spike lee-dagoTARANTINO DJANGO UNCHAINED QUENTIN TARANTINODJANGO UNCHAINED: CRISTOPH WALTZ E JAMIE FOXX
«Non andrò a vedere Django Unchained. Sarebbe una mancanza di rispetto verso i miei antenati». Spike Lee attacca così l'ultima opera di Quentin Tarantino, accusando il regista di trattare una materia così delicata come la lotta degli schiavi afro-americani in modo gravemente distorto.
«La storia della schiavitù - ha twittato Lee - non è uno spaghetti western alla Sergio Leone. È stato un Olocausto, i miei antenati erano schiavi, rapiti dall'Africa. Io non andando a vedere il fim renderò loro omaggio». In un altro messaggio, sempre Lee, attacca Tarantino di aver usato nel film le parole "negro", o "nigger" ormai da anni bandite dalla lingua scritta e parlata.
Le critiche di Lee, del resto, non sono totalmente inedite: già negli anni passati il regista di "Fa la cosa giusta", accusò di razzismo non solo Tarantino ma anche Clint Eastwood e perfino Walt Disney. Lo stesso Tarantino, parlando a Mtv, ha respinto al mittente ogni attacco di questo tipo. In particolare, ha definito «ridicola» l'accusa di aver messo nel suo copione la parola tabù: «Nessuno può rinfacciarmi il fatto di aver usato nel film quella parola, non più di quanto la gente facesse nel 1858, nello stato del Mississippi, il luogo e il tempo in cui è ambientato il film. Insomma - conclude Tarantino - c'è chi mi chiede di mentire. Ma io non lo faccio mai quando faccio parlare le mie storie e i miei personaggi».
DJANGO UNCHAINEDDJANGO UNCHAINED: LEO DI CAPRIOdjango