Attilio Bolzoni e Francesco Viviano per “la Repubblica”
C’è una piccola scossa di terremoto alle falde dell’Etna che butta lava sulla neve bianca e sbuffa. Sbuffa anche lui all’improvviso. E dice: «Sergio si deve guardare dai politici». Il fratello del Presidente della Repubblica è rintanato nel suo rifugio sotto il vulcano con i suoi quarantasette cani ed è circondato da nove ettari di vigna che si arrampica sulla roccia nera. Si presenta:
«Sono io Antonino Mattarella, ho 78 anni, quattro più di Sergio, ho fatto il docente universitario — diritto del lavoro — e quando non sto a Roma sono sempre qui a Santa Venerina con i miei cani di razza che allevo e mando ai concorsi ». A Villa Grifunera, dove si produce un vino rosso e profumato che ha chiamato “Iddu” (in siciliano “lui”, dedicato al vulcano) abbiamo intervistato l’altro dei Mattarella. Nel piccolo studio di una villa di campagna tanti libri e tantissimi cd di musica classica, una sola fotografia: quella del padre Bernardo.
Molti non sapevano della sua esistenza, poi nei giorni scorsi “Il Fatto” ha cominciato a scrivere su di lei...
«Sono amareggiato, io non c’entro con l’attività politica di mio fratello, non ho mai interferito con certe cose, né con Sergio e prima neanche con Piersanti… Non avevano bisogno di me».
Ci racconti questa vicenda dei suoi rapporti con alcuni criminali, quelli della banda della Magliana. Come li ha conosciuti? Come è entrato in contatto con loro e come mai prese soldi in prestito da quei personaggi?
«E’ una vicenda assurda di 25 anni fa. Lo stesso pm che l’aveva aperta ha chiesto poi l’archiviazione che il giudice ha controfirmato. Cosa dovrei aggiungere su una storia che non esiste da un punto di vista giudiziario?».
Potrebbe chiarire.
«Posso soltanto esprimere la mia opinione: non ha senso che veniate qui a tirare fuori una cosa come questa quando non la si conosce. Una ricostruzione fondata su niente».
Però lei dovrebbe spiegarci, al di là di come si è concluso il caso giudiziario, come e perché sono nate queste relazioni.
«Non ne voglio parlare più, gli ho creato già abbastanza problemi a Sergio con queste buttanate».
Andrà a Roma per il giuramento del Presidente?
«No, non mi sono mai intromesso nelle attività politiche dei miei fratelli e non lo farò certo domani. Stamattina ho mandato un messaggio a Sergio, gli ho detto: scusami se domani non sarò a Roma, se sto in disparte. Mi ha risposto: ‘Ti capisco’..».
Che rapporto ha con suo fratello Sergio?
«Fraterno, bellissimo. Non ci vediamo spessissimo ma ci sentiamo sempre. Quando andavo a Palermo dormivo sempre a casa sua».
E ieri, quando vi siete sentiti?
«Subito dopo l’elezione, prima ci siamo scambiati il solito sms e poi abbiamo parlato al telefono. Ma aveva fretta, stava preparando il discorso. E’ una grande emozione per me, io non ho mai fatto politica ma alla politica ci sono abituato. Io ho conosciuto De Gasperi, tutta la classe politica di quel tempo. Colombo, Andreotti… La Pira veniva a casa nostra a Palermo. Prima sostenevo la Dc, adesso voto Pd».
Se lo aspettava che fosse proprio lui il Presidente?
«Ero convinto che Presidente sarebbe dovuto diventare la volta precedente perché Sergio è l’uomo giusto al posto giusto. Ma l’altra volta ci fu il veto di Berlusconi, Bersani offrì una terna e lui disse no. Io, io non l’avrei invitato Berlusconi domani.. Sì, Sergio doveva diventare prima Presidente ».
Come definirebbe suo fratello in due parole?
«Una persona equilibrata. Renzi ha detto che è di grande rigore morale. Equilibrio e rigore morale, le doti di un Presidente della Repubblica».
Consigli da dare al fratello più piccolo?
«Di guardarsi dai politici, Sergio è un uomo di profondissima cultura, cosa non comune tra gli uomini politici italiani. Non mi permetterei di dargli consigli tranne uno: continui a fare quello che ha fatto sino ad ora».
E dell’altro fratello, Piersanti, cosa ricorda di quel giorno, il 6 gennaio del 1980?
«Non avrei mai pensato a una tragedia del genere, non ci pensavo assolutamente, non so se lui avesse delle preoccupazioni mai io certamente no. Ero a Roma, a pranzo con amici, presi il primo aereo».
Ucciso dalla mafia?
«Solo dalla mafia? E la matrice politica? Voleva rompere equilibri, appalti».
Lei ha solo la foto di suo padre in questo studio. E quelle degli altri suoi familiari?
«Le altre foto le tengo tutte nella mia casa di Roma. Mio padre.. mio padre era un uomo onesto con un viso aperto, un uomo veramente completo».
E un po’ chiacchierato per le sue amicizie mafiose.
«Hanno tutti rettificato e l’unico che non l’ha fatto è stato Danilo Dolci che è stato condannato. Ho sempre pensato di scrivere un libro sulla storia dei Mattarella».
Un libro per scrivere cosa?
«Mio padre è sempre stato avversato da gente come gli esattori Salvo di Salemi da Salvo Lima. Poi di tutta quell’epoca l’unico che ha pagato il conto è stato Vito Ciancimino che era l’ultima ruota del carro. La corrente fanfaniana era tutta contro mio padre. A Palermo c’erano Gioia e Lima, poi Lima è diventato andreottiano».
E la mafia che c’entra?
«Eh la mafia era quella della Sicilia occidentale, per esempio qui a Catania non era vera mafia, la mafia stava dall’altra parte della Sicilia. Oggi sono più gangster che mafiosi».
Antonino Mattarella racconta ancora della sua famiglia, della Sicilia, di Palermo, del fratello Presidente. E poi torna alle origini, al padre Bernardo. E’ un nome che ciascuno dei tre figli — Piersanti, Sergio e lui, Antonino — ha voluto dare anche ai loro figli: «Ce ne sono tre di Bernardo, uno in ogni famiglia Mattarella, quello di Sergio si chiama Bernardo Giorgio, gli altri due sono Bernardo e basta».