Feltri dimentica Feltri - sbertucciato perché reo di sputare sul piatto di berlusconi dove ha mangiato per 10 anni, il voltagabbana telese recapita al 'giornale' una replica che svela un 'littorio' giovane comunista - lettera che feltrusconi non publica perché troppo lunga e liquida così: "Non ho mai compilato una autobiografia. Due: nel 1956 avevo tredici anni" - e allora telese si scatena...

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Feltri Boffo NonleggerloFeltri Boffo Nonleggerlo

1 - FELTRI LEGNA TELESE: SEI UN VOLTAGABBANA CHE SPUTA SUL PIATTO DOVE HAI MANGIATO PER DIECI ANNI
Caro Luca Telese,
mercoledì, il tuo programma Tetris sulla «7» era dedicato alla par condicio. Per fortuna. Su sei partecipanti al dibattito, quattro erano di sinistra (Lerner, Freccero, Gomez e Mentana), senza contare te, noto simpatizzante di Rifondazione comunista, e i giornalisti esteri della tua sponda che hai invitato. L'imputato della serata non poteva che essere Silvio Berlusconi. Non sarà il fratello di chi ti ha dato lo stipendio (per dieci anni) fino all'agosto dello scorso anno? Cosa è successo in questi sei mesi: sei caduto da cavallo o sei caduto in basso?
v.f.

VITTORIO FELTRI DANIELA SANTANCHE PAOLO BERLUSCONI MAURIZIO BELPIETROVITTORIO FELTRI DANIELA SANTANCHE PAOLO BERLUSCONI MAURIZIO BELPIETRO

2 - TELESE REPLICA: IO VOLTAGABBANA? SENTI CHI PARLA! NEL 1956 ERA UN COMUNISTA! (LO LEGGO NELLA TUA PREZIOSA AUTOBIOGRAFIA)
Caro Vittorio Feltri,
premetto che la simpatia che ho per te, è pari solo alla distanza che mi separa dalle tue attuali idee politiche: quasi sterminata, quindi, direi (ma questo credo che stia nelle regole del gioco). Aggiungo che sono davvero ammirato - non si finisce mai di imparare - anche del tuo geniale eclettismo.

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Proprio tu, che hai fatto della partigianeria giornalistica un marketing di successo, mi rimproveri di aver imbastito una puntata "faziosa" con il mio Tetris. Tu sei un giornalista che è passato dall'anarchia alla collateralità politica (e non c'è nulla di male, se lo si amette) io nei rapporti con la politica non trovo nulla di interessante. Ma anche questo ci può stare: i gusti sono gusti.

Invece, se mi permetti, dirò una cosa sui colleghi stranieri in studio che tu hai omaggiato dell'appellativo di "comunisti" (lo riservi a tutti quelli che hanno delle idee distinte dal Cavaliere, vedo). Curiosamente, quello che era d'accordo con le tesi dei giornalisti di centrodestra era l'unico vero putiniano in studio, il collega Bukalov della Tass (come è noto, il sistema di alleanze del partito dell'amore è a geometria variabile).

LUCA TELESELUCA TELESE Pino Corrias Luca Telese Stefano DisegniPino Corrias Luca Telese Stefano Disegni

Quanto alla mia adorata collega Barbara Serra, che vive a Londra e ha lavorato alla Bbc prima di passare ad Al Jazeera, essendo cresciuta fuori dall'Italia il comunismo non sa nemmeno cosa sia. Avrei qualche dubbio anche sulla definizione di "faziosità" che il nostro comune amico Alessandro Sallusti ha riservato a una delle tesi del mio programma: ovvero che la gente non scenda in piazza contro la nuova Tangentopoli (anche) perché i giornalisti che ieri invitavano a sventolare simbolicamente i cappi (fra cui te e lui) adesso sono diventati tutti agnellini del garantismo e sacerdoti dell'immunità parlamentare.

