Francesco De Dominicis per "Libero Quotidiano"
Tirata d’orecchie del Tesoro alle banche sui conti dormienti. Con una lettera di pochi giorni fa, il ministero dell’Economia ha richiamato gli istituti al rispetto di tutti gli obblighi di trasparenza e di comunicazione sui quattrini dimenticati in banca dai correntisti che dopo dieci anni diventano dello Stato (per effetto di un discutibile “esproprio pubblico”, ma questa è un’altra storia).
La questione ruota attorno alle informazioni che periodicamente le banche devono inviare al fondo speciale gestito dalla Consap, una società controllata dall’Economia a cui è stato assegnato il compito di raccogliere il denaro “abbandonato” allo sportello dai clienti.
Comunicazioni, quelle degli istituti, che dovrebbero rispettare determinati standard e che invece, stando al documento di via Venti Settembre, non vengono eseguite secondo le regole, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo di alcuni indirizzi di posta elettronica certificata. Solo all’apparenza si tratta di formalismi, ma in realtà saltano fuori i soliti trucchi degli istituti per aggirare la legge.
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Di qui, dunque, l’intervento del Tesoro. Che ha rilevato non di rado trasmissioni di “dati ed elenchi in modo difforme” e perciò “scartati”. Che vuol dire? I conti dormienti sono una sorta di tesoretto per le banche: denaro che possono, di fatto, gestire liberamente sia sul versante degli investimenti sia sul fronte dell’attività di credito, perché tanto nessuno reclamerà mai quelle somme.
Quasi dieci anni fa, lo Stato ha deciso di mettere le mani su quella liquidità, obbligando gli istituti a “girare” al fondo Consap il saldo dei depositi dimenticati appunto da più di dieci anni. Il tutto, però, dopo una articolata procedura che prevede sia pubblicità informativa verso i clienti sia invio di comunicazioni, come accennato, al ministero dell’Economia.
È assai probabile, come spiega un esperto del settore, che le banche facciano di tutto per rallentare il processo di comunicazione e trasmissione delle informazioni, in modo da poter trattenere – e quindi gestire – il più a lungo possibile il denaro “in sonno”. Ma perché, invece, il pressing dello Stato?
Si può fare qualche ipotesi. Il fondo – creato nel 2007, alimentato anche con le polizze assicurative prescritte o gli importi degli assegni circolari non riscossi – viene utilizzato per diversi scopi: è servito, a esempio, per finanziare le social card inventate a giugno 2008 dall’allora ministro Giulio Tremonti e, più tardi, è stato usato per blindare gli esuberi Alitalia.
E adesso che la ex compagnia di bandiera va venduta agli arabi di Etihad, che chiedono di buttare fuori un po’ di lavoratori in eccesso, forse il Tesoro è a caccia di denaro fresco.