Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Nicoletta Castagni per l’ANSA
Scultore, pittore, architetto, straordinario regista di macchine sceniche e di monumentali imprese urbanistiche, Gian Lorenzo Bernini, maestro universale, è al centro di una magnifica mostra allestita dall'1 novembre al 4 febbraio nelle sale della Galleria Borghese, che da sempre custodisce ben nove dei suoi più celebri (e inamovibili) capolavori. Dagli esordi con il padre Pietro ai gruppi marmorei borghesiani, dai bozzetti per i suoi più arditi progetti ai ritratti, scolpiti e dipinti, lo spettro creativo del Bernini è per la prima volta riproposto nella sua interezza, attraverso circa 80 opere, inediti confronti e restauri, a sottolineare la portata rivoluzionaria del suo linguaggio, che introduce nell'arte plastica l'armonia tra sentimento e movimento.
gabriella pescucci pierluigi pizzi milena canonero
''Una mostra del genere poteva essere allestita solo qui'', ha detto alla vernice per la stampa la direttrice della Galleria Borghese Anna Coliva (e curatrice con Andrea Bacchi), sottolineando come una simile impresa, ponderosa anche dal punto di vista economico (si pensi ai 150.000 euro di premi assicurativi, 500.000 euro per i trasporti e 62.000 per il restauro di Santa Bibiana), sia stata resa possibile dalla sponsorship triennale con Fendi e, in questa occasione, con Intesa San Paolo. 'Bernini' è del resto la realizzazione di un sogno, ha proseguito la Coliva, idealmente ricollegato all'esposizione che nel 1998 inaugurò la riapertura dopo un restauro infinito della Galleria.
pilar benito anna coliva aldo brachetti peretti
In quella occasione, l'obiettivo era la nascita del Barocco in Casa Borghese, vale a dire le commesse del cardinal Scipione al giovane scultore (che con il padre aveva già decorato il parco della Villa) per i celeberrimi gruppi marmorei, in cui Bernini si confrontava con l'antico e la sua dimensionalità e dava vita a un linguaggio plastico nuovo e dinamico. Ora, ha aggiunto la direttrice, al Bernini scultore si affianca la grandezza della sua pittura, ma soprattutto il suo ruolo di 'regista' nella ideazione e realizzazione degli straordinari progetti architettonici voluti da papa Urbano VIII.
gli ambasciatori antonio zanardi landi e umberto vattani
Nella sua lunga carriera, il maestro lavorò sotto ben nove pontefici, ognuno con un progetto culturale proprio per la Roma del '600, ma solo con il papa Barberini Gian Lorenzo assunse la sua completa identità di 'artista universale'. Urbano VIII voleva fare di lui ''il Michelangelo del suo tempo'' e per questo lo esortò a cimentarsi con la pittura, ma una volta chiamato a mettere mano agli imponenti cantieri che trasformarono il volto della città eterna, preferì affidare i cicli di affreschi a Pietro da Cortona, riservandosi il ruolo, oltreché di architetto e scultore, di regista.
Che in un ambito del tutto teatrale aveva già ricoperto per Scipione Borghese mettendo a punto per lui macchine spettacolari e straordinarie, a ribadire la natura teatrale della Villa. Un genio totale, dunque, che il percorso espositivo sottolinea in ogni sala, enfatizzando non solo i capolavori più conosciuti, ma proponendo gli esiti degli studi più recenti con l'inedito accostamento ad esempio dei due Crocifissi, uno dell'Escorial e l'altro di Toronto, o dei due busti di Cristo da Norfolk e da Roma.
Per non parlare della statua di Santa Bibiana, mai esposta in una mostra e appena restaurata, che in apertura del percorso si confronta con i marmi profani ideati per Scipione. Riposizionata secondo il punto di vista del Bernini, leggermente obliqua, accanto alla monumentale e nuda 'Verità svelata', dismette i panni sacri per mostrarsi quella che è, una ''ninfa antica''.
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