1- CON IL DUE A ZERO JUVENTINO AL NAPOLI C’È UN MORTO CHE PARLA. IL CAMPIONATO - 2- LO SCAMBIO DI BATTUTE DI QUEI BUONTEMPONI DEL TG 3 REGIONE PIEMONTE COL TIFOSO DELLA JUVE FUORI DAI CANCELLI DEL SUO STADIUM: “I NAPOLETANI SONO OVUNQUE, COME I CINESI” E IL CRONISTA CHE GLI OFFRE SPONDA: “LI RICONOSCETE DALLA PUZZA ALLORA” - 3- E VENNE IL GIORNO. DEL RITIRO PUNITIVO. DEGLI INSULTI. DELLA CONTESTAZIONE AD ALLEGRI. SETTE PUNTI IN OTTO GIORNATE. A MILANO IL BANANA ASPETTA LE COPPE DI METÀ SETTIMANA CON LO STESSO SPIRITO CON CUI SI ATTENDE IL DILUVIO UNIVERSALE - 4- LA LAZIO DI PEKTOVIC VEDE LA CHAMPIONS LEAGUE. DI LOTITO SI PUÒ DIRE QUALUNQUE COSA. HA ABBASSATO INGAGGI, EMARGINATO CALCIATORI, MA SPESSO HA SCELTO BENE - 5- A LIVORNO, GLI UNNI AL SEGUITO DEL VERONA DANNO SFOGO ALLE PULSIONI ANIMALESCHE. INSULTI VIGLIACCHI, CORETTI FASCISTI, BOMBE CARTA AL POVERO MOROSINI -

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Dagoreport.

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VIDEO - JUVENTUS - NAPOLI, TGR PIEMONTE VERGOGNOSO! SERVIZIO IMPRONTATO AL RAZZISMO. http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=1SpSZIBSDF0#!

cassano e cambiassocassano e cambiasso

IL PESCE PUZZA DALLA CODA.
E venne il giorno. Del ritiro punitivo. Degli insulti. Della contestazione ad Allegri. Dei bambini gettati insieme all'acqua sporca e dei panni consunti lavati in piazza perché ogni famiglia, ha un punto di rottura. Quello del Milan, imbarazzante per posizione complessiva, vacanza romana e resa a prescindere nel teatro dell'Olimpico (più 3-0 che 3-2, più ombre che luci) è un dato. Sette punti in otto giornate. Cinque sconfitte, due sole vittorie, un malinconico pareggio e la riva destra della classifica che segna allarme rosso e umore nero.

roma -genoaroma -genoa

Se Allegri piange, Berlusconi non ride. Mai così male da quando nell'estate di 27 anni fa, uccidendo i padri nobili (Rivera) e quelli di passaggio (Giussy Farina), Silvio I scelse il pallone come trampolino per la conquista di tutto il resto. All'epoca planò in elicottero a Milanello, oggi vede precipitare una squadra smembrata e sfiduciata in zona serie B, è preoccupato anche dal riverbero elettorale e pensa di cambiare allenatore. A Milano aspettano le coppe di metà settimana con lo stesso spirito con cui si attende il diluvio universale. Il Malaga di Pellegrini gioca da dio, il povero diavolo, oltre all'identità, ha smarrito la decenza e potrebbe finir male.

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FINALE LIETO DELLA RISSA ALLA ‘AMATRICIANA.
Paura e delirio zemaniano a Marassi. Roma sotto di due gol con il Genoa dopo un quarto d'ora. Kucka, ex sogno di Sabatini e Baldini, poi Jankovic. Prima di dare forma ai confini dell'incubo e firmare un'ennesima puntata del caso De Rossi e Osvaldo (entrambi in campo), l'unica madonna in giallorosso, l'antica figurina in pista dal '93, compie il miracolo.

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Come cantano a Trigoria «C'è un solo capitano». Così Totti suona la carica, Piris dimostra di essere per la prima volta un giocatore, l'attaccante che in nazionale, causa espulsione, aveva potuto riposare più di altri, pareggia in chiusura di tempo e nella ripresa, complice l'inattesa sparizione del Genoa (nell'anno dell'esonero di Ranieri, a ruoli invertiti, si passò dallo 0-3 al 4-3), la Roma passeggia (ancora Osvaldo, l'ottimo Lamela) e sola, al quinto posto con 14 punti, evita un'altra settimana di radio e processi a tutto volume.

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MORTO CHE PARLA.
Di qualcosa, di fronte alla noia del dominio, bisognerà pur discutere. Zeman è perfetto. La Juve offre trame più scontata. Con il due a zero al Napoli sono quarantasette risultati utili e c'è un morto che parla. Il campionato. Decidono la mancanza di avversarie, le vittorie interne da record, i 13 giocatori a segno in sole otto giornate, i ventidue punti conquistati e le due riserve di avvenire che si alzano dalla panca, entrano e risolvono la prima (e forse ultima) partita scudetto della stagione.

La Juventus che con Càceres e Pogba spiega al Napoli che per farla franca, tirare una volta volta in novanta minuti non può bastare, viaggia per "Conte" proprio. Senza l'allenatore originale in panchina, con personaggi e comparse in cerca d'autore (Carrera, Filippi, Angelo Alessio), potendo fare a meno di Buffon, Vucinic e di un attaccante da 20 gol a torneo.

I giovani, da Marrone in giù sono bravi, i vecchi fenomenali, la solidità ambientale, compresa la capacità di disporsi a testuggine in opposizione al nemico esterno, sperimentata da più un secolo. L'abitudine a vincere, qualcosa su cui non vale la pena soffermarsi. Mazzarri impiegherà con più frequenza Insigne e intanto, dovrà guardarsi da chi nel torneo spaccato esattamente a metà (tredici squadre in 5 punti) ha corso praticamente alla stessa velocità.

