Estratto dell’articolo di Mario Deaglio per “la Stampa”
A leggere i dati sull'andamento delle economie dell'Unione Europea si ha l'impressione che i vari paesi membri siano impegnati in una gara di corsa di 100 metri: ogni decimo di secondo conta.
Il Pil francese è cresciuto dello 0,9 per cento nel 2023? Questo ci dà l'impressione che i francesi si siano slanciati in una ripresa che l'Italia, cresciuta appena dello 0,7 per cento, non riesce ad agguantare stabilmente. E che dire del –0, 3 per cento della Germania? Forse, dietro le apparenze di un paese ordinato e ricco, si cela la prospettiva di una "crisi nera", che potrebbe coinvolgere anche noi?
Gli spagnoli, al contrario, sembrano veramente degli assi: nel 2023 hanno totalizzato una crescita del 2,5 per cento, ossia più del doppio delle previsioni ufficiali che si fermavano a poco più dell'1 per cento. Il tutto, per di più, in una situazione politica incerta con un governo confermato che però, come quelli di altri Paesi, risulta "bloccato".
In realtà la gara alla quale stiamo partecipando […] è […] un tracciato da percorrere in decenni e quindi questi dati […] dicono assai poco sull'esito finale. Come se domenica scorsa avessimo giudicato Jannik Sinner, nel "match" contro Daniil Medvedev, sulla base dei primi due set, perduti entrambi dal nostro atleta per 3-6, mentre poi il risultato finale si è capovolto.
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Per di più, le misure dell'economia non sono mai precise: un valore preliminare di +0,7 per cento del Pil, come quello calcolato per l'Italia può facilmente trasformarsi in un valore finale compreso tra 0,5 e 1 per cento. Qualche anno fa, uno dei maggiori istituti internazionali di previsioni economiche attribuì all'Italia – all'inizio dell'anno – una crescita negativa ma poi il Paese concluse con un robusto risultato positivo.
Non è quindi il caso di strapparsi le vesti e neppure di tirar fuori una bottiglia per brindare: si tratta invece di riflettere su come sia possibile far meglio e sul perché […] l'Europa sembri come intirizzita.
Un esame sobrio della realtà induce a concludere che la "barchetta Italia", come un gran numero di altre "barchette" europee, riesce a stare a galla ma, in questi anni tempestosi, ha imbarcato molta acqua. Tutto sommato, nessuna sembra veramente correre il rischio di affondare ma tutte hanno difficoltà a seguire una direzione precisa, che si tratti della politica medio-orientale, dei rapporti con l'Africa, o del tipo di struttura economica che vogliamo realizzare tra vent'anni.
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Tutti i paesi europei devono affrontare problemi imprevisti, come la dura agitazione degli agricoltori francesi e di altri paesi, tutti devono constatare il peggioramento del livello di servizi pubblici come la sanità e l'istruzione. E soprattutto preoccupa l'acuirsi delle spaccature sociali, per cui sono sempre di più i giovani che partono nettamente svantaggiati nella corsa della vita.
In questa situazione, affidarsi alla variazione del Pil, un numero che dovrebbe sintetizzare tutto, può risultare non solo ingenuo ma anche piuttosto pericoloso. In ogni caso, anche questo numero mostra che dopo aver recuperato piuttosto bene le cadute dei tre "trimestri del Covid" – dalla fine del 2019 alla metà del 2020 – la nostra velocità di crescita è rapidamente declinata e questo soprattutto per la debolezza della domanda interna, a cominciare dagli investimenti. Dobbiamo toglierci da questa situazione. Sinner potrebbe insegnarci qualcosa.
RECESSIONE 1 europa - stagnazione