Paolo Di Stefano per il “Corriere della Sera”
Si può e si deve. Eccoci qui a cantare le lodi della Milano non da bere ma da gustare con gli occhi e con lo spirito. Si può e si deve puntare sulla cultura e sull’arte. E se c’era bisogno di Chagall per accorgersene, evviva il pittore russo degli angeli caduti, che ha portato a Palazzo Reale 340 mila visitatori, con code di otto ore nella giornata di sabato, fino a piazza Fontana, il che vuol dire diverse centinaia di metri.
Si può e si deve, non per smentire per l’ennesima volta la pessima barzelletta di pessimo gusto — tra le tante che abbiamo sentito negli ultimi decenni — secondo cui con la cultura non si mangia, pronunciata da un ministro dell’Economia per giustificare i suoi tagli. Una bella rassegna (200 opere in mostra) per un artista visionario, che ha attraversato le avanguardie raccontando, con colori accesi e tratti quasi infantili, un secolo di storia e di tragedia.
Si può e si deve. Se c’è l’offerta (una buona offerta) d’arte, la risposta della gente non manca, anche se le temperature sono polari, come quelle dei giorni scorsi, o se il cielo sgombro inviterebbe piuttosto a una gita fuoriporta. Prenotazioni online esaurite, dunque quelli che non sono riusciti a entrare nelle scorse settimane (la mostra è stata inaugurata il 17 settembre e si è chiusa ieri), con tutta la pazienza e l’ostinazione del caso, sono tornati a Milano (da Verona, da Cuneo, da Mantova...) per approfittare degli ultimissimi giorni e del prolungamento degli orari di visita fino a mezzanotte. Magari, com’è accaduto sabato, mettendosi in coda alle sei e mezza del mattino per non mancare l’apertura delle nove e mezza. Un delirio con entrata a pagamento: 12 euro. Panini e pizzette, bicchieri di tè e caffè per scaldarsi, libri aperti per ammazzare l’attesa.
Famiglie con bambini, gruppi di giovani, anziani con gli sgabelli pieghevoli portati da casa. E mettiamoci in più l’afflusso al Museo Diocesano, che ospitava, a latere, le gouaches di Chagall sulla Bibbia.
In realtà quella di ieri, a Milano, è stata una giornata da non dimenticare, se alle file interminabili per Chagall si aggiungono i quasi cinquemila visitatori alla Pinacoteca di Brera, i 18 mila ai Musei Civici, i 3.500 al Museo della Scienza, gli oltre seimila al Castello Sforzesco eccetera. Ingressi gratuiti offerti dal ministero dei Beni culturali come ogni prima domenica del mese.
Stanza del Cristo Morto Pinacoteca di Brera
E non mancano altri motivi di soddisfazione, come i 200 mila accorsi nei mesi scorsi per Giovanni Segantini e i 240 mila per la mostra, selettiva ma anche fin troppo generica, di Van Gogh, «L’uomo e la terra», che prosegue fino all’8 marzo e promette nuovi record di affluenza. «Un fatto molto positivo — ha detto l’assessore milanese alla Cultura Filippo Del Corno commentando l’iniziativa “Domenica al Museo” — perché ciò vuole dire che l’offerta culturale della città riesce ad essere sempre più vicina ai cittadini e attrattiva per i visitatori. Andare al museo è un’occasione di arricchimento culturale e di divertimento».
palazzo reale milani PINACOTECA DI BRERA- RAFFAELLO
Tornando a Chagall, i cartelli esposti negli androni di Palazzo Reale avvertivano che nei bookshop le cartoline erano esaurite, i segnalibri e le spillette pure. Nessun accenno ai cataloghi, che probabilmente erano in eccesso, e pazienza. Si dirà che viviamo in un Paese incomprensibile se, mentre le folle si intirizziscono al gelo in attesa di vedere Chagall, i musei stentano a sopravvivere sotto i colpi dei tagli da spending review , le biblioteche storiche faticano (di recente la Braidense è stata declassata da un decreto ministeriale) e le librerie chiudono un po’ ovunque.
MANTEGNA - PINACOTECA DI BRERA
Cantate le lodi della Milano da ammirare, la bella giornata di ieri incoraggia a ripetere concetti già sentiti mille volte, ma rimasti purtroppo inascoltati: si tratta di far uscire la gestione della cultura e dell’arte dalla mentalità del Grande Evento (comunque benvenuto e in sé entusiasmante) e di tradurla in un progetto su cui investire con generosità. Strutture e formazione: potrebbe essere un buon affare. Purché un governo, prima o poi, ci creda. Ma davvero.