1 – EX ILVA, INCHIESTA SULLE EMISSIONI: CARABINIERI IN AZIENDA
Estratto da www.adnkronos.com
Le emissioni dello stabilimento dell'ex Ilva di Taranto nel mirino della procura. Ieri, all'indomani "della nuova rottura tra Governo e Arcelor Mittal" sulla gestione dell'azienda, carabinieri del Nucleo Operativo ecologico di Lecce sono infatti tornati negli uffici e nelle sedi dell'impianto siderurgico "per dare seguito a un ordine di acquisizione di documenti relativi alle emissioni, in particolare in zona cokeria e rispetto al benzene, ma non solo, firmato dai pubblici ministero Mariano Buccoliero e Francesco Ciardo".
Lo scrive oggi la Gazzetta del Mezzogiorno, in un articolo firmato dal direttore Mimmo Mazza. I due magistrati sono titolari di una inchiesta "a carico di persone note - continua l'articolo - aperta nei confronti dei gestori dello stabilimento siderurgico di Taranto, per inquinamento ambientale e getto pericoloso di cose.
Sotto i riflettori sono finite le emissioni dal 2018 ad oggi, in pratica nel periodo di gestione di Arcelor Mittal. Da mesi le emissioni di benzene nell'atmosfera sono sotto osservazione: sia le autorità sanitarie, sia l'Arpa Puglia hanno evidenziato un aumento delle concentrazioni di questo gas inquinante. […]
2 – EX ILVA, MITTAL: «DA NOI INVESTITI 2 MILIARDI, ORA TOCCA ALLO STATO»
Estratto dell’articolo di Paolo Bricco per “Il Sole 24 Ore”
Era già tutto scritto. La posizione di Arcelor Mittal espressa lunedì nell’incontro con i ministri italiani era stata già formalizzata in una lettera inviata il 5 dicembre dell’anno scorso da Arcelor Mittal SA, 24-26 Boulevard d’Avranches, Luxembourg. Il documento riservato, che il Sole 24 Ore ha reperito, non è partito da Londra, dunque, il quartiere generale strategico del gruppo controllato dalla famiglia indiana Mittal. Ma dal Lussemburgo, la cassaforte del gruppo.
Perché le contestazioni contenute nella missiva indirizzata al ministro Raffaele Fitto – un mese prima che l’amministratore delegato del gruppo, Aditya Mittal, litigasse a Palazzo Chigi con metà del governo Meloni – hanno una forte connotazione finanziaria. Sia nella querelle sul futuro dell’ex Ilva, sia nella contestazione sul passato operata dal socio privato.
GIANCARLO GIORGETTI RAFFAELE FITTO
Per esempio, sulla questione dei 320 milioni di euro necessari per togliere Acciaierie d’Italia dalle secche della illiquidità, già si legge nella lettera di oltre un mese fa: «Siamo convinti che la parte di cassa necessaria a colmare il gap finanziario di breve termine dovrebbe essere fornita dalla parte pubblica, in modo da cominciare a ridurre il disequilibrio rispetto al nostro investimento e gli effetti pregiudizievoli della mancanza delle misure di sostegno».
Esattamente quanto ricostruito dalle cronache sull’incontro di ieri l’altro, quando Arcelor Mittal ha detto sì alla ipotesi che l’intero importo da 320 milioni di euro venisse fornito dal socio pubblico e, anche, alla conversione del vecchio finanziamento da 680 milioni in quote di capitale da parte di Invitalia. […]
[…] Sui soldi, la lettera esprime la convinzione che il socio privato abbia messo molto più denaro del socio pubblico. Una convinzione che, appunto, lunedì è stata alla base del no dei Mittal alla richiesta di partecipare a ulteriori aumenti di capitale, dopo la diluizione al 34%. Si legge infatti nella lettera: «Abbiamo investito in Acciaierie d’Italia in modo asimmetrico. Considerando il nostro investimento da 1,87 miliardi di euro nel capitale e l’importo dei crediti commerciali non pagati, la nostra esposizione finanziaria totale nei confronti di Acciaierie d’Italia supera i due miliardi di euro, quasi il doppio dell’investimento della parte pubblica di 1,08 miliardi».
[…] Molto, se non tutto, era già scritto nella lettera di un mese fa. Sul tema dei diritti di voto si legge: «Arcelor Mittal ha concesso a Invitalia una partecipazione iniziale del 38% e il controllo congiunto di Acciaierie d’Italia».
