1 - l'Uomo dai sensi sregolati non vede l'ora di togliersi di torno TREMENDINO TREMONTI
Papi-Silvio è triste, terribilmente triste e incazzato, in preda a sentimenti diversi che lo portano a mangiare in silenzio un piatto di minestrone insieme a Mike Bongiorno e a fare un salto in una discoteca di Sharm el Sheik dove regna il turismo dei poveri.
Se fosse vivo il poeta francese Rimbaud che purtroppo morì a 37 anni, parlerebbe di "sregolamento dei sensi", cioè di quel sentimento che oscilla in modo pauroso tra la tirannia dell'effimero e la volontà di potenza.
Papi è triste ma soprattutto è incazzato nei confronti di alcune persone che gli stanno intorno e gli impediscono di trapiantare nella politica quella pianta del decisionismo che ha coltivano a dispetto delle regole.
Nella sua lista nera vengono nell'ordine Gianfranco Fini, che ormai è diventato un democristiano-doc, i leader della Lega che scalpitano dalla paura di essere fottuti dal referendum, e perfino gli amici storici Gianni Letta e Fedele Confalonieri che con le loro prediche moralistiche sulla vergine Noemi e sulle 15enni non approvano il modello godereccio di una vita sacrificata sull'altare del sesso e del potere.
GIULIO TREMONTI SILVIO BERLUSCONI UMBERTO BOSSI - Copyright PizziIn cima a tutti però c'è in queste ore Giulietto Tremonti, il genietto di Sondrio che nell'arco di un anno è riuscito a costruirsi un muro di ostilità. Con il ministro dell'Economia Berlusconi è arrivato al punto di non ritorno, cioè a quella distanza anni luce dell'universo che nessuno può colmare. Non a caso in queste ore si parla con insistenza, ma senza alcuna certezza, delle intenzioni di Giulietto di dimettersi dal governo, una scelta che ha già fatto il 3 luglio 2004 quando Gianfranco Fini lo accusò di aver truccato i conti della Finanziaria e l'interim fu assunto dallo stesso Berlusconi.
La scintilla che ha fatto scoppiare l'ultima bomba è l'Abruzzo, per il quale l'ex-tributarista di Sondrio non ha ancora indicato in modo chiaro la copertura finanziaria per la ricostruzione. Secondo un'indiscrezione del quotidiano semiclandestino "Europa", lo scontro tra il premier e il ministro è stato così violento da annullare venerdì scorso l'ennesima visita ai terremotati che si difendono dal caldo e dalle pulci.
Questa è comunque l'ultima scena di un film che in questi mesi ha contrapposto papi-Silvio al 62enne professore prestato alla politica. A Palazzo Chigi non ne possono più di questo predicatore triste che dopo aver profetizzato l'Apocalisse contro la quale gli sembravano ridicole le "aspirine" di Mario Draghi, ha infilato la strada di una politica barocca dove le citazioni mistiche hanno preso il sopravvento sui ragionamenti economici.
In questo percorso Giulietto è riuscito a trovare soltanto l'ammirazione di Romano Prodi (sul "Messaggero" di Calta-Casini) che a Palazzo Chigi ha creato scandalo. Ben diverso è l'atteggiamento dei colleghi di governo che gli sono decisamente ostili e non capiscono la ragione per cui tenga bloccati nella Cassa Depositi e Prestiti i 150 miliardi che potrebbero rilanciare l'economia.
Contro di lui si sprecano le polemiche di Claudio Scajola, il ministro dell'aeroporto di Albenga che si è visto bocciare al Cipe i fondi per l'industria e contro di lui si è scagliato anche Altero Matteoli, il più triste ministro del governo che vorrebbe costruire il ponte sullo Stretto e le grandi infrastrutture. Per non parlare poi della Carfagna e di Brunetta, con il quale c'è una gelosia di stampo accademico che è scoppiata anche nell'ultimo Consiglio dei ministri sul decreto per i premi ai pubblici dipendenti.
Tremonti non ha ancora digerito l'applauso di tre minuti che ha accolto e fatto piangere Brunetta sull'orrendo palco della Fiera di Roma quando si è tenuta la Convention fondatrice del Popolo della Libertà. Come se non bastasse Giulietto è l'uomo che non ha speso una parola per il salvataggio dell'Alitalia, ha giocato di traverso per l'Expo di Milano e ha polemizzato con la Marcegaglia sui soldi per le imprese.
