CI SI PUÒ IMPICCARE A 12 ANNI PER UN RITO FRA AMICHE? LA PROCURA INDAGA PER ISTIGAZIONE AL SUICIDIO DIETRO IL GESTO DISPERATO DI UNA RAGAZZINA IN PROVINCIA DI TORINO: DALLE CHAT SPUNTANO INDIZI SULL'IDEA DI UCCIDERSI INSIEME - FORSE NON C'ENTRANO LE SFIDE SU TIKTOK, MA LO ZIO DELLA VITTIMA LA DESCRIVE PRIGIONIERA DI QUEL SOCIAL: "STAVA TUTTO IL GIORNO ATTACCATA AL TELEFONINO, DEVONO BLOCCARLO PRIMA CHE MUOIANO ALTRI ADOLESCENTI"
Andrea Bucci per "La Stampa"
Dodici anni, tante vite in una. Maria che giocava a pallavolo. Maria che studiava: secondo anno delle medie. Maria che era chiusa. Maria che stava ore al telefono. Maria inseguita dalla voce della mamma che chissà quante volte le ha urlato: «Basta con Tik Tok», vieni a mangiare, studia, fatti la doccia. Sbrigati. Maria s'è uccisa l'altra sera. La cintura dell'accappatoio legata a una mensola. Il corpo senza vita.
L'hanno trovata i genitori, era l'ora di cena. E adesso son tutti lì a chiedersi il perché e il percome. Son tutti davanti alla casa di Borgofranco d'Ivrea, dove Maria abitava. Carabinieri, curiosi, amici. La procura. E quel che era partito come tam-tam - «è stato un gioco, una sfida nata su Titk Tok» - nelle ore cambia forma. Diventa qualcosa di più grande, di abnorme. Più sconvolgente ancora.
Maria voleva morire. Ne aveva parlato con due amiche. Avevano - sospettano adesso gli investigatori - organizzato una sorta di rito. Uccidersi insieme. Nello stesso istante. Dare un calcio al mondo e fuggire via.
Ecco, è qualcosa di più di un sospetto. È la strada maestra di ogni indagine che si farà. Ci sarebbero chat su questo argomento. Un gioco, all'inizio, forse. Una scelta definitiva maturata domenica. Ma poi le amiche avrebbero detto no. Chi ha incontrato le ragazzine parla di loro come di bambine sconvolte, spaventate. Fragili come cristalli. Impossibile capire adesso dove inizia e finisce la verità.
Tace sui contorni di questa storia il procuratore capo di Ivrea, Giuseppe Ferrando. «Abbiamo aperto un fascicolo contro ignoti che eventualmente potrebbero averla aiutata, favorita o istigata a questo suo gesto estremo», dice. Niente di più, niente di meno. Tik Tok, c'entra qualcosa? «Al momento non sembra emergere l'elemento della sfida sui social».
Ma poi vai sapere se è davvero così. E se non ha ragione lo zio di Maria che vede in quel social l'unica causa di questa tragedia: «Era l'unico che aveva scaricato. Stava tutto il giorno attaccata al telefonino». Piange: «Quanti ragazzi dovranno ancora morire prima che lo blocchino, che lo bandiscano, che lo oscurino? Quanti?».
Intanto, si scava nella vita Maria. E saltano fuori storie di affanno, di male di vivere. Di disagio. Si parla di tagli sulle braccia. Di episodi di «autolesionismo» come dicono gli esperti. Se questo, però, sia stato nel corso del tempo al centro di approfondimenti psicologici, nessuno per ora lo sa.
Borgofranco per ora guarda sotto choc la casa di Maria. Dove per tutto il giorno vanno e vengono investigatori, parenti, curiosi. I primi cercano computer e telefoni, esplorano le chat, frugano tra i libri e i quaderni di Maria, negli zaini, nei cassetti, in cerca di qualcosa che aiuti a far luce. Che sveli perché, a 12 anni, davanti a te vedi solo il buio.
depressione tra gli adolescenti
I parenti dribblano tutti, invece. Parlare, in queste ore, è impossibile. La verità lontana. L'ombra di quel che, dicono, doveva essere - un suicidio di massa di ragazzine appena entrate nell'adolescenza - spaventa più di quanto spaventi l'emulazione di un gioco nato sui social. Di Maria resta un'ultima immagine, bella, fin delicata. È di domenica pomeriggio, quando con mamma, papà, e i tre fratelli, sono stati vista entrare nella chiesa per la messa. Sorrideva, ricordano. Sembrava felice.