DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - IL SALE DELLA VITA E DELLA MORTE IN "SALT & SACRIFICE" PER PLAYSTATION, OPERA BIDIMENSIONALE SVILUPPATA DA DUE SOLE PERSONE E ISPIRATA ALLA RITMICA SPIETATA DI DARK SOULS, MA CON ELEMENTI ESTRAPOLATI DA CASTLEVANIA E MONSTER HUNTER. UN VIDEOGIOCO UTILE E POTENTE COME UNA CANZONE HEAVY METAL ASCOLTATA AL MASSIMO VOLUME PER METTERE A TACERE LA REALTÀ DURANTE QUALCHE ORA DI UN’EPICA ILLUSIONE D’EROISMO… - VIDEO

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Federico Ercole per Dagospia

 

SALT and SACRIFICE SALT and SACRIFICE

Sale e sacrificio sono connessi nella religione ebraica del Vecchio Testamento, laddove il composto chimico è inoltre simbolo del concordato tra umano e divino; “condirai con il sale ogni oblazione e non lascerai la tua oblazione priva di sale, segno del patto del tuo Dio, su tutte le offerte metterai del sale”, insiste Ezechiele nel Levitico.  Della mattanza di nemici e del nostro continuo sacrificio di giocatori più volte massacrati da ostilissime creature  non resta che una manciata di sale in Salt & Sacrifice, seguito e riuscita variazione di Salt & Sanctuary (2016) del quale amplifica la filosofia “salina” innestata di cupi elementi fantasy.

 

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Il sale come vita, il sale come morte. Salt & Sacrifice è un’opera realizzata da due sole persone, James Silva e Shane Lynch,  uscita per ora solo su Playstation; si tratta di un impressionante e persino colossale ibrido d’avventura in due dimensioni nel quale confluiscono ricordi di Castlevania e Metroid, di Monster Hunter e soprattutto di Dark Souls; un videogioco da esperire languendo in un’apatia ludica post Elden Ring, cercando un nuovo brivido di oscura, faticosa impresa con una tetra epopea virtuale balsamica e impegnativa che annulli per qualche ora, tramite la fuga nel fittizio e l’illusione di eroismo cavalleresco, i già eccessivi calori di una tarda primavera greve di innumerevoli e troppo concreti, plausibili, presagi apocalittici. L’impegno che richiede Salt & Sacrifice astrae e consola, cosa meschina forse, inutile e anche egoistica, eppure gratificante.

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Ecco dunque che si diviene Inquisitori condannati per un crimine a scelta del giocatore, dall’ubriachezza molesta alla blasfemia, e calati in un mondo dalle tinte grigie e diluite per dare la caccia a Maghi profanatori di chissà quale ordine comunque già malato e a tante altre categorie di mostri, armati di spade e incanti, memoria e coraggio.

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MINIMALISMO BIDIMENSIONALE

Da una zona franca posta tra colli rocciosi e inattaccabili, si viaggia per quattro regni più uno segreto e opzionale, varcando un portale runico. Borghi devastati, miniere, templi, deserti sulla cui sabbia vegetano immensi alberi quasi morti, paludi velenose, vette nevose e ventose, catacombe e ruderi. Gli spazi di gioco sono vari e vasti, tanto che chi gioca potrebbe rimpiangere una mappa per orientarsi meglio e appuntarvi i luoghi di interesse da raggiungere una volta ottenuti gli strumenti o le abilità adeguati. Si può essere tentati di autoprodurre una piantina disegnandola, attività utile e divertente che rimanda alla cartografia artigianale di Dungeons & Dragons. In ogni caso la navigazione dei livelli diventerà vieppiù immediata con la consuetudine.

 

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Non c’è nei panorami di Salt & Sacrifice quella potenza pittorica di altri giochi in due dimensioni, ma questi risultano comunque affascinati anche quando più spogli, alimentando una poesia dello squallore e dell’abbandono.  Eccellenti sono invece i modelli delle creature che compongono un ricco bestiario di abominii, alcuni dei quali davvero ostici da eliminare anche quando non si tratta di “boss”.

 

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Come in tutti i “Souls” perderemo tutto il sale guadagnato uccidendo i mostri , necessario per salire di livello, nel caso della nostra estinzione; avremo quindi una sola possibilità di recuperarlo nel luogo del decesso, ma se si muore durante il tragitto non rimarrà più nulla. Peccato che, in caso di caduta mortale in un baratro, il sale guadagnato non possa essere ritrovato sul ciglio ma nel fondo dell’abisso, rendendo ancora più difficile, quasi impossibile, il recupero. Un inutile sadismo.

 

Risulta interessante, anche se ermetica, la rara narrativa del videogioco, ispirata e inquietante soprattutto nei brevi dialoghi con i Maghi agonizzanti appena sconfitti.

 

MAGE HUNTER

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Curiosa e coraggiosa la volontà dei due autori di concepire una chimera in due dimensioni tra Dark Souls e Monster Hunter, due fenomeni così prossimi e lontani del videogioco giapponese. Se l’impalcatura ludica è soprattutto derivata dai “Souls” di Miyazaki, le tracce della serie venatoria di  Capcom sono più sfumate e sono percebili nei metodi di lotta contro i Maghi, nel potenziamento delle armi,  nella raccolta e fabbricazione delle risorse.

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Per annientare un mago, straziandogli infine il cuore,  si devono seguire le sue scie malefiche nel corso del livello, combattendolo insieme ai suoi sgherri. Solo dopo un lungo viaggio e numerosi incontri sarà possibile eliminare il magico nemico definitivamente. Può capitare che il Mago inseguito sia attaccato anche da altri nemici, ma ciò avviene in maniera assai meno utile e spettacolare che in Monster Hunter, favorendo invece una fastidiosa confusione. Malgrado la caccia ai Maghi sia relativamente opzionale, risulta necessaria e comunque molto divertente se si desidera godere di Salt & Sacrifice nella sua interezza e ottenere i materiali per trasformare le proprie armi in oggetti d’offesa micidiali.

 

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Ancora più appassionante di Salt & Sanctuary, sebbene ci sia qualche rara caduta di stile dimenticabile nel fiume dell’azione ed esplorazione, Salt & Sanctuary è senza dubbio un videogioco più sperimentale e ambizioso del suo comunque notevole predecessore, un’opera vasta e profonda che connette il giocatore ad un mondo decaduto e malato, assordante come una canzone heavy metal sparata al massimo volume con il fine di non sentire per qualche ora le parole belligeranti, i fieri proclami delle propagande, le urla terrorizzate e i sospiri sconsolati di un oggi macchiato di sangue e miseria.

 

 

 

 

 

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