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STRAMAPOKER.
L'Inter di Stramaccioni che la tallona a un solo punto e la Lazio di Pektovic, un misconosciuto signore con il profilo d'attore che fino all'anno scorso allenava in Svizzera e oggi, tra i pascoli del Sette colli, vede la Champions League. Il Meazza non è il Cibali e non succede nulla di clamoroso. Il Catania spreca subito con Almiron, Cassano cavalca la ritrovata allegria di giocare con ritmiche finezze e un gol di testa (raddoppierà Palacio), il tecnico preferito da Moratti propone due punte vere più Fantantonio senza scompensi eccessivi.

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Facile pensare che alla quarta vittoria consecutiva con Wes Snejider a guardare o quasi, i problemi interni possano arrivare dopo. Adesso, considerando anche il calendario (non esattamente un Everest) e Milan attuale battuto 15 giorni fa per 1-0, si può parlare di un Inter in buona salute tecnica e mentale. Poco per insidiare la Juventus, abbastanza per dimenticare la scorsa sciagurata annata. Abbastanza per mettere Cassano (in forma anche dialettica, per lui alla Juve sono tutti «soldatini») in vetrina e provare a recitare da sorpresa. Il ricordo dell'anno scorso è ancora vivo, ma di peggio non si potrà fare. Il secondo posto è un obiettivo alla portata.

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LAZIO DAYS.
Si può dire lo stesso della Lazio. Bella, bellissima per oltre mezza gara sulle spoglie del Milan (3-0) e poi spaventata e quasi recuperata da una piedata di De Jong e da un gol del solito El Sharaawy. Sul 3-2 ha un po' tremato, non tanto da cancellare l'impressione di una buona qualità complessiva del telaio, di un giocatore magnifico, sottovalutato, Hernanes e di un gelido, bravissimo puntero tedesco di nome Klose che invecchia e migliora come il vino.

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Di Lotito si è detta e si può dire qualunque cosa. Ha abbassato ingaggi, emarginato calciatori, affrontato la ripulsa popolare con relativo distacco. Ma spesso ha scelto bene e sostenere che abbia fatto in toto il male della Lazio sarebbe bugiardo. In attesa di Cremona, del calcioscommesse, delle nubi su Mauri «posizione delicata» secondo il Pm de Martino e del futuro prossimo, applausi alle intuizioni del Sor Claudio. Chi lo piazzò lì nel 2005 convinto di manipolarlo, non ha più neanche il biglietto gratis in tribuna d'onore.

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MUCCHIO SELVAGGIO.
Tutte le altre. Quelle in bilico tra gloria, anonimato e depressione. Quelle che alzano polveroni e organizzano ribaltoni pericolosi (l'Atalanta interrompe l'emorragia e frega in rimonta il Siena a Bergamo, 2-1), quelle con i presidenti dalla camicia aperta al quinto bottone con il santino in vista (Cellino felice a Quartu per l'1-0 del Cagliari, segna Nainngolan, sul Bologna), quelli ubriachi di elogi e assetati di punti (La Fiorentina di Della Valle, misero punto a Verona con il Chievo per 1-1) Palermo e Torino (0-0, bravi i portieri, due stranieri, Ujkani e Gillet). Poi due vittorie di retroguardia, quella del Parma sulla Samp (2-19 e l'1-0 dell'Udine sul Pescara. Il resto insomma, dello iato tra proclami estivi e realtà. Poca roba. Tra qualche settimana sembrerà pochissima.

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ECUMENICA VERGOGNETTA.
A Livorno, gli unni al seguito del Verona danno sfogo alle pulsioni animalesche. Insulti vigliacchi e tipicissimi al povero Pier Mario Morosini, coretti fascisti, bombe carta. Segue riprovazione a metà, con il sindaco Tosi che si dissocia, ma plaude alle «tradizioni della curva» e attentissimo, rampogna solo «4 o 5 sconsiderati», il direttore generale del Verona (l'anno scorso a Livorno) che si ostende scioccato in tv nel dopo gara «mi dispiace», il capitano toscano Luci che non si trattiene: «Una società del genere andrebbe radiata» e chi avrebbe dovuto spegnere il fuoco in anticipo, il tecnico veronese Mandorlini (già protagonista di un noto show in conferenza stampa contro «i terroni» di Salerno) a incendiare il quadro.

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Mandorlini rilascia una simpatica intervista alla Gazzetta di Sabato in cui si dice felice che a Livorno lo odino. Poi si mette la tuta, scende in campo, si gode lo spettacolo e ascolta il concertino. I tifosi del Verona, anni fa, passati i tempi in cui i napoletani accolti in Veneto al grido di «Vesuvio bruciali tutti» rispondevano con «Giulietta è una zoccola», decisero il salto di qualità. Appesero un fantoccio nero con il cappio al collo dalla curva.

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La dirigenza aveva comprato l'olandese del Suriname, Maikel Ferrier ma si era dimenticata di chiedere rassicurazioni su tratti somatici e colore della pelle. Visto l'umore della gente, il Verona rinunciò. In curva vanno figli nati in quello stagno. Verona è civile. Il coro che viene dalla curva, barbaro.

Il giustificazionismo più nauseante della sociologia d'accatto e non supisce vedere lo scambio di battute di quei buontemponi del Tg 3 regione Piemonte con il tifoso della Juve fuori dai cancelli del suo stadium: «I napoletani sono ovunque, come i cinesi» e il cronista che gli offre sponda: «Li riconoscete dalla puzza allora». Ecco. Siamo qui. Ci siamo da sempre. Da domani comunque, rapido oblìo. Vai con le dirette. Rutto libero e palla al centro.

 

 

 

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