1. MENTRE UN RABBIOSO E SCORNATO DELLA VALLE A ‘’BALLARÒ’’ TIRA IN BALLO ANCORA “GLI ANZIANI BANCHIERI CHE GIRONZOLANO FACENDO FINTA CHE NON SIA ACCADUTO NULLA”, LA ROMA POTENTONA ACCORRE IN PELLEGRINAGGIO ALLA PRESENTAZIONE DI “CONFITEOR”, IL LIBRO-MEMORIE DI GERONZI SCRITTO CON MASSIMO MUCCHETTI 2. VALENTINO PARLATO DIVENTA TESTIMONIAL DELL’ECUMENISMO GERONZIANO: “SENZA BANCA DI ROMA ANCHE ‘’IL MANIFESTO’’ AVREBBE AVUTO DIFFICOLTÀ AD ANDARE AVANTI” 3. ALTRO TESTIMONIAL DELLA GERONTOCRAZIA, IL MAGO DALEMIX CHE DOPO AVER SISTEMATO MONTI (‘’NON CI SI DEVE SCANDALIZZARE CHE GOVERNI CHI VINCE LE ELEZIONI”) ACCUSA LE éLITE DI USARE I GIORNALI PER TENERE SOTTO SCOPA IL POTERE POLITICO
Video di Veronica Del Soldà per Dagospia
Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
Francesco Persili per Dagospia
â'Stai a ca' tua''. Vent'anni fa Confalonieri si affidò al dialetto milanese per manifestare a Berlusconi la sua contrarietà per la prima discesa in campo. E oggi che il Cavaliere si ricandida alla guida del Paese per la sesta volta? «Non dico niente, il silenzio è d'oro». âFidel' dribbla le domande sul ritorno di Silvio e si inerpica a passo svelto sulla scalinata per raggiungere l'Aula Magna del palazzo della Cancelleria.
Non poteva che essere il palazzo simbolo del potere romano - che è stato nei secoli dimora del cancelliere di Santa Romana Chiesa e sede della Assemblea Costituente ai tempi della Repubblica romana - il luogo scelto dal dominus del capitalismo manageriale all'ombra del Cupolone, Cesare Geronzi per officiare la presentazione del libro in forma di dialogo con Massimo Mucchetti, â'Confiteor'', chez Massimo D'Alema, Pellegrino Capaldo («la mente delle prime fusioni delle banche romane») e Fedele Confalonieri.
Il presidente Mediaset mena vanto di essere un appassionato di letteratura francese e avvicina il libro-intervista a Geronzi nientemeno che al genere memoir e a Saint-Simon. Non sparate sul pianista Fidel per questo accostamento, e non ricordategli nemmeno la vicenda del collocamento in Borsa di Mediaset: «Cuccia diceva che i bilanci Fininvest erano falsi? Tutte balle». Il "Confa" ricostruisce le fasi dell'operazione, la quotazione seguita da sei grandi banche nazionali, e l'acquisizione delle quote Mediaset da parte di tre grandi azionisti stranieri (il magnate dell'editoria tedesca, Leo Kirch, il billionaire sudafricano Johann Rupert, il principe saudita Al Walid).
A nulla valgono i tentativi di Mucchetti di ribadire che il tema dei bilanci Fininvest-Mediaset, soprattutto per quel che riguarda i diritti tv dei film, è stato oggetto di inchieste giudiziarie. Confalonieri contrattacca puntuto e sottolinea «l'errore di valutazione» da parte di Cuccia che mentre spuntavano le antenne lungo tutta la Penisola non comprese il cambio di modello in atto. Non era più tempo solo di opifici e ciminiere. Stava facendo la sua irruzione la società della comunicazione e il Biscione era «la rappresentazione del nuovo, l'equivalente di ciò che oggi sono Google e Facebook»: l'avvento della modernità .
Il nome del banchiere di Marino, oggi presidente della Fondazione Generali, è legato a doppio filo alla «grande trasformazione del sistema bancario italiano e alle prime vere operazioni di stabilizzazione del sistema». Dal miracolo di Capitalia («di tre banche, ne ha fatte una sòla»: la battuta cinica che Geronzi liquida nel libro come «leghismo all'amatriciana») all'ingresso nel salotto buono di Mediobanca, il Gero bifronte (che campeggia anche sulla copertina del libro) è stato raccontato come il banchiere di sistema - garante degli equilibri tra politica e mondo economico-finanziario - e l'eterno imputato.
