"HANNO SPACCATO UN MIO AMICO, C'AVEVA SUL LABBRO L'IMPRONTA DEGLI STIVALI" – L’INFERNO VISSUTO DAI GIOVANI DETENUTI DEL CARCERE MINORILE "CESARE BECCARIA" DI MILANO, MALMENATI DAI SECONDINI NELLA “STANZA DELLE TORTURE”, DOVE NON C’ERANO TELECAMERE: "UNO DEGLI AGENTI MI HA MESSO LA MANO SUL SEDERE. IO STAVO DORMENDO IN MUTANDE. GLI HO CHIESTO: 'COSA VUOI?' E LUI: 'STAI TRANQUILLO, VOGLIO SOLO FARE L'AMORE CON TE'" - QUANDO GLI AGENTI HANNO CAPITO DI ESSERE STATI SCOPERTI, SE LA SONO PRESA CON IL DIRETTORE: "TU CI DEVI PROTEGGERE, PER UN MAROCCHINO DI MERDA CHE MANCO PARLA L'ITALIANO" - 13 AGENTI SONO FINITI IN GALERA, OTTO SONO STATI SOSPESI DAL SERVIZIO

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1 - CRUDELTÀ, PESTAGGI E ABUSI SUI BABY DETENUTI DI MILANO ARRESTATI TREDICI AGENTI

Estratto dell’articolo di M.Ser. per “La Stampa”

 

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Pestaggi. Minacce. Torture. E poi relazioni di servizio falsificate per «aggiustare le cose». Per dare una qualche spiegazione a tutta la violenza sul volto e sul corpo dei giovanissimi detenuti del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano.

 

Tredici agenti della polizia penitenziaria in prigione. Altri otto sospesi dal servizio, tra cui l'ex comandate Francesco Ferone, che avrebbe «agevolato, contribuito, favorito e coperto le condotte violente integranti i ripetuti maltrattamenti anche attraverso false relazioni di servizio». E, da quel che si legge negli atti, probabilmente non sarebbe stato l'unico. Le accuse a vario titolo: maltrattamenti, lesioni, tortura, falso, anche una tentata violenza sessuale.

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«Questa è una conferenza stampa che non avremmo voluto tenere, una vicenda dolorosa, una brutta pagina per le istituzioni – dichiara il procuratore Marcello Viola –. Ma va assicurato il controllo di legalità, il rispetto della legge. Le indagini sono state svolte insieme, di questo va dato atto alla polizia penitenziaria.

 

È interesse dello Stato in tutte le sue articolazioni quello di far luce su questi fatti, che creano sconforto, perché commessi in un ambito, quello penitenziario, che vive un momento di difficoltà […]».

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A dare il via all'inchiesta coordinata dalle pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena, una denuncia inviata dal garante dei detenuti Franco Maisto il 24 marzo del 2023. A lui aveva scritto il consigliere comunale David Gentili, che aveva raccolto le segnalazioni di una psicologa e della madre di un ex detenuto preoccupate per quel che accadeva all'interno dell'Ipm di Milano.

 

Subito si è messa al lavoro la Squadra mobile, diretta da Alfonso Iadevaia, e il Nucleo investigativo regionale della Penitenziaria, comandato da Mario Piramide. Dodici le vittime al momento accertate, anche se nell'ordinanza di cattura la gip Stefania Donadeo, pur non contestando l'associazione per delinquere, parla di un «sistema consolidato» che andava avanti da anni, di «un clima infernale», «di paura» in cui sarebbero state «annientate anche le reazioni» per il terrore di «ulteriori ritorsioni».

 

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[…] Delle violenze sapevano tutti i ragazzi. Conoscevano l'ufficio del capoposto, «privo di telecamere». Le celle dell'area in ristrutturazione. «Hanno spaccato un mio amico, giuro. C'aveva qua sul labbro l'impronta degli stivali... Quello che so, quello che ho visto con i miei occhi: lui tutto gonfio, qua sul labbro proprio l'impronta degli stivali, a zigzag, delle guardie, gli hanno schiacciato la faccia con gli stivali...». Sentivano le urla […] racconta un ex baby detenuto al Beccaria nel 2021, anche se gli episodi contestati iniziano l'anno successivo.

 

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Uno di loro lo ha raccontato alla madre in videochiamata: «Mi hanno spaccato la faccia». Lei preoccupata ha anche scritto una mail alla direzione e «otto giorni dopo» è stata la stessa direttrice dell'epoca, Maria Vittoria Menenti, a rassicurarla «sull'adozione delle procedure previste nel caso specifico». Poi sono arrivate le indagini, le telecamere, le intercettazioni:

 

«Mo' ci inculano – diceva un agente – perché prima non c'erano le videocamere, si trovavano le scuse "sì il ragazzo c'ha aggredito, bla bla bla bla bla bla" e ma mo' non è più come una volta... Le telecamere parlano...E come cazzo ti giustifichi?». […]

 

2 - L'INFERNO DIETRO LE SBARRE

Estratto dell’articolo di Monica Serra per “La Stampa”

 

«Sono arrivati sette assistenti, mi hanno messo le manette e mi hanno cominciato a colpire. Me le hanno messe coi polsi dietro la schiena. Io ho un problema alla spalla sinistra e mettendomele con forza mi è uscita, mi è uscita la spalla… Gli dicevo "Per favore toglietemi queste manette che mi sta uscendo la spalla". Hanno cominciato a darmele, con forza.

