QUELLA LIBIDINE DI DE BENEDETTI – LA SFRENATA PASSIONE DELL’INGEGNERE A SCOMMETTERE IN BORSA, FAVORITA ANCHE DALLE SUE FREQUENTAZIONE CON I PALAZZI ROMANI – LA “ROMED”, IL SUO BRACCIO OPERATIVO, HA GUADAGNATO 37 MILIONI: IL 50% IN PIU’ RISPETTO ALL’ANNO PRIMA – IL CASO DELLE BANCHE POPOLARI
Fabio Pavesi per La Verità
Agli atti per ora ci sono le dichiarazioni del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, che ha rivelato alla commissione d' inchiesta sulle banche che ci furono dei colloqui tra Carlo De Benedetti e Bankitalia, nonché con l' ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, pochi giorni prima del via libera al decreto sulle Popolari, datato 20 gennaio del 2015.
Lo stesso Vegas ha però aggiunto che l' istruttoria avviata dalla stessa Authority ha portato all' archiviazione sia per Renzi sia per De Benedetti. Anche la Procura di Roma ha precisato che nessun procedimento è stato avviato nei confronti di entrambi. Fin qui la cronache di queste giornate convulse, e del retroscena mai chiarito su chi abbia speculato sulle banche Popolari prima della notizia del decreto del governo.
Quel balzo del 60% di Banca Etruria, tra volumi intensi concentrati in poche sedute, non è passato inosservato. Non erano certo i piccoli soci a muoversi sul titolo, ma mani forti, dato che l' amplissimo flottante ha bisogno di volumi alti per far salire il prezzo verso l' alto con tanta veemenza. Tra queste mani forti continua ad aleggiare il sospetto che siano proprio state quelle di Carlo De Benedetti a muoversi con grande tempismo.
GIULIANO PISAPIA CARLO DE BENEDETTI
In favore di questo punto di vista depone quell' intercettazione della Guardia di finanza nella quale l' Ingegnere ordina, il 16 gennaio 2015 (il venerdì prima dell' approvazione del decreto), a Intermonte Sim l' acquisto di titoli delle Popolari che sarebbero state rivendute subito dopo fruttando una plusvalenza in pochi giorni. Va detto che anche in questo caso l' indagine che coinvolse Intermonte è finita con un' archiviazione.
Resta il fatto che l' anziano patriarca dei De Benedetti non è nuovo alle scorribande borsistiche. L' ex editore di Repubblica, che ha creato un impero industriale che si allunga da Cofide e Cir fino al gruppo L' Espresso, a Sogefi e alla sanità privata e, fino al 2015, alla disastrosa avventura in Sorgenia, ha sempre coltivato la passione, tutta finanziaria, per la Borsa. Fin da giovane. L' Ingegnere, infatti, ha sempre amato la finanza e l' azzardo della scommessa al rischio.
Tutto lecito, per carità. Ma quella passione potrebbe averlo spinto oltre, nella caccia a informazioni privilegiate. Tanto più dall' alto delle sue frequentazioni abituali con il Potere. Supposizioni ovviamente. Sta di fatto che uno come Carlo De Benedetti ha strumenti e competenze tali da non soffrire di asimmetrie informative, come il più classico dei piccoli cassettisti. Quella passione per il mordi e fuggi sui mercati è tra l' altro più che redditizia a guardare i conti della sua holding personale, la Romed, dalla quale attinge le risorse per comprare e vendere titoli e coltivare la sua libidine per il trading.
La Romed possiede una serie di partecipazioni immobiliari in Francia (in venue de Montaigne a Parigi, in particolare, ma anche a Marbella, in Spagna) che ne costituiscono l' ossatura storica, ma per una buona metà del suo bilancio, la Romed vive di compravendite di titoli. L' Ingegnere compra e vende con assiduità sia titoli sia derivati di ogni genere: su indici, cambi, e ancora su titoli. Un vero giocatore di Borsa, anche acuto e fortunato nelle sue puntate.
Nel 2016 la Romed spa ha portato a casa 31,5 milioni di utili nel suo complesso. Ne fece oltre 36 nel 2015. Senza contare i ben 93,5 milioni di profitti del 2014. Un triennio straordinariamente ricco per l' Ingegnere. Le sole attività finanziare in pancia a Romed, che valevano 65 milioni nel 2015, sono salite a 94 milioni nel 2016, ultimo bilancio disponibile. E quel po' po' di denaro investito in titoli ha fruttato laute plusvalenze lungo tutto un triennio. La differenza si vede dall' approccio alla Borsa.
Nel 2014 i guadagni da trading a Piazza Affari sono assommati a 24 milioni, saliti a 37,5 milioni nel 2015 (l' anno della presunta speculazione sulle Popolari) e attestatisi a 12 milioni l' anno scorso. Giocare in Borsa rende bene al capostipite della famiglia De Benedetti. La passione per il rischio si nutre anche di ogni genere di derivato finanziario. Come una piccola banca d' affari, Carlo De Benedetti muove da solo derivati per 34 milioni. Scommette su future (un tipo di contratto a termine) e opzioni, sia sugli indici che sui cambi, che su singoli titoli.
CATTELAN PIAZZA AFFARI BORSA MILANO
Certo, lo fa con soldi suoi, in fondo Romed è ben capitalizzata con un patrimonio che supera ampiamente i 100 milioni. Ma per una parte consistente Carlo De Benedetti si indebita per le sue puntate borsistiche. I debiti con le banche nel 2016 erano vicine all' intero patrimonio: 123 milioni di prestiti. In fondo l' Ingegnere è uno degli uomini più solidi e garantiti d' Italia. Nessun rischio per gli istituti di credito a concedere finanziamenti al suo veicolo finanziario personale.
E qui però va in scena il vecchio copione secondo il quale le banche si garantiscono o dovrebbero farlo. Che vale per gli immobiliaristi rampanti con poco capitale, ma evidentemente vale anche per uno degli uomini più ricchi d' Italia. Di quei 123 milioni di crediti vantati dalle banche verso Romed, ben 80 milioni risultano garantiti da quei titoli azionari che De Benedetti compra e vende, sui quali le banche hanno iscritto pegni. Va bene la fiducia, ma meglio coprirsi le spalle. Anche con Carlo De Benedetti.