ANCHE LA GERMANIA HA GLI EVASORI: LE BANCHE! – LE PROCURE DI COLONIA, FRANCOFORTE E MONACO DI BAVIERA INDAGANO SU UNA MAXI FRODE DA 55 MILIARDI DI EURO – COINVOLTE SANTANDER, DEUTSCHE BANK E ANCHE LA FILIALE TEDESCA DI UNICREDIT: LA TRUFFA SI BASAVA SU UN SOFISTICATO TRAFFICO DI AZIONI CHE VENIVANO TRASFERITE A TEMPO DI RECORD E POI… – L’INCHIESTA “CUMEX FILES” – VIDEO
Chiara Merico per “la Verità”
Sarebbe costata la cifra monstre di 55 miliardi di euro in 15 anni, tutti sottratti all' erario di diversi Stati europei, la maxi frode sui dividendi organizzata da una rete finanziaria con ramificazioni in tutto il mondo e svelata ieri da un' inchiesta realizzata da un consorzio di 18 media del Vecchio continente.
A indagare sulla truffa sarebbero stati i magistrati delle Procure tedesche di Colonia - specializzata in reati fiscali internazionali - Francoforte e Monaco di Baviera: il meccanismo della frode giocherebbe sulla riscossione dei dividendi da parte degli azionisti di varie società, e sui metodi illeciti usati per non pagare le imposte.
Intrecci
Secondo l' inchiesta, chiamata Cumex files, sarebbe infatti stata orchestrata un' enorme evasione fiscale basata su un traffico sofisticato di azioni attraverso il trasferimento a tempo di record di queste ultime tra diversi proprietari esteri: in questo modo gli Stati europei non sarebbero riusciti a individuare i veri detentori e avrebbero così rimborsato più volte le tasse sugli stessi dividendi.
Ogni volta che una società distribuisce dividendi agli azionisti, infatti, gli Stati impongono di pagare un' imposta che va dal 15% al 30%; ma i residenti in Paesi esteri possono godere di rimborsi in base alle convenzioni siglate tra le varie nazioni.
In quella che è stata definita «la più grande inchiesta per frode del dopoguerra in Germania» sono coinvolti i nomi di grandi banche internazionali. Come la spagnola Santander, sulla quale i magistrati di Colonia, come riferisce Reuters, hanno aperto un fascicolo a inizio estate: a quanto emerso, lo scorso giugno gli inquirenti avrebbero mandato ai legali dell' istituto una lettera in cui esponevano i loro sospetti riguardo a «operazioni» che la banca spagnola avrebbe «progettato ed eseguito» e che avrebbero facilitato un'«importante evasione fiscale» tra il 2007 e il 2011.
Un portavoce di Santander ha risposto che la banca sta «cooperando pienamente» con le autorità tedesche e che ha avviato un' indagine interna, in base alla quale, «se emergeranno comportamenti inappropriati, verranno presi gli opportuni provvedimenti».
L' indagine della Procura di Colonia, avviata nel 2013, ha avuto una rapida accelerazione negli ultimi mesi grazie anche alle rivelazioni di sei persone coinvolte nelle operazioni illegali.
I modelli usati dagli istituti coinvolti, secondo gli inquirenti, erano studiati in modo tale da generare rimborsi multipli. A titolo di esempio, se una delle banche coinvolte decideva di vendere a un altro soggetto (come un fondo pensione) una quota azionaria di un' azienda prima del pagamento dei dividendi, portava a termine l' operazione dopo la riscossione della cedola.
Così entrambi i soggetti, la banca e il fondo pensione, presentavano richiesta di rimborso delle imposte. A volte, secondo quanto acclarato dalla magistratura, le banche vendevano azioni che non possedevano, tramite la pratica nota come short selling.
I titoli in questione venivano poi scambiati rapidamente tra diversi istituti, investitori e fondi hedge per dare l' impressione che fossero posseduti da diversi proprietari. I profitti illeciti venivano poi divisi.
I magistrati di Colonia avrebbero trovato «concrete evidenze» che Santander, insieme con la sua controllata britannica Abbey national treasury services, abbia agito da short seller; inoltre, tre fondi pensione avrebbero usato prestiti concessi dalla banca australiana Macquarie per acquistare la loro parte di titoli.
Da parte sua, Macquarie ha dichiarato di voler «continuare a collaborare» con le autorità tedesche», precisando di «aver già risolto le due problematiche relative ai dividendi che si sono manifestate tra il 2006 e il 2009».
Ricorso
Tra i nomi coinvolti ci sono anche quello della branca tedesca di Unicredit e di Deutsche bank. Un portavoce dell' istituto guidato da Jean Pierre Mustier ha confermato che la divisione tedesca - Unicredit bank ag - ha partecipato alle operazioni di cumex trading, precisando però che ogni operazione del genere è cessata e che il supervisory board della controllata ha presentato ricorso per risarcimento contro tre ex componenti del consiglio di gestione, oltre ad aver avviato indagini penali per accertare se alcuni dipendenti in Germania abbiano o meno commesso reati fiscali.
Per quanto riguarda Deutsche bank, invece, un portavoce ha fatto sapere che l' istituto, pur non avendo partecipato direttamente alle operazioni, è stato «coinvolto in alcune transazioni cumex effettuate da suoi clienti», precisando di aver avviato una collaborazione con le autorità.