marchionne
1 - QUANTI DISPIACERI AMERICANI PER MARPIONNE (MA CI PENSA LA STAMPA ITALIANA A NASCONDERLI)
Ogni volta che torna in Svizzera a Sergio Marpionne si allarga il cuore.
Qui ritrova un clima di civiltà e gli amici "gnomi" di Ubs che gli hanno dato soddisfazioni morali e soprattutto materiali. Ieri però a Zurigo dove ha partecipato a un incontro presso la Camera di Commercio svizzero-americana, il manager dal pullover sgualcito aveva l'aria preoccupata per la crisi dei mercati e dell'Europa, e ha detto: "si tratta di una questione seria che non si risolverà se i leader europei non troveranno delle soluzioni".
Anche per lui che ormai ha la testa a Detroit, il terremoto provocato dal debito pubblico rappresenta uno spettro inquietante che attraversa l'Atlantico dove - come ha scritto ieri l'economista Vladimiro Giacchè sulla base di una ricerca McKinsey - gli Stati Uniti dal dicembre 2007 hanno perso oltre 7 milioni di posti di lavoro. È quanto basta per rendere problematiche le strategie di sviluppo di Chrysler che sono minacciate anche dai primi segnali di contrazione delle vendite sul mercato brasiliano.
Marchionne e Obama nella fabbrica ChryslerA queste preoccupazioni Marpionne ha risposto annunciando che d'ora in avanti Fiat e Chrysler saranno guidate da una singola leadership, una squadra di 25 manager pescati più nel quartier generale di Detroit che al Lingotto. Questa decisione rappresenta un altro passetto in avanti, forse il penultimo verso la gestione unica delle due case automobilistiche, e ormai tutti danno per scontato che a Torino resterà soltanto la sede legale mentre ad Auburn Hills si procederà a grandi passi verso l'integrazione industriale e commerciale delle due aziende.
Marpionne non ha detto una parola sull'atteso finanziamento di altri 3 miliardi che Obama aveva promesso per i motori verdi di Chrysler e si è guardato bene dal commentare le indiscrezioni dei giorni scorsi sulle batoste che sono piovute negli ultimi giorni. La prima è arrivata lunedì scorso dagli analisti di Exane, un fondo francese fondato nel 1990 che ha la sua bella sede in Avenue Matignon e dove gli analisti si sono presi il gusto di tagliare il valore del titolo di Fiat Industrial.
Di fronte a questo giudizio il titolo è crollato del 5% ma ha lasciato abbastanza indifferente il figlio del carabiniere Concezio perché altre banche come Barclays, Unicredit e per ultima Banca Imi avevano pubblicato report di segno contrario. Da tempo è noto il disprezzo che il manager ha nei confronti delle case d'affari che sparano giudizi più ispirati dai clienti che dal rigore delle analisi.
fiat 500Molto più attento e probabilmente incazzato è rimasto di fronte alle notizie ben nascoste dalla stampa italiana secondo le quali la vendita della "500" negli Stati Uniti sta dando risultati modesti. A scriverlo è stata la rivista specializzata "Car & Driver" secondo la quale il consuntivo delle vendite da marzo a oggi è soltanto di 4.944 vetture, troppo poco per sfidare la concorrenza della Mini, l'antagonista diretto della piccola automobile italiana.
La rivista americana ricorda che si è ben lontani dagli obiettivi del 2011 e precisa che ad oggi 70 dei 140 concessionari previsti da Fiat Chrysler dispongono delle vetture per i loro clienti. L'ultimo dispiacere per Marpionne è arrivato ieri poco prima delle 14 quando l'agenzia Reuters ha annunciato che Chrysler ha deciso di richiamare quasi 243mila pick-up Dodge a causa di problemi allo sterzo che potrebbero creare incidenti.
PICKUP DODGE RAMAnche questa notizia è stata abilmente nascosta dai giornali italiani che non vogliono disturbare la conquista dell'America da parte del manager italo-svizzero-amerikano.
2 - SIAMO UOMINI O GENERALI? LE PERDITE DI PELLICCIOLI E LA SCALATA DI CALTARICCONE
Quando sente il profumo dei guadagni e del buon vino Lorenzo Pelliccioli sfodera una poderosa chiostra di denti.
Così ha fatto la sera del 29 marzo quando insieme a Profumo e Pagliaro ha offerto in un'enoteca milanese a due passi dal "Corriere della Sera", il nettare coltivato nella sua fattoria francese di Saint-Remy, e la stessa euforia è emersa sette giorni dopo durante il blitz che ha portato Cesarone Geronzi fuori dalle Generali.
È molto probabile che oggi dalla sua residenza di Parigi acquistata con la valanga di miliardi ricavata nel 2000 nella vendita di Seat Pagine Gialle, il manager lombardo non abbia alcuna voglia di ridere e di brindare. La ragione va cercata nelle notizie comunicate ieri alla stampa da Paolo Ceretti, il direttore generale del Gruppo di Novara, che ha indicato in 560 milioni la perdita provocata in bilancio dal calo del titolo Generali.
