Graziella Melina per il Messaggero
Sbalzi di umore, spesso senza motivo. Voti a scuola che calano all'improvviso e poi solo una gran voglia di starsene per conto proprio, rimuginando pensieri tristi, se non addirittura di morte. Dopo un anno e mezzo, la pandemia e il lockdown continuano a presentare il conto.
I dati dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma confermano una situazione che per molte famiglie sta diventando ingestibile: nel mese di aprile dell'anno scorso il 61% delle consulenze neuropsichiatriche ha riguardato fenomeni di ideazione suicidaria e tentativi di suicidio (nel 2019 erano il 36%). E ancora: a gennaio del 2021, si registra un 63% (rispetto al 39% del gennaio 2020).
Stesso balzo in avanti per le ospedalizzazioni: dal 17% di gennaio del 2020 siamo passati al 45% del totale nello stesso mese di quest'anno. In aumento anche i comportamenti autolesivi (soprattutto lesioni da taglio): sono stati rilevati nel 52% dei ricoveri di gennaio del 2021 (29% l'anno prima).
«Durante la pandemia, soprattutto nella seconda ondata, abbiamo assistito ad un aumento del 30-40 per cento di accessi e ricoveri - ricorda Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza del Bambino Gesù - Le chiusure dovute al lockdown all'inizio avevano in realtà determinato una riduzione degli accessi al pronto soccorso, perché tutti erano terrorizzati dal rischio di contagio». Ma intanto i disturbi del comportamento covavano nascosti, nel buio delle camerette, fino poi ad esplodere.
CASA-LAVORO «Dapprima i genitori sono rimasti a casa con i ragazzi, con l'autunno, un anno fa, molti di loro sono rientrati al lavoro, le scuole erano chiuse e i figli sono rimasti soli a casa. Questo tipo di realtà - rimarca Vicari - ha determinato un sentimento di solitudine che ha fatto precipitare le situazioni più borderline». L'autolesionismo e persino il proposito di morire hanno finito per prendere il sopravvento.
Ma non si tratta di fenomeni nuovi. Il tasso di suicidio annuo a livello mondiale, come è stato ricordato ieri in occasione della giornata dedicata a questo fenomeno, secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità rappresenta l'1,5% di tutte le cause di morte ed è la seconda tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni. L'aumento dell'incidenza sembra correlato a una generale tendenza all'incremento dei disturbi dell'umore in età evolutiva nei Paesi ad alto reddito.
«Le malattie mentali in generale e quindi la depressione - sottolinea Vicari - sono molto diffuse tra i ragazzi. Non dimentichiamo che molte patologie mentali iniziano proprio in adolescenza, se non addirittura durante l'infanzia. Nel corso della pandemia tutti noi abbiamo avuto paura di ammalarci o di far ammalare i nostri cari. E questo stress prolungato è una condizione che facilita la comparsa dei disturbi mentali. Sono infatti aumentati i fattori di rischio e sono d'altro canto diminuiti quelli di protezione». Come per esempio, la possibilità di condividere con i coetanei il percorso scolastico, e quindi di intrecciare e consolidare rapporti di amicizia.
«Gli adolescenti - sottolinea Vicari - in tutta questa storia sono stati quelli dimenticati, sono stati trattati da una parte come bamboccioni che stanno sempre sul divano, oppure viceversa, se vanno in giro, come i grandi untori, i responsabili cioè del contagio». Inevitabile che, alla fine, in molte famiglie la situazione sia esplosa e molti ragazzi siano finiti al Pronto soccorso. Ma una volta tornati a casa, il rischio che ripetano i gesti autolesivi è sempre molto alto.
Ecco perché, per evitare che le famiglie restino sole e si sentano smarrite, al Bambino Gesù hanno deciso di seguire i ragazzi sul territorio. È stato così predisposto un percorso clinico di alta assistenza per l'autolesionismo e la prevenzione del suicidio in età evolutiva, in collaborazione con varie Asl della Regione Lazio. Ma per chi si trova in difficoltà, è possibile avere anche una consulenza psicologica urgente chiamando gli esperti al 06.68592265, tutti i giorni 24 ore su 24.
«Noi siamo abituati a pensare a un malato mentale adulto - sottolinea Vicari - Se imparassimo invece a intercettare i disturbi quando compaiono, cioè in fase adolescenziale, potremmo ridurre fortemente il numero dei malati cronici e avremmo così maggiori possibilità di successo».