E, ieri, le fonti italiane prossime ad Arcelor Mittal lamentavano che «la proposta di Invitalia di funding e diluizione al 34% di Arcelor Mittal prevede anche la cessazione del controllo condiviso al 50% tra i due soci. Controllo condiviso del quale invece oggi beneficia Invitalia, detentrice del 38%. Arcelor Mittal si sarebbe aspettata invece di poter continuare a esercitare il ruolo di partner industriale di Invitalia, con il medesimo status di controllo al 50% anche a pesi azionari invertiti». Insomma, quasi una postilla alla lettera di oltre un mese fa.
3 – ACCIAIO COMMISSARIATO
Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo e Paolo Baroni per “la Stampa”
LAVORATORI EX ILVA SOTTO PALAZZO CHIGI
«Mettere in sicurezza l'ex Ilva e rilanciarla». È questo per il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso l'obiettivo del governo dopo la rottura di lunedì con ArcelorMittal e «dopo i disastri dei governi precedenti». Salvo nuovi colpi di scena la strada più probabile che verrà percorsa di qui ai prossimi giorni è quella di mettere in amministrazione straordinaria Acciaierie d'Italia, la società che 5 anni fa ha rilevato la gestione degli impianti.
[…] L'esecutivo ha anche già messo in conto che il commissariamento di AdI porterà ad un contenzioso. Guerra legale a cui i soci franco-indiani si stanno già preparando facendo sapere che in questi anni nell'ex Ilva hanno investito 1.870 milioni di euro in conto capitale e più di 200 milioni per acquisto di materie prime e altre garanzie commerciali, «mentre lo Stato italiano ha investito fino a ora 1.080 milioni».
Quanto al piano ambientale («portato a termine in linea con quanto previsto negli accordi di investimento») ha richiesto complessivamente circa 2 miliardi di euro, hanno precisato fonti del gruppo aggiungendo che «al momento dell'investimento di 400 milioni in AdI da parte di Invitalia (socio pubblico, ndr), pari al 38% della società, ArcelorMittal ha accettato di condividerne il controllo e la governance al 50% sulla base dell'impegno a erogare misure di supporto pubblico fino alla concorrenza di 2 miliardi di euro». Invece, si sottolinea, «a oggi, solo 350 milioni di misure pubbliche sono state erogate da Invitalia e dal governo italiano».
Il governo è già pronto a contestare questa lettura delle cifre, ma la precisazione di Arcelor non è di poco conto e rimanda ad una delle clausole «segrete» inserite a suo tempo dal governo Conte nell'accordo con il colosso indiano e in base alle quali al socio privato sarebbe spettato un indennizzo se l'eventuale insuccesso di AdI fosse dipeso da inadempienze del governo o del socio pubblico.
Fatte queste precisazioni, fonti di ArcelorMittal ieri sera hanno ribaltato buona parte delle affermazioni fatte lunedì pomeriggio al tavolo con i ministri, sostenendo non solo di essere favorevoli all'aumento di capitale da 320 milioni da parte di Invitalia accettando di scendere dal 62% al 34% del capitale, ma anche di essere pronti all'acquisizione (prevista entro maggio) degli impianti da Ilva in amministrazione straordinaria.
ArcelorMittal però pone una condizione ben precisa: quella di mantenere comunque un controllo condiviso della società nonostante l'inversione dei rapporti di forza, con l'obiettivo - sostengono dall'azienda - «di poter continuare a esercitare il ruolo di partner industriale di Invitalia, con il medesimo status di controllo al 50% anche a pesi azionari invertiti».
Esattamente uno dei punti su cui lunedì si è consumata la rottura con Invitalia che rivendicava proprio un cambio immediato di governance a fronte dell'aumento dal 38 al 66% delle sue quote.
[…]
Per mesi anche nel governo le linee sull'ex Ilva e su cosa fare per salvarla dal coma societario sono state due. Da una parte Urso, convinto che l'unica strada fosse la nazionalizzazione.
Dall'altra Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei e del Pnrr, pugliese, di casa a pochi passi da Taranto, che invece ha sempre sostenuto che l'azienda in mano allo Stato sarebbe stata una soluzione precaria, buona per un ritorno di immagine immediato, ma non risolutiva.
raffaele fitto foto di bacco (2)
Meloni alla fine si è affidata al secondo, forse un po' troppo ottimista sulle reali intenzioni di Arcelor, e ha lasciato a lui in mano il dossier, di fatto estromettendo Urso e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che ha il diretto controllo su Invitalia. […]
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