Giorgio Rutelli per Dagospia
Michael Dobbs aveva 29 anni quando divenne consigliere di Margareth Thatcher nel 1977. A 38 fu promosso capo di gabinetto del partito conservatore inglese. “Non sapevo neanche cosa volesse dire. Mi venivano in mente solo due ‘chief of staff’ famosi: Harry Haldeman, che lavorò con Nixon ed era da poco uscito di galera. E Martin Bormann, segretario di Hitler, morto ammazzato”.
michael dobbs nello studio ovale della casa bianca
Un anno dopo, la furiosa litigata con “Maggie”, che lo cacciò da Chequers, la residenza di campagna del primo ministro. “Me ne andai in vacanza, con la mia carriera politica in frantumi. Ero con mia moglie, e mi lamentavo del fatto che il bestseller del momento fosse un libro terribile. Lei, per niente comprensiva, mi diede dell’arrogante e mi sfidò a fare di meglio. Così presi un blocco, una bottiglia di vino, e mi sdraiai a bordo piscina. Dopo qualche ora e molto vino, sul foglio c’era scritto solo “FU”. Così è nato ‘House of Cards’”.
michael dobbs con il cast di house of cards
In inglese “FU” è l’acronimo di “Fuck You”, ma sono anche le iniziali di Francis Uhrquhart, il geniale politico inglese disposto ad uccidere per diventare primo ministro, e che si trasformerà in Frank Underwood nella serie tv americana prodotta da Netflix e interpretata da uno strepitoso Kevin Spacey. “Fuck you” è anche il tratto distintivo del suo carattere: “Mai staccare un braccio solo al tuo nemico, se ne ha due”.
michael dobbs alla camera dei lord
Il romanzo uscì nel 1989, e la BBC ne fece subito una miniserie da quattro episodi. La sera in cui andò in onda l’ultimo, Dobbs ricevette decine di chiamate, tutte di congratulazioni. Tranne quella della sua vecchia zia: “‘Michael? Ho visto il tuo programma. Hai lasciato che il bastardo la facesse franca!’, e mi attaccò il telefono in faccia. Ho capito che la storia di FU non poteva finire lì”.
Così ha scritto il secondo capitolo, “To play the King” – che in Italia è stato appena pubblicato da Fazi Editore con il titolo “House of Cards 2 - Scacco al Re” – e poi il terzo, “The Final Cut”, nel 1994.
Ieri, alla libreria Fandango di via dei Prefetti a Roma, ha raccontato a Giancarlo De Cataldo di come sia finita malissimo con la BBC. “La serie tratta dal terzo romanzo è stata una gran delusione, tanto che li ho obbligati a togliere il mio nome dai titoli di coda”.
michael dobbs a roma foto ansa
È andata decisamente meglio con gli americani. “Nel 2012 mi chiama l’ennesimo produttore con l’idea di fare un adattamento. Erano passati 23 anni, pensavo a un altro buco nell’acqua. Ma quando mi ha detto che dietro al progetto c’erano il regista David Fincher e Kevin Spacey, non ho avuto dubbi”.
Quel produttore era Netflix, che si stava lanciando nell’incerto territorio della produzione e distribuzione di contenuti originali. Reed Hastings, l’amministratore delegato, non si è limitato a comprare i diritti: ha voluto Dobbs come produttore esecutivo, facendolo partecipare alla scrittura e alle riprese. Proprio in questi giorni stanno finendo di girare la terza stagione, che sarà trasmessa in America nei primi mesi del 2015. “Lavorare per questa serie è stata l’esperienza lavorativa più bella della mia vita”.
