Rosaria Amato per La Repubblica
Si allarga l’allarme banche in Grecia. Se nei giorni scorsi si erano dette pronte a richiedere l’Ela (Assistenza straordinaria di liquidità) solo l’Eurobank e l’Alpha Bank, ieri, secondo il quotidiano ellenico Ekathimerini, si è aggiunta anche la Piraeus (la seconda banca greca), mentre il principale istituto finanziario del Paese, la National Bank, sarebbe pronto a chiedere l’attivazione dell’Ela già domani.
A conferma delle indiscrezioni c’è la richiesta della Banca centrale ellenica alla Bce di apprestare una linea di credito di emergenza «al fine di avere uno scudo per tutto il sistema bancario». Anche le banche interessate parlano di richiesta intesa come «misura precauzionale», in vista delle elezioni del prossimo 25 gennaio, fondi su cui poter contare almeno «fino a quando si concluderanno i negoziati del nuovo governo con le istituzioni creditrici».
E del resto la fuga di capitali in Grecia sta accelerando, senza aspettare i risultati delle elezioni: solo nelle prime due settimane di gennaio secondo Bloomberg sono stati ritirati 4 miliardi.
Ma l’allarme non è circoscritto alla Grecia: in un’intervista al Frankfurter Allgemeine Hans Werner Sinn, presidente dell’istituto tedesco di ricerca Ifo, denuncia ancora una volta una «massiccia fuga di capitali dall’Italia». In uno studio pubblicato a ottobre l’Ifo aveva calcolato che tra agosto e settembre erano defluiti dall’Italia 67 miliardi di euro. Se n’è tornato a parlare qualche giorno fa in seguito a un rapporto di Euro Intelligence, e, interpellato da Reuters, il ministro dell’Economia Padoan ha replicato che «non c’è alcuna fuga di capitali dall’Italia».
Intanto c’è grande attesa anche per le decisioni della Banca Centrale Europea sul piano di acquisti di titoli di Stato, e in particolare per il Consiglio direttivo, fissato per il 22 gennaio. Il Financial Times ipotizza un Quantitative Easing intorno ai 500 miliardi di euro, un’ipotesi molto vicina a quella del Credit Suisse, che valuta al 50% la possibilità che la dotazione si aggiri tra i 500 e i 750 miliardi.
Dal ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem (che è anche presidente dell’Eurogruppo) arriva un deciso incoraggiamento a Mario Draghi: in un’intervista spiega che non solo non intende opporsi al Qe, ma che lo approva in pieno perché darebbe alle banche «più spazio di manovra per investire e finanziare le aziende».
Anche il Centro Studi di Confindustria sostiene che è urgente che la Bce azioni fino in fondo la leva del Qe, per spingere in alto i prezzi verso l’obiettivo del 2% e per riequilibrare la bilancia dei pagamenti, con particolare riferimento alla Germania.