PICKUP RAM DODGE CHRYSLERNella città piemontese dove le famiglie Boroli e Drago hanno costruito l'immensa fortuna con l'editoria, l'investimento di cinque anni fa per comprare il 2,4% del Leone di Trieste sta provocando crampi allo stomaco. Ed è curioso che non solo la storica famiglia piemontese ma anche il "magnifico Lorenzo" abbiano preferito mettersi dietro le quinte e far parlare quel brav'uomo di Paolo Ceretti che ha spiegato la minusvalenza come un'operazione "in gran parte di valori contabili poiché l'esborso in contanti si limita a 73 milioni di euro".
È evidente che quando si tratta di dare notizie dolorose Pelliccioli preferisce nascondere la faccia che riaffiora soprattutto quando si esaltano i successi della vacca grassa Lottomatica, l'asset più robusto di De Agostini.
LORENZO PELLICCIOLIResta il fatto che il vino nei calici del 60enne manager ex-McKinsey sa di acido e che alla prossima riunione con Perissinotto e gli altri soci non avrà alcuna voglia di sorridere. Ben più tranquillo appare invece Francesco Gaetano Caltagirone, che secondo quanto ha detto lo stesso Ceretti dentro Generali "è stato più abile".
Infatti mentre gli altri soci soffrono per le minusvalenze, Caltariccone continua a mettere le mani nel portafoglio e a comprare azioni. L'ultima operazione scoperta da Dagospia questa mattina risale a lunedì scorso quando il vicepresidente di Generali, di fronte al crollo del titolo di Trieste, ha comprato altre azioni per un valore di 3,9 milioni.
Quando il gioco si fa duro, i duri continuano a giocare.
3 - IL MISTERO DELL'ARTICOLO DI MARIO MONTI SUL "FINANCIAL TIMES"
Nei pub della City frequentati dai barboni che giocano in Borsa, il latino è una lingua sconosciuta.
Così ieri quando dall'Italia è rimbalzata la frase "hic manebimus optime" con cui Giulietto Tremonti ha tagliato corto alle voci di dimissioni, i trader e gli analisti hanno pensato che l'ex-tributarista di Sondrio fosse andato fuori di testa.
Ai più avveduti l'"hic" è apparso di troppo perché già sapevano degli articoli sulla crisi italiana pubblicati oggi dal "Financial Times" e l'"Herald Tribune". Per una coincidenza affatto casuale entrambi hanno titoli svillaneggianti; quello dell'"Herald Tribune" si può tradurre infatti con queste parole pesanti: "A parte le sue pagliacciate, Berlusconi deve andarsene", mentre il "Financial Times", a firma di Mario Monti, sottolinea il bisogno di crescita e non "della commedia all'italiana" ("We need growth, not commedia all'italiana").
Sberleffi a parte, nei pub della City cercano di sciogliere un piccolo mistero sull'articolo del professore di Varese che la comunità finanziaria d'Oltremanica vedrebbe bene al posto di Tremonti.
GIOVANNI PERISSINOTTOGià nella sera di martedì circolava a Roma la notizia dell'articolo sul quotidiano inglese che avrebbe dovuto rappresentare un colpo mortale al cuore del ministro dell'Economia. E tra i rumors che circolavano freneticamente nel Palazzo e nelle redazioni dei giornali si diceva che il testo scritto da Monti per il "Financial Times" sarebbe stato fermato dall'intervento di una mano autorevole, anzi autorevolissima. Anche i corazzieri del Quirinale erano al corrente della vicenda e non sono rimasti sorpresi quando hanno saputo che l'articolo sarebbe stato pubblicato soltanto oggi.
A leggerla bene la prosa di Monti è certamente un atto d'accusa pesante. Scrive SuperMario: "i tre governi Berlusconi hanno tutti fallito nel capire il bisogno di far crescere la produttività dell'Italia, la competitività e la crescita per combattere le disparità sociali...c'è bisogno di una nuova stagione di riforme e di rimuovere gli impedimenti strutturali che bloccano il Paese", e non manca un apprezzamento vistoso all'appello di Napolitano per la coesione tra le forze politiche.
Fin qui i suoi giudizi, che comunque non sembrano una spallata e nemmeno un candelotto di dinamite. Nei pub della City pensano che qualcuno abbia frenato le ambizioni del bocconiano e disinnescato la miccia.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE4 - FACCIAMO UNA COLLETTA PER I 15O ANNI D'ITALIA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che oggi su alcuni quotidiani appare un commovente avviso pubblicitario della presidenza del Consiglio.
L'annuncio si riferisce all'assenza di fondi per le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia e invoca la ricerca di sponsorizzazioni per portare a compimento il programma degli eventi celebrativi.
A quanto pare mancano i soldi per gli appuntamenti di Pisa, Teano e Napoli dove il 1° ottobre al Teatro San Carlo Napolitano ascolterà la nuova opera lirica scritta per ricordare l'anniversario. Il sipario rischia di calare prima di quella data perché la Festa è finita".