ASSOLTO MAURIZIO BELPIETRO PER IL TITOLO “BASTARDI ISLAMICI” SUL QUOTIDIANO “LIBERO” DEL 13 NOVEMBRE 2015, DOPO GLI ATTENTATI DI PARIGI IN CUI MORIRONO 130 PERSONE - PER IL TRIBUNALE DI MILANO NON C’E’ ALCUNA OFFESA A UNA CONFESSIONE RELIGIOSA - I SOCIAL LO MASSACRARONO, I GIUDICI GLI HANNO DATO RAGIONE
Da www.ansa.it
Maurizio Belpietro, ora direttore de 'La Verità', è stato assolto dall'accusa di "offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone", aggravate dalla finalità di odio razziale, per il titolo 'Bastardi islamici' che comparve su Libero, quotidiano all'epoca da lui diretto, il 13 novembre 2015 dopo la strage di Parigi. Lo ha deciso il Tribunale di Milano.
Belpietro è stato assolto "perché il fatto non sussiste". "Quando abbiamo fatto quel titolo 'Bastardi islamici' per noi era scontato che ci si riferisse ai terroristi, perché 'islamici' era aggettivo relazionale del sostantivo 'bastardi' e serviva a definire la matrice islamica degli attentati e non ho scritto, infatti, 'bastardi musulmani'".
PRIMA PAGINA DI LIBERO - BASTARDI ISLAMICI
Così il direttore Belpietro, difeso dal legale Valentina Ramella, aveva spiegato il titolo nell'esame in aula. "La lingua italiana è chiara - aveva chiarito Belpietro davanti al giudice Anna Calabi - basta andare su google e digitare 'islamico' e si può leggere 'aggettivo'". Il titolo scatenò polemiche "strumentali - aveva aggiunto - perché si cerca di far sparire il fatto che c'è qualcuno che ammazza in nome dell'Islam".
Per il pm di Milano Piero Basilone, che aveva chiesto la condanna a una multa da 8.300 euro, "il titolo 'Bastardi islamici' è un insulto generalizzato a un miliardo e mezzo di fedeli islamici, molti dei quali vittime di attentati terroristici". Secondo il pm, Belpietro doveva essere condannato per "offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone", aggravate dalla finalità di odio razziale, in quanto era "perfettamente consapevole di offendere" con una "espressione che ha generato grande frustrazione nella comunità musulmana".
Il Caim, Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano e Monza, che si era costituito parte civile ed era stato ammesso dal giudice, aveva chiesto un risarcimento di 350mila euro e una provvisionale da 100mila euro. Il processo era scaturito dalle querele depositate in Procura da una decina di musulmani.