L’HAREM DI SINGER - LO SCRITTORE, CHE SCRIVEVA SOLO IN YIDDISH, EBBE 48 TRADUTTRICI-AMANTI - “ERA UNA SORTA DI DON GIOVANNI SEMPRE LEGATO A TRE DONNE CONTEMPORANEAMENTE, DI CUI UNA ERA L’AMANTE, UNA LA MOGLIE E CON LA TERZA AVEVA CONVERSAZIONI LUNGHE E SERIE”

Le storie e i nomi delle donne che furono vicino ad Isaac Singer raccontate in un documentario - Alcune di loro (Mira Ginsburg, Elisabeth Shub, Ruth Schecter Finkel) hanno avuto un ruolo di primo piano nella letteratura ebraica-americana - E la moglie? Era al corrente delle amanti, le accettava e lo scrittore dipendeva da lei…

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Maurizio Molinari per “la Stampa

 

Isaac singer Isaac singer

Isaac Bashevic Singer ebbe 48 donne, furono tutte sue traduttrici e lo accompagnarono nel corso della vita diventandone le muse: ad alzare il velo sull’importanza delle relazioni sentimentali nell’opera dello scrittore yiddish premio Nobel è The Muses of Isaac Bashevis Singer, realizzato in Israele e protagonista della mostra sul cinema ebraico che apre la prossima settimana a New York. Il documentario è opera dei registi Asaf Galay e Shaul Bester che hanno ricostruito, in archivio e con interviste, i profili delle donne che gli furono vicino. 
 

«Singer - spiega Galay - era una sorta di Don Giovanni sempre legato a tre donne contemporaneamente, di cui una era l’amante, una la moglie e con la terza aveva conversazioni lunghe e serie». Nell’Upper West Side di Manhattan, dove Singer visse sulla 86a Strada, si venne a creare così una sorta di «harem di traduttrici» accomunate dalla forte attrazione per un uomo non esteticamente bello ma capace di una incredibile forza di pensiero e parola.

 

«Il triangolo per Singer era molto importante - continua Galay - e quando il nipote, un giornalista che sognava di diventare scrittore, gli chiese come faceva a gestirne in continuazione la risposta che gli diede fu: “Non potrai diventare scrittore fino a quando non avrai l’amante al sesto piano, capace di infiammarti di adrenalina ed emozioni. Solo allora potrai cessare di essere un giornalista e iniziare a diventare uno scrittore”». 
 

Laiche, religiose, comuniste

Ciò che distingue il documentario è il percorso dentro la vita delle traduttrici, ricostruendone le identità più diverse: donne laiche e religiose, comuniste e figlie di commercianti, tedesche e polacche, tutte ebree ma in alcuni casi anche convertite: accomunate da una profonda conoscenza dell’yiddish - la lingua degli ebrei dell’Europa Orientale che era l’unica nella quale Singer scriveva - e dalla capacità di tradurne contenuti e sfumature per il grande pubblico americano, spesso aggiungendo contributi di importanza tale da meritare la definizione di muse.

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Come nel caso di Nancy Gross, che terminò la traduzione della Famiglia Muskat, iniziata dal padre Abraham, rivelandosi determinante per alcune scelte su «finali che venivano scritti, riscritti, fatti e ripensati», come osservano gli autori. 
 

Alcune delle traduttrici-amanti avevano caratteri forti, grande passione per la scrittura e grazie proprio all’incontro con Singer hanno avuto un ruolo di primo piano nella letteratura ebraica-americana. Mira Ginsburg divenne una delle più importanti traduttrici in inglese di libri per bambini dall’yiddish e dal tedesco grazie ai suggerimenti di Singer, così come accadde a Elisabeth Shub, linguista e scrittrice - anche lei per bambini - che inventò i racconti folkloristici ambientati nelle steppe dell’Asia.

 

Ruth Schecter Finkel pubblicò invece la rivista letteraria Croton Review fondando il «Croton Council of the Arts» destinato a diventare un punto di incontro tra gli artisti che vivevano a Nord di New York, lungo il corso dell’Hudson. Ma Jody Biber è l’esatto contrario: era solo la cameriera di un albergo dove Singer amava sostare, l’incontro tra i due fu del tutto casuale, lei si limitò a chiedergli un autografo e lui la reclutò seduta stante, trasformandola in una delle traduttrici da cui dipendeva di più. 
 

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Poi c’è la storia di Hannah, una giovane ragazza che lo avvicinò al termine di una conferenza, confessandogli che amava le storie d’amore, in maniera simile a quanto fece Evelyn Torton Beck, studentessa di letteratura all’Università di Wisconsin: lui diede appuntamento a entrambe, iniziò relazioni intense e anch’esse entrarono nel gruppo delle traduttrici che in comune avevano il fatto di essere immigrate di seconda generazione.

 

I loro genitori erano nati in Russia, Bielorussia, Polonia e Lituania ma le due ragazze erano americane, yankee, ed era un aspetto che attirava molto Singer, protagonista di intense conversazioni sulla loro identità, sulle passioni ed emozioni che provavano. Trasformando tali relazioni in una sorta di viaggio personale nelle menti delle giovani ventenni ebree americane a cui poi si rivolgeva come pubblico negli Stati Uniti. 
 

La moglie sapeva
In tale cornice, Betser e Galay descrivono la moglie Alma come una donna che diede «stabilità costante» allo scrittore. «Era al corrente delle amanti, le accettava e Singer dipendeva da lei - spiega Betser -, fino al punto che quando divorziarono lei decise di lasciargli i due figli». Leah Napolin, che trasformò il racconto Yentl di Singer in un successo di Broadway, ritiene in realtà che «Alma era una moglie-serva, sottomessa, che solo alla fine riuscì a ribellarsi».

 

Per Merav Chen, nipote di Singer - suo padre Israel Zamir nacque dalla relazione dello scrittore con Rochel Shapira - «il suo rapporto con le donne nasceva da una continua ricerca, in tutte, della madre che era stata una donna saggia, con opinioni e ambizioni pronunciate ma al tempo stesso protagonista di un grande amore per lui».

 

 

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