Il Gran Signore dei Poteri Marci, secondo la vulgata antipatizzante che trova le sue punte di lancia nell'ad di Mediobanca Alberto Nagel, protagonista insieme «all'uomo della De Agostini» Lorenzo Pelliccioli («su mandato di Diego Della Valle») della âcongiura' che lo spinse a rassegnare le dimissioni dalla presidenza delle Assicurazioni Generali.
Malgrado il titolo del libro lascerebbe pensare a sottintesi penitenziali, la confessione della Geronzocrazia è «senza pentimento». Finanza e politica, informazione e gossip. à l'anatomia di 30 anni di potere, banche, affari quella che va in scena davanti ad una platea che è la summa della meglio Roma potentona.
In prima fila ci sono Caltagirone (che «era ed è il miglior imprenditore di Roma», secondo Geronzi, che lo aiutò ad acquistare il Messaggero) e Gianni Letta, il tessitor cortese («perché conosce tutti e con tutti intrattiene relazioni cordiali»). Non mancano i Malagò. Mentre quel galant homme di Giovannino fa il baciamano alle dame, il papà Vincenzo - nel passato anche vicepresidente della Roma - saluta affettuosamente un altro romanista doc, D'Alema: «Grande Massimo, come va?»
Qualche metro più in là l'occhio dei fratelli Vanzina esplora una realtà invero più divertente di ogni sua possibile rappresentazione comica. Per la serie âRieccolo' ci sono Diliberto e Mauro Masi anche se il gradino più alto del podio (e un posto in prima fila) è riservato a Franco Carraro (ex sindaco di Roma, presidente della FIGC, al vertice di Mediocredito centrale, la merchant bank di Capitalia quando l'istituto romano si ritrova ad essere quello più esposto nei confronti del sistema-calcio).
Alla voce nuovi sodalizi si incontrano Marco Mezzaroma e Antonello Piroso. Il grande Valentino Parlato diventa testimonial a sua insaputa dell'ecumenismo geronziano dopo le parole di Mucchetti («senza Banca di Roma e Capitalia anche il Manifesto avrebbe avuto difficoltà ad andare avanti»), mentre il terzismo ipermontiano trova il suo alfiere di giornata in Ernesto Auci, esponente del movimento Indipendenti per l'Italia in orbita montezemoliana. «Spero che Monti prenda la testa del rassemblement centrista e che - in considerazione della legge elettorale - si possa organizzare presto anche tatticamente il campo dei moderati per conquistare la maggioranza».
Schermaglie. Pellegrino Capaldo ricorda il maestro di Geronzi, Guido Carli, e riflette sul ruolo del banchiere di sistema che si trova a svolgere «una funzione di supplenza» quando la politica è assente. Un assist perfetto per il Lider Massimo che guarda oltre Monti: «Non ho nessuna ostilità verso il Professore e il suo governo ma, dopo questa esperienza, è giusto che la politica torni a guidare il Paese».
D'Alema rilancia «sul rispetto delle istituzioni democratiche» che accomunava Cuccia e Geronzi in una visione responsabile del futuro del Paese e accusa le èlite oggi di usare i giornali per tenere sotto scopa il potere politico: «In Italia - prosegue il presidente del Copasir - il conflitto di interessi è una regola. L'intreccio tra potere politico, economico e mediatico è un tratto generale di cui Berlusconi rappresenta solo l'esempio più evidente». E ricorda: «ai tempi della Bicamerale proponemmo di affidare alla Corte Costituzionale il giudizio sulle incompatibilità e io incaricai il sottosegretario Passigli di cercare di rendere più stringente la legge sul conflitto appena varata. Ma il tema del conflitto di interessi è ancora di fronte a noi e dovremo occuparcene».
