Francesco Bonazzi per Il Fatto
bonazziHa avuto il guizzo del campione, capace di dare il meglio di sè quando sembra chiuso in un angolo. E' quello che giovedì si sono detti alcuni dei più eminenti banchieri cattolici, quando hanno visto entrare nei saloni della Veneranda Biblioteca ambrosiana la sagoma da ex cestista di Corrado Passera.
CORRADO PASSERA GIOVANNA SALZACorrado Passera e Alessandro ProfumoIl capo azienda di Intesa-Sanpaolo ha voluto farsi vedere a braccetto del suo presidente, Giovanni Bazoli, proprio di fronte al "sinedrio" della Fondazione Centesimus Annus. Una contiguità fisica, più da Palazzo romano che da finanza milanese, quella ostentata da Passera con Bazoli, per mostrare anche plasticamente che ai piani alti della Ca' de Sass si fila d'amore e d'accordo.
Gruppo zuninoEppure molti elementi di fatto cominciano a dire che forse la realtà è un po' diversa. Per Passera è alle porte l'autunno più caldo da quando è alla guida della prima banca italiana.
lap012 micheli ligresti zuninoLa battaglia tutta politica sui Tremonti-bond, la bomba a orologeria del possibile fallimento Zunino, il piccolo Vietnam rappresentato dall'operazione Cai-Alitalia e il redde rationem con gli azionisti torinesi della Compagna di San Paolo sono tutte spine che stanno diventando lame.
All'Ambrosiana, la presenza del laico Passera come relatore era prevista da tempo, ma l'enfasi che l'ex amministratore delegato di Espresso e Poste ha voluto mettere nel presentarsi come "uno di casa" non poteva sfuggire a quella quarantina di piissimi finanzieri.
Personaggi come Ettore Gotti Tedeschi, fresco presidente dello Ior, Carlo Fratta Pasini (Bpi), Giuseppe Guzzetti (Fondazione Cariplo), Roberto Mazzotta (ex Bpm), Aureliano Benedetti (Cassa Firenze) e Giovanni De Censi (Credito Valtellinese) sono tutti uomini cresciuti a banca e Curia.
Alessandro Profumo (Unicredit) e Corrado Passera (Intesa Sanpaolo)Contraddistinti da quella sensibilità spiccata per sfumature, simboli e liturgie, nella quale la Chiesa di Roma è maestra indiscussa da un paio di millenni. Ebbene, alla fine del dotto conclave sulle prospettive economiche del Paese, un banchiere di lungo corso si lascia scappare una battuta illuminante: "Abbiamo ascoltato il banchiere di sistema per eccellenza, ma è il sistema del quale è campione che sta cedendo".
Saranno le difficoltà di Silvio Berlusconi, che sulla fantasia di Passera ha costruito il gioco di prestigio del salvataggio di Alitalia e di AirOne in una nuova compagnia. Sarà la guerra sempre più evidente con il ministro Tremonti, che non si aspettava di ricevere lo schiaffo di vedersi respingere gli aiuti di Stato che portano il suo nome.
Sarà la forza crescente della Compagnia di San Paolo e degli Agnelli, che non dimenticano come fino a poco prima dell'arrivo di Marchionne c'è mancato poco che Passera scegliesse per loro perfino il direttore della "Stampa". Insomma, forse è proprio vero che il "sistema" del quale Passera si è eretto a banchiere di riferimento sta perdendo colpi.
LA GUERRA DEI BOND.
Prendiamo le ultime riunioni del consiglio di sorveglianza e del consiglio di gestione di Intesa-Sanpaolo, andate in scena il 30 settembre. In quella sede è passata la linea dura di Passera sui Tremonti-bond, con un "no" secco agli aiuti di Stato.
In consessi abituati all'unanimità più totale - almeno al momento del voto - si sono registrate tre astensioni di peso. Una è arrivata da Marcello Sala, rappresentante della Cariplo di Guzzetti e vicino alla Lega che più ama il ministro. E le altre due sono state quelle di Giuseppe Mazzarello e Pietro Garibaldi, espressione di quella Compagnia di San Paolo che ha nell'avvocato torinese Angelo Benessia il suo dominus indiscusso.
rong>Corrado Passera con Enrico SalzaGaribaldi, che è un giovane e brillante economista, ha esposto tutta una serie di considerazioni tecniche che avrebbero consigliato un rinvio o, quantomeno, una linea meno "antagonista" nei confronti di Tremonti.
