1 - IN CELLA L\'UOMO DI BERSANI...
Alessandro Sallusti per \"il Giornale\"
I pm di Roma hanno arrestato Franco Pronzato, un signore sconosciuto al pubblico ma molto noto nelle stanze che contano del Pd. È stato infatti braccio destro di Bersani ed era il responsabile del settore trasporto aereo. Nella stessa inchiesta, un giro di tangenti legate all\'Ente nazionale per l\'aviazione civile, è indagato anche Vincenzo Morichini, altro amico e socio di barca (e non solo) di D\'Alema.
Secondo i Pm ci sarebbero prove certe che i due hanno utilizzato per i loro traffici le conoscenze politiche di cui disponevano. Riepilogando: due faccendieri lobbisti molto legati al numero uno e due del Pd facevano affari poco chiari millantando entrature politiche. Più o meno è lo stesso schema di gioco contestato a Bisignani che ha dato origine al caso P4.
E qui casca l\'asino. Perché nessuno si è permesso di etichettare la vicenda Pronzato-Morichini come una possibile P5. Anzi. I siti internet dei due principali quotidiani, Corriere e Repubblica, l\'hanno trattata come banale fatto di cronaca, relegandola al decimo posto nella gerarchia delle notizie.
Bersani e Dalema - Lo sfascio - Da LiberoVi immaginate che cosa sarebbe successo se i due invece che di Bersani fossero stati intimi di Letta e Berlusconi? Il finimondo, come abbiamo visto più di una volta. A quest\'ora le intercettazioni delle telefonate sarebbero già a disposizione dei giornali, i tg avrebbero costruito scenari apocalittici, lo sdegno dell\'opposizione scorrerebbe a fiumi. E invece niente. Silenzio assoluto. Il loquace Bersani per la prima volta si è sottratto ai microfoni, forse non trovava la battuta giusta per riassumere la vicenda.
In realtà le cose dovrebbero andare proprio così. La magistratura indaga senza manie di protagonismo, le intercettazioni che non hanno rilevanza penale restano nei cassetti, la politica non specula su disgrazie private. Almeno fino all\'emergere di prove contrarie. Che, non si sa mai, magari arrivano anche in questo caso.
2 - \"COME CRAXI, MA CON TANTI NANI E POCHE BALLERINE\"...
Fabrizio d\'Esposito per \"il Fatto Quotidiano\"
Un giorno in Transatlantico, Massimo D\'Alema proclamò col solito sarcasmo: \"I dalemiani non esistono. L\'unico è quello lì\". E indicò il pugliese Peppino Caldarola, già direttore dell\'Unità poi parlamentare Ds.
Caldarola, nel 2011 i dalemiani vivono, lottano e spesso finiscono in galera.
Come categoria politica il dalemismo è finito nel 2005, lo scrissi sul Riformista. E lì è nata la mia separazione da Massimo.
Ossia?
Alla fine la visione di D\'Alema si è dimostrata solo realista e tattica, esaltando la capacità di governo senza andare troppo per il sottile.
Dalla Liguria alla Puglia.
Il riformismo è diventato pratica di governo e sottogoverno. D\'Alema è stato un polo di attrazione che ha mescolato più opzioni.
Tipo?
Partiamo da un punto: sembrerà paradossale, ma dalla svolta di Occhetto in poi D\'Alema è stato percepito dalla nostra gente come l\'unica garanzia per rimanere ancorati a sinistra. Per certi versi D\'Alema è il Partito.
Fatta la premessa.
Al ceto classico politico di provenienza comunista, in questa cornice di accentuato realismo, si è aggiunto di tutto: ex socialisti, liberisti spinti, amministratori dediti a delibere e appalti, persino politici di destra.
Il sistema dalemiano.
Come corrente organizzata il dalemismo non è mai esistito, credimi. Diciamo che c\'è stato un uso in franchising del nome di D\'Alema, una rete che fa riferimento a lui. Anche perché, e qui c\'entra il carattere di Massimo, lui non ha mai chiesto obbedienza a un credo politico.
Risultato?
Alcuni che sono entrati con le pezze al culo, ne sono usciti senza.
E tu?
Io sono andato via con le pezze al culo, tanto per intenderci. E su quello che stava accadendo in Puglia, lo avevo avvertito.
Cosa gli dicesti?
Era il 2006 e gli raccontai della mia sensazione di imbarazzo tra gli imprenditori pugliesi che mi avevano detto: ‘Magari i dalemiani di qui fossero onesti come lei\'.
Cosa rispose?
Non mi ascoltò, la prese come una cosa moralistica, uno scarto dalla politica. Così come non diede retta a me e Nicola Rossi che eravamo contrari a fare il tifo per Unipol, nell\'estate dei furbetti.
È la cultura di governo, bellezza.
Lo stesso errore di Craxi: puntare solo all\'ingresso nella stanza dei bottoni, portandosi dietro un esercito di profittatori.
Nani e ballerine.
Nel caso di Massimo, tanti nani e poche ballerine. Però su un punto lo difenderò sempre.
Cioè?
A parte le cazzate su scarpe e barche, D\'Alema ha uno stile di vita sobrio. A fronte dell\'intreccio tra affari e politica nel mondo, lui non si è arricchito.
Cosa resta di D\'Alema oggi?
Il tatticismo delle sue svolte avventurose, spesso in contraddizione tra loro. Adesso insegue i movimenti: aprire a loro però non è come aprire a Casini. Ma la cosa che mi colpisce di più è che a lui non ha resistito nessun dalemiano.
Una diaspora.
Pure Nicola Latorre, l\'unico rimasto, si sta smarcando e gioca in proprio coi vendoliani.
L\'ultimo fortino è la Dalemjugend della sezione \"Mazzini\" di Roma.
Orfini, Cundari sono giovani brillanti, ma con una spiccata vocazione pretoriana.