FU nella versione inglese è un personaggio spregevole, ma con quella capacità tipica degli inglesi - e tipica di Dobbs - di prendersi in giro. “Beau Willimon (lo sceneggiatore) e Kevin Spacey lo hanno reso molto più oscuro, efferato. E hanno dato grande importanza al rapporto con la moglie Claire. La dinamica tra i due è la spina dorsale su cui si regge tutta la narrazione. Dopo 25 anni, Frank Underwood è più vivo che mai: Obama twitta sulla serie, David Cameron è un appassionato, milioni di persone lo seguono in Cina. Se ce lo permetteranno, mi piacerebbe continuare a raccontare la sua storia per molte altre stagioni”.
francis urquhart interpretato da ian richardson
La carriera politica di Michael Dobbs non è finita con la lite con la Thatcher, né dopo aver rivelato al mondo il lato più crudele e meschino della classe dirigente inglese. Negli anni ’80 il “Guardian” lo chiamava “il cecchino di Westminster con la faccia da bambino”, e nel 1994 fu nominato vice-presidente del partito conservatore.
E’ stato il numero due della Saatchi & Saatchi, ha fatto l’editorialista per il “Mail on Sunday” e il presentatore di programmi BBC, ha scritto un gran numero di romanzi. Nel 2010 ha ricevuto il titolo di Barone di Wylye, e si è ributtato in politica dall’alto del suo seggio nella camera dei Lord. “C’è chi dice che Cameron mi abbia nominato Lord per dimostrare di avere ancora il senso dell’umorismo”, dice ridendo.
beau willimon michael dobbs kevin spacey
È un esperto di strategia e comunicazione, e naturalmente ieri tutti gli chiedevano un commento, un paragone, un consiglio, un virgolettato per associare lo spietato Frank a Renzi. “Non l’ho mai incontrato, gli ho scritto una lettera quando ho visto la sua foto mentre comprava il mio libro, ricordandogli che si tratta di intrattenimento, non di un manuale di istruzioni”.
“Spero che prenda esempio da Margareth Thatcher e non da Tony Blair. Un bravo politico non deve essere amato, ma rispettato. E il rispetto lo ottieni lavorando duro giorno e notte, portando risultati concreti, anche essendo durissimo. “Maggie” aveva un paio di stivali chiodati con cui nella sua carriera. Suggerisco a Renzi di aprire l’armadio, dare una spolverata ai suoi stivali chiodati, e mettersi all’opera”.
Non mancano le richieste di una battuta su Silvio. “Mi pare che la differenza principale tra i due è che di Berlusconi abbiamo saputo tutto della vita privata, anche troppo, mentre Renzi è riuscito a essere più riservato. Nella mia esperienza, i più grandi politici della storia non erano delle belle persone a livello umano, anzi. Spesso venivano da vite private disastrose, e cercavano il riscatto attraverso il successo nella sfera pubblica. Mi piacerebbe che si sapesse meno dei segreti personali dei politici, e più sulla loro azione”.
HOUSE OF CARDS MICHAEL DOBBS LIBRO.
Lord Dobbs, “FU” ha sempre bisogno di un nemico da schiacciare. Nella terza stagione, si tratterà di un potenza straniera, tipo Cina o Russia?
(Fa un gran sorriso, molto eloquente) Se te lo dicessi, poi ti dovrei uccidere.
Ha sentito dell’inchiesta su un possibile giro di pedofili tra i deputati conservatori negli anni ’80? Un uomo che sostiene di essere una delle vittime parla addirittura di tre ragazzini uccisi. Possibile che il potere, per quanto spietato, riesca a insabbiare un crimine simile e farla franca per 30 anni?
Si tratta per il momento di accuse senza prove, pure speculazioni. Quindi non possiamo sapere se i fatti siano realmente avvenuti, ancora meno se ci sia stato un insabbiamento. Ma le dirò questo: i politici sono fatti di carne, come tutti noi, hanno le debolezze di qualunque essere umano. Eccetto per due elementi: sono più appassionati, altrimenti non farebbero questo mestiere; e sono sottoposti a un livello di stress incredibile. Quindi non mi sorprende affatto che così tanti politici inciampino in scandali.
Crimine, devianza sessuale, alcol, droghe: è chiaro che nella politica c’è tutto questo, si tratta di esseri umani. Ma naturalmente non accade sempre e non da parte di tutti.
Lei farà campagna per Cameron da qui alle elezioni del prossimo maggio, ed è uno dei promotori del referendum per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Se i conservatori non otterranno la maggioranza, si alleerebbe con Nigel Farage, “la volpe che vuole entrare nel pollaio di Westminster”?