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Quanto alle mie simpatie politiche: sono diventato comunista a 14 anni, più o meno la stessa età in cui lo diventavi tu, con l'unica differenza che il giovane Feltri lo faceva nel 1956 (lo leggo nella tua preziosa autobiografia) e io nel 1984. Io non ho cambiato idea, al contrario di certi leader esangui del centrosinistra, perché - magari sbagliando - non amo l'Italia dei ripensamenti continui (ma anche questa è una questione di stile).

fel32 vittorio feltri daniela santanchefel32 vittorio feltri daniela santanche

L'unica cosa che mi permetto di contestare nel tuo corsivo, quindi, è la tua riflessione sulla mia stagione a Il Giornale. Da un punta di vista tecnico, infatti - pallottoliere alla mano - ci ho passato dieci anni, sei più di te: ad essere pignoli sei un neofita. Anche in questo caso non sono un pentito (anzi, sono orgoglioso del mio lavoro, controcorrente).

Ma né io né i tuoi predecessori (Maurizio Belpietro e Mario Giordano) nemmeno per un minuto abbiamo pensato che "pagandomi lo stipendio" (come dici elegantemente tu) "il fratello del presidente del consiglio" conquistasse il diritto ad appropriarsi della mia anima o delle mie simpatie politiche.

Siccome nè Maurizio Belpietro né Mario Giordano si sono mai preoccupati di cosa votassi, devo dedurre che - almeno su questo - loro siano più laici di te. Poco male. E' curioso, però, che quando i tuoi avversari ti rimproverano di essere al servizio di Berlusconi rispondi che "è il nostro premier ad essere feltriano" (grande battuta), mentre vorresti che io mi assoggettassi alla dittatura delle buste paga (proprio come certi ultrasinistri secondo cui non avrei potuto lavorare a Il Fatto perché marchiato di "infamia" dalle mie esperienze di lavoro a via Negri). Detto questo considero l'appellativo di "Santorino" un complimento.

Grazie. Ma avrei preferito che tu, sempre attento alla sostanza delle cose, facessi almeno una riflessione sulla puntata di ieri: comunque la si pensi politicamente, un giornalista libero non può accettare che in un paese civile quattro talk show siano spenti per un dicktat para governativo, e che in un quinto (il nostro), si debba andare in onda senza poter nominare nemmeno un politico a furia di scioglilingua, pecette e inventive perifrasi.

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Magari coglierai l'occasione per far sapere a noi "faziosi" cosa ne pensa un liberale anglosassone come te. Magari verrai in studio la prossima puntata: a partire da Emilio Fede sarà pieno di pericolosi bolscevichi, ti avverto: nel caso, quindi, portati i guantoni.
Luca Telese

3 - DUE COSE CHE SO DEI GIORNALISTI
di Vittorio Feltri per Il Giornale


Ieri, in prima pagina, ho scritto dodici righe su Luca Telese, conduttore di Tetris, programma televisivo della "7", non per dirgli che è fazioso (questo lo vedono tutti) ma per osservare che una discussione sulla par condicio con quattro giornalisti di sinistra su sei è un po' sbilanciata. E poichè l'imputato della serata era Berlusconi, tanto per cambiare, ricordavo che Telese ha lavorato dieci anni, ovviamente retribuito, per Il Giornale. Quindi? Se per Berlusconi lavoriamo noi,siamo servi. Se ci lavora lui è un professionista serio che non vende l'anima a nessuno. Ridicolo.

LUCA TELESE CURZIO MALTESE - copyright PizziLUCA TELESE CURZIO MALTESE - copyright Pizzi

Ancora più ridicolo che Telese mi abbia risposto. Una lettera di oltre sessanta righe piene (computerizzate) contro la mia di dodici, in cui la cosa più inesatta è che nel 1956 io sarei stato comunista, come si evince dalla mia autobiografia. Uno. Non ho mai compilato una autobiografia. Due: nel 1956 avevo tredici anni. E tra il Pci e il Psi scelsi il secondo perchè, contrariamente al primo, era un partito democratico. Se Telese desidera che ripubblichi la sua missiva la riduca, non dico a dodici righe, ma almeno a venti. Altrimenti mi telefoni che facciamo prima. Al suo programma non parteciperò mai. costo troppo.