 

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Il primo colpo è stato uno schiaffo, il secondo un pugno, il terzo è stato un calcio nelle parti intime e da lì ho visto tutto nero, vedevo tutto nero. È l'ultima cosa che ricordo… Mi hanno sputato addosso».

 

Nelle testimonianze delle giovanissime vittime c'è tutta la cronaca dell'ordinaria violenza subita dietro le sbarre del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. Tanto che nell'ordinanza che ha fatto finire in cella tredici agenti della Penitenziaria, e ha sospeso dal servizio altri otto, con le accuse di tortura, maltrattamenti, lesioni e falso, la gip Stefania Donadeo lo definisce «il sistema adottato per educare i detenuti».

 

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[…] Il pretesto per aggredire è stato un incendio: «Hanno detto che era colpa mia. Mi hanno chiuso nell'ufficio del capoposto privo di telecamere». Tutti i ragazzi erano terrorizzati da quell'ufficio, ogni volta sentivano le lacrime, le urla disperate, sapevano che cosa accadeva all'interno. Dopo averlo picchiato a mani nude, e colpito ripetutamente «con le punte degli stivali che hanno scarpe pesanti, mi hanno sollevato così, proprio come niente, con le manette da dietro».

 

Aveva «il labbro aperto e l'occhio destro nero» e la mattina dopo aveva «segni sulle braccia» e «dolori ai genitali per due settimane». Ma non basta. Dopo il pestaggio, l'ennesimo al Beccaria, il diciassettenne è stato «messo in isolamento per dieci giorni in un'altra cella. Per i primi tre, senza neanche un materasso per dormire». Tra i tanti contestati dal 2022 a oggi, l'episodio ritenuto «più grave» è la «spedizione punitiva» organizzata dagli agenti dopo che uno di loro ha provato ad abusare di un sedicenne ancora nel letto. […]

 

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«Mi sono svegliato all'improvviso perché uno degli agenti mi ha messo la mano sul sedere. Io stavo dormendo in mutande, faceva molto caldo. Gli ho chiesto: "Cosa vuoi?" e lui mi ha sussurrato: "Stai tranquillo, voglio solo fare l'amore con te"». Il ragazzo ha reagito: «L'ho colpito con diversi pugni per fermarlo».

 

Quando si è svegliato, anche il compagno di cella, che ha capito, lo ha aiutato. Il giorno dopo, per punirli si sono presentati in sei. Tre di loro erano fuori dal servizio: anche questa era una «prassi». C'erano il capoposto Gennaro Mainolfi, soprannominato «Mma perché picchiava forte», Roberto Mastronicola, Federico Masci, Giuseppe di Cerbo, Cristian Meccariello e Raffaele Salzano, tutti ora in carcere.

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Dopo aver portato via il compagno, hanno spruzzato negli occhi del sedicenne lo spray al peperoncino, per l'accusa lo hanno insultato e preso a calci e pugni ovunque e, «una volta a terra», ammanettato e colpito, mentre lui tentava di difendersi con un pezzo di piastrella.

 

Poi, lo hanno portato al piano terra «in una cella di isolamento» dove lo hanno spogliato e, sempre con le manette ai polsi, preso a cinghiate sui genitali fino a farlo sanguinare. Per poi lasciarlo là, senza coperte e vestiti per un'ora. Il mattino successivo sono stati ancora insulti razzisti e ancora botte.

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Con i guanti, per non lasciare il segno. A mani nude. Con mazze di ferro e bastoni. Con le manette ai polsi dietro la schiena o legati ai piedi del letto per impedirgli di difendersi. Nell'ufficio del capoposto o nelle celle dell'area in ristrutturazione, rigorosamente prive di telecamere. […]

 

«Prima di andare in ospedale, mentre aspettavamo l'ambulanza, mentre ero ammanettato in isolamento, l'assistente è rientrato, erano in sei e mi hanno picchiato – racconta un altro giovane detenuto –. Quando hanno iniziato a picchiarmi, mi sono protetto raggomitolandomi con le braccia intorno al viso, ero ammanettato e con le ginocchia verso il petto, per proteggermi dai colpi, ho sentito dei colpi sulla schiena e un bastone che si rompeva. Ricordo che ero ammanettato ai piedi del letto e perciò mi sono buttato per terra, cercavo di proteggermi».

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In un'occasione, il massacro si è fermato quando è intervenuta la ex direttrice del carcere Maria Vittoria Menenti: «Ero ammanettato dietro la schiena, faccia a terra, e così mi arrivavano ancora pugni e calci». Al suo arrivo, la direttrice avrebbe intimato agli assistenti di togliergli le manette e portare la vittima in infermeria.

 

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Era il 22 dicembre del 2022. L'anno successivo la segnalazione del garante Franco Maisto è arrivata in procura. Eppure la «prassi consolidata andava avanti da anni». […] «Tu sei il direttore, tu ci devi proteggere, punto. Punto. Per un marocchino di merda che manco parla l'italiano». E ancora: «Ma io non so il direttore perché si è svegliato in questo modo, cioè tutto scemo. Ma poi scusa, io non ho... Cioè ci ha fatto rapporto?».

[…]

 

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