In tutta la mia carriera non ho mai visto un’elezione così incerta. E’ possibile che i Tory arrivino alla maggioranza, ma potrebbero anche essere sconfitti. Il referendum è fondamentale per molti motivi. Innanzitutto, per ridare agli inglesi la possibilità di decidere del loro futuro, a 40 anni dall’ingresso nella Comunità Europea, in cui abbiamo combinato un disastro.
E poi per dire ai nostri elettori: se votate per l’Ukip di Farage, vi ritroverete il laburista Miliband a Downing Street. Se volete voce in capitolo sull’Europa, scegliete Cameron. Il premier nell’ultimo anno ha dimostrato di voler davvero riformare le istituzioni europee, che così come sono non funzionano.
Se mi mette con le spalle al muro, le dico che se i conservatori non raggiungessero la maggioranza, opterebbero per un governo di minoranza, per portare il paese al referendum sull’UE nel 2017, o addirittura prima. Ma spero che la “volpe dell’Ukip” sia impallinata all’ingresso del pollaio.
A proposito di Ukip e di “political drama”, che ne pensa di “100 days of Ukip”, la serie tv che andrà in onda su Channel 4 e immagina cosa succederebbe nei primi cento giorni di mandato di una parlamentare Ukip, dopo una vittoria sorprendente del partito? Sarà mandato in onda in primavera, poco prima delle elezioni.
charles powell con margareth thatcher
Ne ho sentito parlare, non sono convinto che un programma del genere possa avere successo. Innanzitutto, per fare un buon “political drama”, devi essere un ottimo sceneggiatore e conoscere a fondo la politica, cosa piuttosto rara. In realtà, la maggior parte delle serie di questo genere sono un insuccesso. Ma è vero che si possono usare libri e serie tv per immaginare un futuro prossimo, e anche per “avvertire” i lettori che qualcosa sta andando storto.
Il secondo romanzo della trilogia, “To Play the King”, è nato sì per continuare a raccontare la storia di FU, ma aveva anche un altro obiettivo: mandare un messaggio alla famiglia reale. Che all’epoca – i primi anni ’90 – era in una sull’orlo di una gravissima crisi di immagine. E ho riempito il mio libro di “warnings” su cosa sarebbe successo se i figli della regina non avessero limitato gli scandali e la sovraesposizione mediatica. Non è servito a niente, anzi sembrava che i membri della famiglia reale cercassero di essere scritturati per la mia serie”.
Oggi però sono più popolari che mai.
Esatto, sono riusciti a emergere dal punto più basso, anche grazie a un’ottima strategia di comunicazione. Molte cose, anche nel potere, sono cicliche.
In Italia abbiamo cambiato quattro premier in quattro anni. In Europa come in America, la consunzione dei leader sembra inevitabile: durano poco, gli elettori si stufano e cercano subito facce nuove. Anche questa fase finirà e si tornerà ai tempi lunghi di Frank Underwood, o siamo condannati a un futuro schizofrenico?
In America Obama è riuscito a farsi rieleggere. Il suo problema è di aver promesso troppo, un sogno che non poteva non deludere le aspettative. Ma è vero che questo è un problema europeo: quasi tutti i governi che si sono presentati alle elezioni negli ultimi sette anni, sono stati mandati a casa. Non può essere una coincidenza. C’entra la crisi economica, che fa arrabbiare i cittadini. Ma una grossa responsabilità ce l’hanno le istituzioni europee, che hanno dimenticato cosa unisce gli europei: la cultura, la letteratura, lo sport. Perfino il sesso tra europei di paesi diversi è un valore da difendere.
Invece i leader di Bruxelles hanno perso la strada. La stanno aprendo agli estremisti, e nei prossimi anni rischiamo di giocarci la democrazia parlamentare.
Quindi l’unico leader che ha capito tutto è Putin, con il suo autoritarismo e il suo 80% di consensi?
La Russia è in una situazione molto grave, di cui ancora non ci rendiamo conto. Ai fan di Putin dico di stare attenti: tra cinque, dieci anni il giudizio sul suo operato sarà molto diverso.