4 - SE FELTRI SI DIMENTICA DI QUANDO... "TIFAVO UNIONE SOVIETICA"
di Luca Telese

Resto stupito dall'editoriale di Feltri, oggi. Infatti io so bene che si può scegliere di pubblicare le lettere che arrivano con una risposta. O che si può scegliere di non pubblicarle (sono legittime entrambe le cose). Vedo invece che il direttore de il Giornale stavolta si è inventato una nuova modalità: rispondere a una lettera che non vuole pubblicare.

Allora la domanda sorge spontanea. Che cosa gli dava fastidio in quella mia letterina? Lui dice che è troppo lunga. Curioso, visto che ha dedicato al mio programma un editoriale e mezza pagina del suo quotidiano. Ma facciamo finta che anche questo ci stia.

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Però posso presumere - conoscendolo un po' - che a Feltri non sia piaciuto un passaggio che, nella sua risposta, può ommettere di far conoscere ai suoi lettori: (e cioè che Giordano e Belpietro si sono mostrati più laici di lui, riconoscendo il mio diritto a lavorare per il Giornale senza per questo dover diventare berlusconiano). Ma la cosa che più mi stupisce è che Feltri neghi di avere scritto una autobiografia (!).

Barbara Paolobelli e Vittorio Feltri - Cpoyright PizziBarbara Paolobelli e Vittorio Feltri - Cpoyright Pizzi

E che neghi persino la sua giovanile infatuazione per il Pci che in quel libro è raccontata. Persino il suo amico e condirettore, Alessandro Sallusti, mi ha detto: "Luca, ma ne sei sicuro? Era poco più di un ragazzo, l'unica militanza di Vittorio che io conosca è stata quella nel partito sociialista".

Allora, visto che in Italia la memoria è sempre breve, e che l'archivio di un gornalista è sempre un ottimo antidoto alle amnesie provvidenziali, ecco gli estremi del libro. Si intitola "Feltri racconta Feltri" (più autobiografico di così si muore, direi). e lo pubblica, nell'ormai lontano 1997, la casa editrice Sperling & Kupfer.

Vittorio Feltri e Daniela Santanchè - Copyright PizziVittorio Feltri e Daniela Santanchè - Copyright Pizzi

L'intervistatrice che sbobinò il prezioso testo era Luciana Baldrighi. Il passaggio sbianchettato in queste ore da Feltri era questo. Già il titolo del capitolo 4, infatti, si fa promettente: "Quando facevo il tifo per l'Unione sovietica" (parole sue). A pagina 86 il Feltri del 1997, evidentemente, si sentiva più libero di raccontarsi di quello di oggi:
"Quando ero ragazzo mi sentivo comunista. Lavoravo come garzone in un negozio e mi affascinava l'Unione sovietica".

veronica velina feltri libero nonleggerlo larioveronica velina feltri libero nonleggerlo lario

Memorabile. Perchè io - così criticato da Feltri - il mito del socialismo reale non l'ho mai avuto, anzi, sono diventato comunista proprio perché Berlinguer aveva celebrato lo strappo con Mosca. Ma procediamo con l'autoracconto feltriano: "Mi affascinava l'Unione sovietica, ‘il paradiso di tutti uguali' - sempre parole di "Feltri racconta Feltri" - dove gli operai come me avevano la stessa dignità dei padroni".

