abbiamo bisogno tranne che di far vedere alla gente che rincorriamo le poltrone mentre è in atto una delle più gravi crisi economiche».
Non solo. Nel lungo periodo a Via del Plebiscito sono sicuri che il Pd rinuncerà alla linea adottata in questi giorni: quella di disertare le riunioni della commissione. In effetti a Largo del Nazareno non sono affatto certi di poter reggere troppo a lungo: «Osi risolve entro un mese oppure si dovrà prendere atto che la maggioranza controlla anche la Vigilanza».
Non è un caso che i capigruppo democratici ieri stavano valutando la possibilità di rispondere alla lettera dei \"colleghi\" Pdl chiedendo di «concordare» le modalità con cui esercitare la moral suasion nei confronti del presidente della commissione. I democratici sanno che difficilmente la candidatura di Zavoli potrà essere trascinata a lungo.
Ma soprattutto vivono con preoccupazione le mosse della maggioranza: se alla fine il centrodestra decidesse di eleggere comunque il nuovo cda della tv di Stato, l\'opposizione si escluderebbe anche dal processo decisionale che riguarda il presidente della Rai. La strada, quindi, al momento resta in salita. E lo stesso Veltroni ieri sera ammetteva sconsolato: «Non ci sono novità».
2 - TROPPO BUONISMO: CURZI, CON ME, SI COMPORTò DA VERO GENDARME DELLA MEMORIA
Giampaolo Pansa per \"Il Riformista\"
Troppo buonismo in molti coccodrilli per Sandro Curzi. Non sarebbero piaciuti nemmeno a lui. \"Kojak\" poteva sembrare un dirigente politico bonario e accomodante. In realtà era un comunista di quelli duri. Intollerante. E pronto a qualsiasi asprezza pur di dare addosso a chi la pensava in modo diverso.
Li ho sperimentati anch\'io i suoi sistemi, quando pubblicai il \"Sangue dei vinti\", un libro sulle mattanze compiute dai partigiani dopo il 25 aprile. In quel caso, Curzi si comportò da vero Gendarme della Memoria. Sapeva bene che quanto raccontavo era tutto vero. Ma era vietato dirlo. In base al dogma che fare le bucce al Pci significava diffamare la Resistenza.
Il nostro fu uno scontro impari. Lui dirigeva Liberazione e aveva alle spalle un partito, Rifondazione Comunista. Io ero un giornalista che non dirigeva nulla e non aveva nessuno dietro di sé. Anche per questo, Curzi cominciò a pestarmi. E cominciò subito, prima che il libro apparisse, dunque senza neppure averlo letto.
Il venerdì 10 ottobre 2003, \"Kojak\" vide su un lancio dell\'agenzia Adkronos una bordata di Giorgio Bocca contro di me, sparata dopo le anticipazione dei giornali. E decise di approfittarne. Incaricò un redattore, Beppe Lopez, di intervistare l\'Uomo di Cuneo. Ne uscì una requisitoria allucinata. Dove si sosteneva persino che avevo scritto \"Il sangue dei vinti\" per diventare il direttore del Corriere della sera.
Il sabato 11 ottobre, Curzi stampò l\'intervista su Liberazione, con un grande titolo che strillava: \"Libro vergognoso di un voltagabbana\". \"Kojak\" definiva il mio libro «un romanzo», etichetta falsa per schernire un\'inchiesta. Sempre falsa era la presentazione di tutto l\'affare Pansa. Curzi scrisse: «Di fatto questo libro contribuisce alla parificazione delle forze allora in campo: i nazi-fascisti da un canto e i partigiani e le forze democratiche e antifasciste dall\'altro».
Non soddisfatto della forsennata esternazione di Bocca, \"Kojak\" riprese subito a darmi botte in testa nella pagina più importante di Liberazione, quella della posta. La domenica 12 ottobre mi preparò un nuovo pacchetto al veleno. Sotto un titolone che domandava: «Perché Pansa tira fuori proprio ora quelle storie?», c\'erano tre lettere arrivate con la velocità della luce.
Erano vere o false, nel senso che ci aveva pensato Curzi a fabbricarle? Penso che almeno un paio fossero false. Anche perché il libro stava sempre nei magazzini della Sperling & Kupfer. \"Kojak\", o un suo alter ego, mi accusava di volermi riciclare con Berlusconi. E di dare una mano al Polo di centrodestra, diffamando i poveri comunisti.
La terza lettera era una carognata diretta a Miriam Mafai, colpevole di un giudizio equilibrato sul mio lavoro.
La firmava una signora che dichiarava di avere la tessera dei Ds. E di sentirsi amareggiata per le parole di Miriam, «iscritta al mio stesso partito e già compagna di Giancarlo Pajetta». La conclusione era da tribunale politico: «Spero che dai Ds venga una risposta degna».
Il 17 ottobre Curzi si decise a prendere la parola. Scrisse: «In tema di revisionismo storico credevo che avessimo raggiunto il fondo con la cinica operazione editoriale di Pansa, libro vergognoso di un voltagabbana». Ma purtroppo non era così: «Non passa giorno senza che qualche fascista sdoganato o qualche ex comunista passato a Berlusconi non si riempia la bocca con i gulag e le foibe...».
Nei mesi successivi, Curzi continuò a pubblicare lettere contro di me. E a prendermi a schiaffi nella rubrica \"Giornali & Tv\". Poi smise, perché si era accorto di essere diventato lo sponsor più efficace del mio libro. Ma \"Kojak\" aveva la testa dura. E tornò a farsi vivo su Liberazione nell\'autunno del 2004, forse disturbato da un altro mio lavoro, \"Prigionieri del silenzio\".
Curzi sostenne che continuava a ricevere molte missive contro \"Il sangue dei vinti\": «Lettere di indignata sorpresa per l\'indirizzo che il collega Pansa, per citare solo il nome più popolare, ha preso e che viene vissuto come esempio di revisionismo storico».
Uscito da Liberazione, Curzi entrò nel consiglio d\'amministrazione della Rai. Ma non si scordò di me. Nel giugno 2005, intervistato da Roberto Cotroneo dell\'Unità, si lagnò dell\'ariaccia che tirava in viale Mazzini: «Qui c\'è un degrado culturale. Ti faccio un esempio: stanno preparando una fiction tratta dal ‘Sangue dei vinti\' di Pansa...».
Mi fermo qui. E riconosco che, in fondo, \"Kojak\" ha vinto. Nelle librerie no, ma alla Rai sì. La fiction verrà trasmessa soltanto nel dicembre del prossimo anno. Dall\'aldilà dei Gendarmi della Memoria, Curzi sorriderà. Pensando: io ci sapevo fare, non i voltagabbana alla Veltroni.