grotta thailandia soccorritore

LA GROTTA HA FATTO LA SUA PRIMA VITTIMA – È MORTO UNO DEI SOCCORRITORI DEI BAMBINI BLOCCATI SOTTO TERRA IN THAILANDIA. SAMAN POONAN ERA UN INCURSORE A RIPOSO E HA PERSO CONOSCENZA PER MANCANZA DI OSSIGENO – NEI CUNICOLI CI SONO TROPPE PERSONE E STA FINENDO L’ARIA: “SIAMO DISPOSTI A TUTTO PER SALVARLI” – POTREBBERO ESSERE TIRATI FUORI OGGI PRIMA CHE COMINCI A PIOVERE E… – VIDEO

 

1 – THAILANDIA, MORTO SOCCORRITORE DEI RAGAZZINI INTRAPPOLATI NELLA GROTTA

Francesco Battistini per www.corriere.it

 

sub morto grotta thailandia

Uno di loro, stremato, ce l’aveva detto giovedì pomeriggio: siamo pronti a morire per questi ragazzi. Uno di loro, giovedì notte, è morto: Saman Poonan, 37 anni, incursore a riposo dei Navy Seals thailandesi, stava rientrando dalla «camera 3» alla «camera 2» della grotta, quando ha perso conoscenza per mancanza di ossigeno. E’ riuscito solo a dare i due strattoni al cavo di segnalazione, per dire che qualcosa non andava.

 

I compagni l’hanno recuperato quando ormai non c’era più nulla da fare, inutile tentare una rianimazione. Saman era incaricato di posizionare le bombole d’ossigeno in una delle cavità asciugate in queste ore, la camera 2, e poi doveva tornare alla base di soccorso che si trova 700 metri dopo l’ingresso principale dei dieci chilometri di cunicoli di Tham Luang.

 

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La dinamica dell’incidente

Che cos’è successo? Il gran viavai di soccorritori nella grotta - è l’ipotesi del comandante dei Navy Seals Thai, Arpakorn Yookomgaew – ha probabilmente ridotto la quantità d’aria respirabile là sotto.

 

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Ci sono i trenta americani arrivati dalle basi del Pacifico, gli inglesi che lavorano da due settimane alle ricerche, gli australiani dei corpi volontari, più le decine d’incursori della Marina thailandese: «Ora la nostra priorità è ristabilire un livello d’ossigeno sufficiente, soprattutto per evitare altri problemi ai ragazzi intrappolati.

 

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C’è un tubo per l’aria lungo cinque chilometri, che arriva fino a loro. Stiamo lavorando per renderlo più efficiente». Cambia qualcosa nell’organizzazione dei soccorsi? «Queste cose purtroppo fanno parte del nostro mestiere. Siamo pronti a fronteggiare qualsiasi rischio, in qualsiasi momento».

 

I timori per l’ossigeno

Il corpo di Saman viene portato fuori dalla grotta e infilato in un’ambulanza. Che se ne va lenta, a sirene e lampeggianti spenti. E’ il primo morto di questa storia: congedato da poco, lavorava come addetto alla sicurezza all’aeroporto di Bangkok, s’era messo in ferie ed era arrivato fin quassù, al confine con la Birmania, per offrirsi volontario e dare una mano ai suoi ex commilitoni.

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E’ un brutto segnale per i soccorritori: «All’inizio pensavamo d’avere tempi più lunghi per salvare i ragazzi – è meno ottimista il comandante Arpakorn -, ma ora le cose stanno cambiando in modo rapidissimo. Abbiamo tempi molto limitati, per tirarli fuori da là sotto».

 

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Il cielo si sta rannuvolando, sulle montagne incombe il nero, inizia a piovere, il rischio d’un nuovo allagamento della grotta è vicino (Guarda il video). E cresce la paura di non farcela. Resta in piedi il piano principale: tentare d’estrarli dall’ingresso principale, due o tre divers che accompagnino ciascuno dei bambini attraverso pertugi allagati che permettono il passaggio solo di corpi molto sottili, e senza bombole. Nessuno ha detto nulla ai dodici sepolti vivi della grotta, naturalmente.

 

E nemmeno ai militari che sono assieme a loro. “Devono conservare tutte le energie possibili che servono a uscire di lì – dice Claus Rasmussen, danese, uno dei tanti sub che da tutto il mondo si sono uniti alla squadra di recupero -. E in questo momento, non c’è nulla di peggio che deprimersi”.

 

2 - LISTA DI VOLONTARI PER LA MISSIONE ESTREMA «SE DILUVIA, PRONTI A PRENDERE I RAGAZZI»

Francesco Battistini per il “Corriere della Sera”

 

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I sommozzatori escono sfiniti. Nel pomeriggio, nell' afa umida, nel bosco di telecamere che incorona le grotte di Tham Luang. Barcollano verso la tenda, levano la muta, bevono integratori. «È la cosa più complicata che abbia mai affrontato», Khao Khieupakdi s' accascia su una sedia. È un esperto di disastri, ha vissuto le grandi paure dello Tsunami del 2004 e del tifone 1989, adesso butta le bombole nell' erba.

grotta thailandia 6

 

Svuotato l' ossigeno, fa il pieno di dubbi. I tredici sommersi nella grotta, al tredicesimo giorno non ancora salvati, hanno poche ore di limbo: questo giovedì. Da domani si rischia il diluvio, 33 millimetri in tutto il nord, prevede il meteo, sei volte la pioggia caduta quel giorno che ha sigillato sottoterra la squadra di calcio e il suo allenatore.