E poi cosa accade? Arriva anche l'innamoramento per gli odiati (oggi) intellettuali comunisti: "Mi capitò fra le mani ‘Il Compagno' di Cesare Pavese che mi persuase: prima o poi mi iscriverò al Pci, pensavo". Ottimo. Roba da far saltare sulla sedia, nel 1997, anche la la sua intervistatrice: "Feltri affascinato dall'Unione sovietica e dal Pci?", chiede la Baldrighi stupita. Il direttorone (al contrario di quello di oggi) confermava spavaldo:

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"E' così. Proprio in quegli anni Kruscev stava rivelando al mondo i crimini di Stalin, ma la mia utopia fu più forte dello sdegno". Quindi non solo comunista, ma anche stalinista. Ed infatti Feltri spiegava: "Digerii tutto,così come riuscii a digerire, seppure con qualche fatica, l'invasione dell'Ungheria". Feltri addirittura carrista? Di più. Cercava anche - come racconta lui stesso - di fare proselitismo alla causa della grande Unione sovietica:

GIAMPIERO MUGHINI E VITTORIO FELTRI - copyright PizziGIAMPIERO MUGHINI E VITTORIO FELTRI - copyright Pizzi

"Ricordo le lunghi discussioni con gli amici, le passeggiate, i dibattiti nei bar fumosi. Chissà perchè in provincia si fanno tanti dibattiti. Forse perchè si gioca a fare gli intellettuali".
Insomma: mentre io, nella mia militanza, duellavo con i filosovietici antiberlibgueriani di Cossutta (che non erano dei marziani, ma - al pari del giovane bergamasco - persone convinte di essere animate da ideali) Vittorio Feltri si emozionava per lo stalinismo reale.

Non lo dico con sarcasmo, ma per misurare la distanza fra tanti anticomunisti di oggi e la loro autobiografia: la storia d'Italia, e del novecento, sono molto più complesse di quanto non possa sembrare, come dimostrano le biografie comuniste di Ferrara, Bondi e altri insospettabili come il segretario della Cisl Bonanni.

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Ma Feltri raccontava ancora: "C'era lo scontro tra i nostri sogni comunisti e il socialismo reale. Ricordo che qualcuno sosteneva che prima o poi, nell'est europa, la dittatura del proletariato sarebbe stata superata per arrivare all'odine perfetto, grazie all'uomo nuovo". Fin qui l'utopia sovietica tiene. Ci sono la prima astronmauta donna, Valentina Tereskova, le conquiste sociali, il primo uomo nello spazio, Gagarin.

Ed è solo a questo punto, che per il giovane leninista Feltri arriva la prima disillusione: "Avrei voluto tanto crederci, ma non ci riuscivo. Sentivo che si trattava di una pia illusione. E così capii che dovevo documentarmi. Lessi il manifesto del partito comunista". Così Luciana Baldrighi domanda: "la convinse?". Feltri: "Per nulla. Anzi, cominciai a vacillare sempre di più. Così mi avventurai nella lettura del Capitale, migliaia di pagine astruse che mi fecero perdere il mlume dela ragione e gli ultimi residui di fede comunista. Così, anzichè al Pci, mi iscrissi al Psi. Era il 1962″.

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Leggete bene: Feltri parla di "fede comunista". Adesso, se le date non sono un'opinione, il periodo filosovietico del direttore de Il Giornale (stando a quello che lui stesso racconta) è durato da almeno un anno prima dell'invasione dell'Ungheria (1955, aveva dodici anni) fino al 1962 (quando cioè ne aveva 19).

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Un giornalista di inchiesta, forse, analizzerebbe con pignoleria queste date sospettando una retrodatazione nell'età giovanile, che serve per attenuare il peso di questo lungo periodo filosovietico. Ma la cosa che più stupisce - ovviamente - è che il Feltri di oggi - passi dalla retrodatazione alla cancellazione. Non è mai stato comunista, racconta oggi, si è iscritto direttamente al Psi. Per compiere questra operaizione, però, deve addirittura arrivare a cancellare il suo libro: "Non ho mai scritto nessuna autobiografia", ci dice. Giusto: "Feltri dimentica Feltri". Ecco perché concordo con lui almeno su una cosa: ha fatto bene a non pubblicare la mia lettera.

 

 

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