TREMONTI MARCEGAGLIAC'è quanto basta per mandarlo a casa, oppure per fargli capire che intorno a lui si è creato un vuoto di consenso che dovrebbe convincerlo ad alzarsi dalla scrivania di Quintino Sella. Ieri pomeriggio le voci di dimissioni, provocate dall'ultimo scontro sull'Abruzzo, si sono moltiplicate a dispetto della vaselina distribuita dal solito Bonaiuti che ad ogni spiffero ripete la litania delle "leggende metropolitane".
Ormai il caso Tremonti esiste e l'Uomo dai sensi sregolati di Palazzo Chigi non vede l'ora di togliersi di torno questo premio Nobel mancato che picchia sulla testa delle banche (come ha fatto ieri citando re Mida) e non ha una visione di sistema.
A papi-Silvio, che dietro la silhouette di Giulietto vede la volontà della Lega di alzare il prezzo, non manca l'alternativa. Se l'ex-tributarista di Sondrio lascerà la poltrona di via XX Settembre ci sono due carte da giocare. La prima è quella di Mario Draghi, il Governatore atermico che comunque rifiuterebbe qualsiasi incarico perché dopo il successo al G20 di Londra è considerato uno dei 50 uomini più potenti della terra. In queste ore Draghi sta lavorando con i colleghi dello Stability Board per preparare i 14 punti del documento del prossimo G8 in Abruzzo, e nessuna "vergine" della politica potrebbe allontanarlo da un incarico internazionale.
CORRADO PASSERA CON GIOVANNA SALZA - Copyright PizziLa seconda carta è più plausibile e porta il nome di Corradino Passera, il banchiere che insieme a Cesarone Geronzi è entrato nei sensi sregolati di Berlusconi dopo il salvataggio dell'Alitalia. Il capo di BancaIntesa sale con assiduità le scale di Palazzo Chigi e si dichiara disponibile a una nuova edizione del Piano Fenice per salvare la Fiat. Non è un uomo barocco e nemmeno mistico, gli piace la concretezza e non disdegna la bellezza, non predica l'assoluto e il primato della ragione, non ha le bolle rosse sul viso e non cita la Bibbia (quella la lascia al suo presidente Abramo-Bazoli).
Se Tremonti butterà la spugna è l'uomo giusto per risollevare il morale del Sultano.
2 - Marpionne A LUCA: Che Ci Fa 'La Stampa' IN Fiat? Se La ComprIno Gli Agnelli Con I Loro Soldi - JAKY MEDIA: TRE ANNI A CALABRESI PER ANDARE IN PAREGGIO
Mentre Sergio Marpionne vola su Marte per creare il più grande mostro mai visto nella storia dell'automobile, Luchino di Montezemolo si tiene attaccato all'italianità che lo ha fatto un campione del made in Italy.
Anche ieri sera a "Ballarò" il ragazzo dei Parioli ha dichiarato il suo amore per il Paese e con tempestività non casuale ha rivelato di aver fatto un pensierino per la politica. "Lo dico forte e chiaro - ha esclamato Luchino - la Fiat è italianocentrica", e le sue parole sono risuonate come una sfida sottile a chi vuole portare il cuore dell'automobile a Detroit e a Berlino facendo pagare il prezzo alle banche e agli operai.
Ma c'è di più, perché Montezemolone ha finalmente rivelato ciò che Dagospia nella sua infinita miseria ha scritto un anno fa quando ha annunciato l'intenzione di creare "Italia Futura", un think-tank "un po' all'americana" di giovani talenti che dovrebbe selezionare una nuova classe dirigente fuori dalla logica dei partiti.
Tanta attenzione per l'Italia porta Luchino a considerare anche il ruolo e il futuro del quotidiano "La Stampa" che dal 1920 appartiene alla Sacra Famiglia degli Agnelli. Sul giornale torinese le opinioni al vertice della Fiat sono spaccate. Per il planetario Marpionne che vola su Marte con il pullover sgualcito la proprietà del giornale è fuori dal perimetro industriale. La sua vision è "globale" e la sua mission (per usare i termini cari ai manager che non leggono un libro) è di creare una public company dove le famiglie cedono il passo ai manager. Ed è questa l'opinione che ha espresso in un incontro avvenuto pochi giorni fa a Torino con Luchino di Montezemolo e il giovane Yaki.
Elkann Montezemolo MarchionneSenza peli sulla lingua Marpionne ha detto: se credete che "la Stampa" sia utile e debba continuare a restare come la Juventus un fiore all'occhiello, non ho nulla in contrario, ma vi chiedo: perché non esce dal perimetro Fiat e se la comprano gli Agnelli con i loro soldi?
