Elisabetta Andreis e Gianni Santucci per Corriere
«Faceva di tutto per tenermi aggrappato in esclusiva a lei, insisteva che dormissi fuori casa, esercitava un’attrazione che mi rendeva ancora più insicuro». Eccole, le prime parole dal carcere di Alexander Boettcher, 30 anni, accusato dell’aggressione con la sua amante allo studente Pietro Barbini, il ragazzo di 22 anni oggi ricoverato per le «drammatiche deturpazioni» al volto causate dall’acido che la ragazza gli ha scagliato addosso il 28 dicembre scorso, in una strada di Milano.
Parole che Boettcher non ha detto al giudice durante l’udienza di convalida dell’arresto, e che invece ha affidato al legale Jacopo Morandi. Una versione che ipotizza la totale estraneità rispetto all’agguato, di cui attribuisce «l’idea e l’attuazione solo ed esclusivamente» a Martina Levato, 23 anni, studentessa dell’università Bocconi.
le armi trovate a casa di alexander boettcher
Il processo riprenderà tra due giorni e ruoterà intorno a una domanda: quanto valgono le parole di quest’uomo, arrestato in flagranza dopo l’aggressione, con un martello in mano, mentre inseguiva Pietro che scappava già straziato dall’acido?
È probabile che Boettcher proverà a sostenere di essere stato all’oscuro del progetto di Martina, di essere arrivato poco dopo, di avere avuto con sé il martello perché fa «piccoli lavori» nei suoi appartamenti. È quel che ha già detto ai poliziotti delle Volanti dopo l’arresto. E che in Tribunale diventerà probabilmente insostenibile, di fronte alle testimonianze che smentiscono drasticamente questa ricostruzione.
Agli atti ci sono infatti le parole di una donna, una passante, che nota la coppia Alexander e Martina attraversare la strada per andare contro Pietro. La donna vede Martina scagliare l’acido, e poi Alexander che insegue il ragazzo, prima che Pietro si volti e lo placchi. Parole che combaciano alla perfezione col racconto del padre di Pietro, che aveva accompagnato il figlio all’appuntamento-trappola e ha assistito all’agguato. E poi ci sono le 6 bottiglie di acido muriatico trovate nel loft in cui si incontravano i due amanti.
l acido sequestrato a casa di alexander boettcher
E le telefonate, con una voce maschile, che hanno attirato Pietro (ex compagno di liceo di Martina, con il quale aveva avuto un flirt ) sul luogo dell’agguato. Una certezza è che i danni sul volto di Pietro saranno permanenti (anche se tutti sperano nell’aiuto della chirurgia plastica). Il ragazzo rischia di perdere la vista dall’occhio destro. Ieri gli investigatori dell’Ufficio prevenzione generale della polizia, guidati dalla dirigente Maria Josè Falcicchia, hanno acquisito i referti dell’ospedale: per la classificazione del reato, attestano «lesioni gravissime» (pena fino a 12 anni).
Se sarà quasi impossibile sostenere che l’agguato non sia stato fatto «in coppia», o almeno «in concorso», i giudici dovranno stabilire chi ha istigato chi, tra i due amanti. E chi fosse dominante nella deviata dinamica interna alla coppia. Boettcher racconta così il rapporto: Martina forte, lui debole. E proprio dall’incontro con lei, la vita di Alex sarebbe entrata in un’ossessione torbida, anabolizzanti e palestra, morbosa ansia per il fisico: «Volevo piacere a me stesso e a Martina», dice.
Martina Levato Alexander Boettcher
Sarebbe stata lei, nella ricostruzione riferita dall’avvocato Morandi, ad aver voluto insistentemente il tatuaggio «inciso» con la A (di Alex) impresso sul volto: «Mai fatti tatuaggi ad altre donne, quello a Martina non gliel’ho disegnato io, ma un tatuatore». Martina, in Tribunale, ha fatto di tutto per scagionare Boettcher: «Lui non c’entra». Le ipotesi sono due: o dice la verità, e Alexander sarebbe stato solo un burattino nelle sue mani. O è l’ultimo atto di sottomissione della ragazza al suo amante. E quindi lui, oggi, starebbe ancora sfruttando la sua debolezza per tentare di salvarsi.