Giancarlo Dotto per Dagospia
Non serve essere milanisti dentro per misurare la tristezza di una squadra, già e per anni, non secoli fa, la più bella del reame, oggi succursale di scarti romanisti, più un flemmatico giapponese dai lombi levanti, qualche mummia riesumata, che fa una fatica boia per scansare il Parma, una squadra sventrata da fughe (Cassano si sta proponendo a mezzo mondo, anche alla Roma mi risulta), debiti e soprattutto dal dubbio che li vale tutti: esisto ancora?
Un Milan che, nel primo tempo, deve baciare i guanti a Diego Lopez, unico degno in tanto avvilimento. E, nel secondo, baciare i piedi a Menez, che gioca da solo ma è l’unico che sa farlo. E fa impressione riconoscere un mestissimo Donadoni, fior d’allenatore, ex rossonero sacchiano, mostrare calcio sulla panchina sbagliata.
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La ventunesima ci racconta quello che già sappiamo. Questo campionato somiglia sempre più a un’isola degli zombie, qua e là impreziosita da tesori di giornata, profumi evanescenti. In ordine sparso, i gol di Sansone e Zaza all’Inter, la rovesciata di Pinilla che schianta Zola a tempo scaduto, la punizione di Dybala, il gol di Defrel (talento notevole) alla Lazio, il tris di Quagliarella, a pietrificare le smanie del clown Ferrero.
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Ci metto anche la partita di Allan, Udinese, che spalma sul fenomeno panterato, Pogba, la sua micidiale e non volgare esuberanza, perché il piede è pure buono. Folate da giocatore almeno doppio e Pozzo che già ascolta con un principio di erezione il tintinnio dei dobloni che incasserà a fine stagione.
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Da dimenticare tutto il resto. La volgarissima e tatuatissima gazzarra tra Icardi, Guarin e i tifosi dell’Inter imbestialiti dall’aver preso atto della Beneamata una volta di più bastonata. I due che lanciano le maglie con la stessa negligente compiacenza con cui si lanciano le noccioline allo zoo e quelli che, sacrosanti, le rimandano al mittente.
Tre squadre che si dicono grandi o comunque aspiranti al terzo posto Champions, Fiorentina, Lazio e Sampdoria, che si fanno mettere variamente e brutalmente sotto. A proposito di Samp, dimenticabilissimo l’Eto’o molto incarnato che si presenta a razzolare le ultime palanche a Genova, dove però il feroce Sinisa già gli ringhia contro.
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In quanto alla testa. La Juventus, senza Vidal e Pogba irretito, si concede una comoda pausa a Udine, avendo già goduto la sera prima la conferma della Roma persa nel suo tunnel, fatto di sfiga epocale e sfiducia montante. Doumbia e Ibarbo arrivano, Afriche e polpacci permettendo, a verniciare di tosto e di nero una squadra parecchio giù di corda.
Dalla Guinea arriva in serata la tombale notizia per Garcia, Costa D’Avorio avanti. Niente Doumbia e, soprattutto, niente Gervinho. Va il Napoli, a soli quattro punti dalla Roma, ma un vermone nella testa. Rafa Benitez l’ha fatto capire ancora, le natiche piantate al Vomero, ma la testa a Liverpool.