Anche se l'opinione di Marpionne era nota da tempo l'interrogativo è calato come una lastra di ghiaccio. Per lui il quotidiano fondato nel 1867 con il motto "frangar non flectar" è una zavorra che pesa per 50 milioni di euro sul bilancio della Fiat, e comunque non è un giornale internazionale all'altezza del "Wall Street Journal" e del "Financial Times", gli unici quotidiani che l'uomo dai tre passaporti legge al mattino.
Nell'incontro di Torino Montezemolo, che difende l'italianità e non ha allontanato l'idea di fare politica, ha difeso le sue ragioni con vigore e con le stesse proposizioni ripetute ieri sera davanti all'esile Floris. Alla fine è stato Yaki a tirar fuori dal marsupio la sua faccina da canguro e a proporre una mediazione.
Ha chiamato il neodirettore della "Stampa" Mario Calabresi e gli ha detto: hai tempo tre anni per raggiungere il pareggio. Se entro questo tempo i risultati non torneranno, il giornale sarà venduto!
(Domandina finale: tra tre anni chi sarà ancora in piedi tra Marpionne, Luchino, Yaki e la Fiat?)
3 - UN MANAGER AD ASSOLOMBADA (E GLI IMPRENDITORI?)
Ai piani alti di Confindustria c'è sconcerto per la nomina di Alberto Meomartini al vertice di Assolombarda.
Fino all'ultimo la battaglia per conquistare la più potente associazione degli imprenditori è stata contrastata e l'ex-Reviglio-boy, imbolsito dagli anni e dalla pinguedine, l'ha spuntata per 48 voti sul presidente dei giovani, Alessandro Spada, che era favorito alla vigilia.
Le perplessità in Confindustria nascono dal fatto che con questa nomina si è creato un precedente anomalo. Meomartini infatti non è un imprenditore, ma un manager ex-socialista che appartiene all'area delle imprese pubbliche. Non a caso il più felice per la sua nomina è Paoletto Scaroni, il presidente dell'Eni che gli ha tirato la volata e che sta pensando al suo futuro quando dovrà scendere dal cane a sei zampe dell'energia.
L'occupazione militare delle grandi imprese pubbliche in Confindustria è cominciata e oltre alla partita di Assolombarda adesso Paoletto guarda a quella di Venezia dove tra poche settimane si deve eleggere il successore di Antonio Favrin, l'ingegnere ex-presidente di Marzotto e di Jolly Hotel.
Ora i grandi gruppi pubblici (Enel, Eni, Fincantieri, Trenitalia) si sono schierati per sostenere un altro manager che si chiama Enrico Marchi. Costui è un bocconiano che dopo un'esperienza nella finanza dal 2000 presiede il consiglio di amministrazione di Save, la società che gestisce l'aeroporto di Venezia. L'anno scorso i consiglieri dell'aeroporto "Marco Polo", gli hanno dato un premio di 2,2 milioni di euro per i risultati ottenuti nel 2007.
Di Marchi si sa che è un uomo vicino a quel "simpaticone" del governatore Galan e a Giovanni Perissinotto, l'amministratore delegato della Generali destinato all'uscita.
Si sa anche che Marchi alla Save ha litigato con tutti i soci ad eccezione della Regione Veneto e degli altri enti locali, mentre ora è in conflitto con i Benetton che difendono l'autonomia degli industriali di Treviso contro quelli di Venezia. Anche la piccola e media impresa veneziana si è messa di traverso con Paolo Trovò, un giovinotto dai capelli lunghi che si oppone all'invasione delle imprese pubbliche in Confindustria.
Il timore per la nomina di Enrico Marchi è legato ai progetti di spartizione politica delle aree (in particolare quelle di Porto Marghera) che scatterebbe con il tandem Marchi-Galan.
Per la Marcegaglia comunque la nomina di due manager, Meomartini e Marchi, è una patata bollente che farà discutere.
4 - TELECOM FANTASY
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che la fusione tra TelecomItalia e Telefonica fa molto discutere e lievitare il titolo in Borsa.
Oggi sul "Corriere della Sera", Massimo Mucchetti, l'editorialista più vicino a BancaIntesa, sostiene che per Mediobanca, Generali, IntesaSanPaolo e Benetton l'operazione comporterebbe un sacrificio contenuto e nessun esborso.
A Milano intanto qualcuno insiste a dire che il progetto di Franchino Bernabè esiste ed è stato curato da Morgan Stanley. Fantasie?".