Ma il problema vero, come racconta un consigliere che naturalmente chiede l'anonimato, sono proprio le regole di gestione: "Non si poteva che votare come ci ha chiesto Passera, perchè se ci si riduce all'ultimo minuto dell'ultimo giorno utile, è chiaro che la discussione risulta accademica".
GAETANO MICCICHE'IL PROBLEMA DELLE DELEGHE.
Già, più che i rapporti con i soci torinesi, che sono diventati il primo azionista con il 10 per cento e chiedono di contare di più, il problema ai vertici di Intesa sembra essere quello dei poteri del management.
Dopo la traumatica uscita di Pietro Modiano, avvenuta a fine gennaio, Passera ha mantenuto per sè tutte le deleghe principali e oggi ha in Francesco Micheli e Gaetano Miccichè i suoi uomini più fidati.
Alessandro Pagano e Francesco De Micheli - Copyright PizziMicheli guida le banche del gruppo e viene dalle Poste, dove aveva gestito la ristrutturazione del personale e la vendita degli immobili. In queste settimane gira voce di un suo ridimensionamento, proprio in chiave di indebolimento di Passera.
Sui giornali è rimbalzato anche il nome di un suo probabile collega-successore, Fabio Gallia. Ma la partita è più delicata e non si può ridurre a un toto-nomine che nelle segrete stanze di Milano e di Torino appare prematuro.
Rocco Sabelli e Roberto ColaninnoE il motivo è proprio quello che è emerso a margine del voto sui bond tremontiani: le regole. Una battuta che circola in zona Cariplo lo riassume bene: "In questo momento si potrebbe anche chiedere a Passera di assumere Mario Draghi come direttore generale, e lui accetterebbe senza problemi. Tanto, con la governance di oggi, non farebbe toccar palla neppure a lui". Insomma, quello dei nomi sarebbe un falso problema; il nodo vero sono i poteri. E di quello si discuterà nei prossimi mesi.
LA VORAGINE ZUNINO.
Ben più vicino è lo scoglio del possibile fallimento della Risanamento, la holding del costruttore Luigi Zunino che sta annegando sotto il peso di oltre tre miliardi di debiti. Intesa ne è il primo creditore, gli uomini di Miccichè sono stati i grandi mallevatori del discusso finanziere piemontese e il 15 ottobre si saprà se il Tribunale di Milano accoglierà o meno la richiesta di fallimento presentata dalla Procura.
Se il Tribunale scegliesse la linea dura, non sarebbe solo uno smacco per i progetti della nuova grandeur meneghina su Expo e dintorni, ma sarebbe la vera Caporetto delle prime cinque banche italiane, che sulla roulette Zunino hanno puntato centinaia di milioni. La sola Intesa è esposta per 650 milioni, in pole position assoluta.
Rocco Sabelli e Roberto ColaninnoVOLO ESTREMO.
Secondo quanto risulta al "Fatto Quotidiano", tuttavia, sarebbe il pasticcio della Cai il tappeto più scivoloso per Passera. La "nuova" compagnia di bandiera, inventata dal banchiere comasco fondendo AirOne (discreto debitore di Intesa) con quel che restava di Alitalia, non è mai davvero decollata.
Parte dei sedicenti Capitani coraggiosi che vi erano saliti a bordo per non dispiacere a Berlusconi, o sono già scesi (Marcegaglia), o stanno per farlo. L'estate di Cai è stata all'insegna dei disservizi, anche i risultati economici sono in pesante ritardo rispetto ai piani presentati da Roberto Colaninno e il socio Air France non fa mistero della propria preoccupazione.
In particolare, a Parigi come tra i grandi industriali coinvolti da Passera, monta l'insoddisfazione per l'operato del capo azienda Rocco Sabelli, fortissimante voluto da Passera nonostante le perplessità di Colaninno.
TREMONTI E BERLUSCONIE l'aver mollato Malpensa al suo destino ha messo in difficoltà la Lega e il Pdl del Nord, che al governo contano qualcosa e in Fodazione Cariplo anche di più. Anche qui, il conto potrebbe pagarlo Passera per tutti. L'aver giocato da "salvatore della Patria" che mette capitali, anziché da semplice banchiere che li presta, rischia di essere la pietra d'inciampo finale.
E chi conosce bene Bazoli, come i suoi colleghi della Centesimus Annus, non si stupirebbe più di tanto se l'ultima missione del banchiere bresciano dovesse essere di quelle che a un fervente e mite cattolico vengono meglio. Accompagnare alla porta il figlio prediletto senza che questo faccia scandalo. Se poi, là fuori, per Passera si dovesse spalancare un radioso futuro politico, il capolavoro bazoliano non ne sarebbe minimamente intaccato. Anzi.