 

grotta thailandia

In cinque giornalisti l' attorniamo: mister Khao, ma se là sotto s' allaga di colpo, voi che fate? La risposta è da soldato: «Il nostro dovere». Ovvero? «C' è un gruppo di Navy Seals Thai fisso nella grotta, a 700 metri dall' ingresso. Sanno cosa li aspetta». Scapperanno? «Se piove, molti si sono offerti volontari per tentare l' impossibile. Andare in fondo al tunnel e tirare fuori i ragazzi, costi quel che costi». Ma in certi punti può passare una persona sola per volta, e senza bombole: è un' impresa suicida Khao ci fissa con lo sguardo. In silenzio.

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È l' ora dei se. Un reticolato d' angosce più fitto dei cunicoli: e se tutto diventa impossibile, e se i genitori chiederanno perché non s' è potuto?... Meglio pensare al subito. In due giorni, l' acqua pompata dalle grotte è scesa di 40 centimetri, dispersa nei campi: i contadini si ritrovano rovinati i raccolti, ma con dignità rifiutano i risarcimenti promessi dal governo.

 

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Mezzo tunnel è ormai asciutto, s' avanza fino alla cosiddetta «camera 3», uno slargo nella roccia che permetterebbe ai ragazzi di camminare almeno due chilometri. Il problema è che ne restano altri due allagati, 35 centimetri d' acqua destinati a salire di nuovo, e ai soccorritori ci vogliono comunque undici ore per entrare e poi tornare indietro: le lezioni di scuba continuano, ma nessuno s' aspetta d' insegnare a principianti assoluti come nuotare nel fango e nel buio.

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Le famiglie dei sepolti vivi iniziano a snervarsi, la mamma di Prajak si chiede perché gli altri genitori abbiano potuto almeno parlare coi figli e lei no («ha solo 14 anni ed è maturo, ma so che soffre questo silenzio!...»): le spiegano che la fibra ottica dei primi collegamenti s' è spezzata, non funziona più.

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La sensazione però è che in quest' armata del buon cuore si sia rotto anche il filo dei comandi, si vada a caso. I piani sono quattro, e diversissimi: 1) estrarre i baby-calciatori oggi, prima che cominci a piovere; 2) assisterli nella grotta finché durano i monsoni, quattro mesi, perché tirarli fuori ora è troppo pericoloso; 3) insistere nell' addestrarli come sub, perché poi se la cavino immergendosi; 4) trivellare una via d' uscita dall' alto. Gli elicotteri sorvolano di continuo, i dieci chilometri di sotterranei sono in buona parte sconosciuti anche a chi vive qui: perlustrando la montagna, è spuntato un pozzo profondo 70 metri, pieno di pipistrelli.

 

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Da sopra, si sente scorrere l' acqua. «Potrebbe essere una soluzione», dicono.

Là sotto, il contegno dei ragazzi fa da esempio. I medici temevano panico, claustrofobia, confusione, ora dicono alla Cnn che sono troppo deboli perché possano muoversi. Eppure le immagini del sottosuolo ci rimandano volti sorridenti, calmi, ottimisti: grazia sotto pressione, definirebbe il loro coraggio un Hemingway.

 

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Anche il cantiere globale del soccorso non si perde d' animo e applaude ogni pompiere, accoglie le autorità, prepara i kit di sopravvivenza da qui a ottobre, quanto dureranno le piogge: pretzel, waffle, proteine, tutta roba che viene dal Kansas che hanno portato i marines di stanza nel Pacifico.

 

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«È il potere dell' unità, dell' amore e della buona volontà», dice in un messaggio Sua Maestà Maha Vajiralongkorn Bodindradebayavarangkun, più facilmente re Rama X: timidamente, perché in Thailandia queste son cose delicate, qualche commentatore si chiede come mai l' Altezza Reale non sia salita a questo confine con la Birmania, in sintonia con sudditi davvero in ansia.

 

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Perfino la nazionale di calcio giapponese ha mandato un tweet: «Tenete duro!». E che dire di Kruba Boonchum in persona, il più riverito dei monaci thai? Compare dal nulla verso sera, non proferisce verbo, aggira qualche maialino brado e va a pregare coi genitori dei ragazzi. Non è venuto a fare passerella: la zona di Than Luang, la chiamano anche la Grotta della Principessa per la leggenda di Sip Song Panna, una giovane nobile che s' innamorò d' un villico, rimase incinta e si suicidò quando il re padre, furioso, le ammazzò il figlio della colpa.

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Il monaco è considerato la reincarnazione di quell' amante plebeo. E le piogge che inondano questa grotta, c' indica un collega di Bangkok al tramonto, altro non sono che le lacrime della Principessa: «Se guardi la montagna, il profilo è d' una donna sdraiata, dai capelli lunghi». La guardiamo. Che basti Kruba, a non farla piangere questo venerdì?

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dal nostro inviato Francesco Battistini

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