Sulle critiche al suo governo all'epoca dell'Opa Telecom di Colaninno, l'ex presidente del Consiglio è ancora più tranchant: «Credo che Guido Rossi si sia pentito di aver definito, con una battuta rabbiosa, Palazzo Chigi una merchant bank, visto che lui non era un giudice terzo ma una parte in causa perché aveva architettato la privatizzazione basata sullo 0,6% in mano a Fiat». D'Alema fiuta aria di campagna elettorale ed elenca la legge di ristrutturazione del sistema bancario e gli «elementi di modernizzazione di quella Amato definì una foresta pietrificata» introdotti dal centrosinistra: «Abbiamo governato con Ciampi e Padoa Schioppa mica con Lotta Continua...»
Ogni riferimento alle èlite «che si ritengono unte dal Signore» non è casuale e serve al Lider Massimo a ribadire che «non ci si deve scandalizzare che governi chi vince le elezioni». C'è spazio anche per un tributo a Giulio Andreotti che, tifosissimo della Roma, chiese a Geronzi di sponsorizzare la Lazio. «Prima siamo romani e poi romanisti», ricordò il Divo Giulio al banchiere di Marino. «Ecco un grande politico che faceva prevalere l'interesse generale anche sulle sue passioni tifose - chiosa l'ex premier - ecco perché Andreotti ha governato per cinquant'anni».
Prima e seconda Repubblica. «Geronzi è un taxi che conserva sempre la ricevuta», la battuta dal retrogusto andreottiano riferita nel libro da Paolo Cirino Pomicino. Politica e finanza. L'allievo di Guido Carli sempre al centro di un potere che passa dal Craxi-Andreotti-Forlani alla scommessa Berlusconi. Mentre Confalonieri guarda l'orologio e vede allontanarsi il Simon Boccanegra al teatro dell'Opera, Geronzi ricorda la sua lunga amicizia con il Cavaliere: «Ricordo quando venne a parlarmi della sua discesa in campo nel â94: si presentò con una cartella piena di tabelle e grafici e un entusiasmo contagioso. Era fantastico. Allora l'ho votato perché rappresentava la novità ».
Oggi, invece? «Non è più una novità », Geronzi risponde secco a Dagospia prima di ricordare «l'opportunità mancata» dalla Commissione Bicamerale presieduta da D'Alema in favore di quelle riforme che avrebbero contribuito alla modernizzazione del Paese. Nel libro, Geronzi ricorda di aver votato, dopo il '94, il centrosinistra, pur senza frequentare i gazebo delle primarie. L'attuale alleanza del Pd con Vendola garantisce, secondo lei, i mercati? «Non vedo perché non dovrebbe garantirli. La sinistra ha già governato e penso che Vendola si accontenterà di avere risposte sulle questioni sociali».
L'alleanza possibile, dunque, fra progressisti e moderati renderà la prossima una legislatura costituente? «Non lo so, auspico piuttosto una legislatura in cui si possa riavviare lo sviluppo del Paese. L'Italia ha bisogno di crescita». Ha bisogno anche di Monti? «Dipende da ciò che deciderà il Professore e da quello che vorrà fare il partito che vince». La (pre)visione di un banchiere di sistema. E fu così che, dopo aver rottamato il nuovo, gli "arzilli vecchietti" tornarono ad avanzare?
DELLA VALLE ATTACCA: IN GIRO TROPPI ANZIANI BANCHIERI
Dal "Corriere della Sera" - Ci sono «ancora degli anziani banchieri che gironzolano facendo finta che non sia accaduto nulla». Diego Della Valle ieri sera a Ballarò ha criticato Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, che «si è occupato meno di banche e più di come tutelare il suo potere e che ancora oggi non ha capito che bisogna farsi da parte».
Massimo Mucchetti e Francesco Gaetano Caltagirone Massimo Dalema Geronzi Dalema Manfellotto Geronzi Dalema e Confalonieri Franco Bassanini Massimo Mucchetti Franco Carraro Enrico e Carlo Vanzina Dalema e Manfellotto Dalema Geronzi Letta Confalonieri Fedele Benedetta e Chiara Geronzi Antonello Piroso fotografa Chicca Olivetti Fabio Corsico Giovanni Malago e Bruno Manfellotto Myrta Merlino Oliviero Diliberto Pellegrino Capaldo