APP-RANZO! - UBER, AMAZON, GOOGLE E I BIG DELLA SILICON VALLEY PUNTANO AL CIBO A DOMICILIO TRAMITE APP: PRODOTTI A KILOMETRO ZERO E REGIONALI - MA C'È IL PROBLEMA DEI COSTI DI CONSEGNA, TROPPO ALTI
Jaime D'Alessandro per "La Repubblica"
I giganti del web si mettono a tavola. E lo fanno letteralmente puntando al mercato alimentare dei prodotti freschi. La spesa per il cibo vale l’11 per cento del portafoglio delle famiglie americane e altrove, come in Italia, la percentuale sale. Ma soprattutto è un mondo vergine, pieno di opportunità, che nella Silicon Valley non hanno mai toccato. E così Uber, l’app che ha fatto infuriare i tassisti di mezzo mondo, ha deciso di lanciarsi nella ristorazione.
A Santa Monica, in California, consegna pasti in tempi record: 10 minuti. Menu a 12 dollari con piatti del giorno firmati da noti chef della città e senza spese di spedizione. L’esperimento è cominciato due giorni fa e andrà avanti fino al 5 settembre con probabile prolungamento. È solo l’ultimo episodio di una escalation iniziata in sordina a Seattle con Amazon Fresh.
Oggi questo servizio permette di acquistare in giornata, da un catalogo di mezzo milione di prodotti, anche pietanze fresche, biologiche e a chilometro zero. Da Seattle a Los Angeles e a San Francisco il passo è stato breve. Google Shopping Express è arrivato qualche mese fa e funziona in maniera simile, solo che si basa su accordi con i negozianti locali.
Partito da San Francisco, ora è disponibile a New York e Los Angeles con un sistema di consegne rapide (e dall’8 agosto ci sono anche i libri di Barnes & Noble in chiave anti Amazon). La stessa Uber infine, ma stavolta a Washington, sempre da agosto sta sperimentando The Corner Store: consegna garantita entro la giornata, potendo ordinare da un paniere di circa 100 prodotti.
«È un settore complesso », spiega Riccardo Mangiaracina, del Politecnico di Milano, che ha un osservatorio indipendente sul commercio elettronico. «Finché si tratta di spedire un pacco di pasta non è un problema. Ma piatti e cibi freschi richiedono una capacità organizzativa non indifferente ». Ecco perché i giganti del web, quando si tratta di frutta e verdura, diventano locali.
Un ossimoro, in apparenza. «Tutti pensano a queste aziende come ad entità sovranazionali che operano a distanza», prosegue Mangiaracina. «In realtà essere efficienti e quindi capaci anche di portarti a casa il pane appena sfornato significa ragionare in maniera regionale».
Eccezion fatta per Esselunga, che opera in alcune zone del Nord, e realtà interessanti ma minori come Smartfood e Cortilia, finora in Italia quello del cibo fresco è un settore enorme rimasto ai margini del commercio elettronico. E se spendiamo per fare la spesa circa il 25 percento circa di quello che guadagniamo, online acquistiamo prodotti alimentari procapite per appena due euro l’anno. In Inghilterra arrivano a 137, negli Stati Uniti a 35.
È il settore fanalino di coda dell’e-commerce ma il giro d’affari ha un margine di crescita esponenziale. Se ti fidi di un marchio, online puoi ordinare di tutto, compreso del pesce fresco preso all’amo. Lo ha dimostrato Amazon con la vendita di gioielli e pietre preziose che nessuno pensava avrebbe funzionato. E ora è il turno del cibo.
«Il problema è sostenere i costi della consegna nel cosiddetto ultimo miglio», ha commentato l’analista Stephen Mader della Kantar Consultancy. «Arrivare al portone di casa». Ma una volta trovato il sistema, sfruttando una rete di distribuzione già esistente, allora tutto diventa possibile. Anche consegnare del latte biologico munto di fresco.