“HO AMATO UOMINI GIOVANI, I FIGLI CHE NON HO MAI AVUTO" - PIERA DEGLI ESPOSTI SI CONFIDA - "NON SONO MAI STATA SENZA UN UOMO - DOPO I PRIMI ANNI DI FORTE EROTISMO, LA MIA NATURA MENTALE NON CORRISPONDEVA PIÙ AL LORO VIGORE FISICO. PER ME CONTA L'IMMAGINAZIONE PIÙ DEL RITO SESSUALE” - QUEL BACIO LUNGHISSIMO CON ROBERT MITCHUM
Simonetta Fiori per “la Repubblica”
Gli amori di Piera si dividono in "grandi" e "piccoli". Ma gli aggettivi non implicano una gradualità sentimentale, solo un dato anagrafico con cui Piera Degli Esposti gioca alla sua maniera, trasformando in mito tutto ciò che le appartiene: anche un fidanzato di quasi trent' anni più giovane.
«Più che un' attrice sono una grande costruttrice di immagini: potrei mitizzare anche il primo gelataio che incontro per strada », dice con quella sua voce sospesa e un po' incantata nella casa di via del Governo Vecchio, la stessa in cui vive da quasi mezzo secolo.
In Storia di Piera, scritta con Dacia Maraini, è riuscita a tradurre in poesia anche le vicissitudini della sua famiglia, gli amori condivisi con la madre, la mitezza arresa del padre, le violenze su un corpo ancora adolescente.
Quando parla Piera non segue un filo logico o cronologico, ma una scia emotiva che lascia le frasi incompiute, come se volesse liberare la fantasia di chi ascolta, perennemente in bilico tra tragedia e ironia.
Da dove cominciamo? Sono tanti gli amori di Piera.
«Sì, anche perché ho cominciato presto con mia madre, che era piena d' amore e di amori e mi ha educato alla necessità della fantasia amorosa. Non sono mai stata senza un fidanzato, ma un marito non l' ho mai voluto».
Perché?
COPERTINA DEL LIBRO DI PIERA DEGLI ESPOSTI E DACIA MARAINI
«Non è gentile dirlo, ma tendo a stancarmi. Forse perché per me è più importante l' immaginazione dell' amore, che però non regge alla prova della quotidianità. La dimensione affettiva spegne il mistero dell' amore. E io al mistero sono legata».
Il matrimonio avrebbe anche significato una separazione dalla sua famiglia.
«E io non l' ho mai voluta. Fin da piccola dicevo: ma non possiamo stare sempre tra noi? Mamma, papà, i miei fratelli?
Ero innamorata di mio padre, un sindacalista comunista dal temperamento mite. A scuola mi tormentavo: ho la faccia squadrata da maschietto, non sono il suo tipo. E la maestra mi richiamava: ma Piera che dici? Tu sei la figlia...».
Cosa aveva di speciale questo padre?
«Era il solo che mi togliesse la paura. Se ripenso a tutte le mie conquiste maschili, era il mio modo per vendicarlo del comportamento della mamma.
Gli buttavo ai piedi le teste degli uomini sedotti, alla stregua di una novella Turandot. Eravamo una famiglia chiacchierata: tutti sapevano che mio padre era stato spedito in Veneto per la cattiva condotta della moglie. Ma camminare al suo fianco mi faceva sentire sicura, come vicino a un Re».
E questo padre l' ha cercato nei suoi compagni?
«Nessuno mi ha più dato la misura e la protezione che trovavo in lui. Per un lungo tratto ho cercato fidanzati più grandi di me, ma accade a un certo punto che i padri non ti vogliano più.
Quando diventi grande, ti vogliono solo i figli. E allora forse inconsciamente ho cominciato a giocare con il figlio che non avevo e non ho mai voluto».
Perché non ha voluto figli?
«Perché avevo già partorito una bambina, che sono io. E lei da sola costituiva un problema».
Prima Massimo, 18 anni di meno. Poi Alberto, più giovane di 29 anni.
«Questi miei amori piccoli mi hanno dato una grande allegria. Non c' era la competizione che può nascere con gli amori grandi. Mi volevano un grande bene. E siccome io mi voglio bene, con loro è stata una cosa bella».
Lei si vuole bene?
«È stata la mia fortuna: non mi sarei salvata dai rifiuti sul lavoro, dalle malattie, da una vita per certi versi drammatica. E in amore non ho mai inseguito storie impossibili. Mi sono sempre lasciata incantare da chi s' incanta».
Anche Alberto è stata una figura tragica.
«A questo non ho mai pensato. Alberto correva troppo. Spingeva sempre il pedale sull' acceleratore, come se volesse spiccare il volo. L' ultima sua telefonata prima dell' incidente è stata con mio fratello. Piangeva. Diceva che tra noi era finita».
All' inizio però suo fratello disapprovava.
«Franco non voleva che stessi con uomini più piccoli. Il suo pensiero andava alla mamma, ai suoi amanti giovani».
Ma c' era una relazione tra questi suoi amori giovani e il vissuto materno?
«No, siamo donne molto diverse. Mia madre voleva donare, io conquistare. Una volta una contadina emiliana mi disse per confortarmi: tua madre non fa niente di male, dà via del suo.
Era proprio così, ma questo mi faceva star male. E non ho permesso al mio corpo di somigliare al suo: sono andata subito verso il teatro, i doveri, le prove. Anche il contegno: mia madre non sapeva cosa fosse.
Io al contrario ho coltivato un sentimento profondo del pudore, della vergogna. Avevo preso in prestito dal Mezzogiorno un termine che mi ritrovavo a usare con lei. "Ritirati", le dicevo. "Ora devi ritirarti"».
Nel film "Storia di Piera" Marco Ferreri è riuscito a ritrarre sua madre con delicatezza.
«Le voleva bene, come ne ha voluto molto a me. Ho amato molto la testa di Ferreri, la sua voracità, il suo corpo largo e avvolgente: la prima volta che ci siamo abbracciati mi ha detto "lo sapevo che portavi la canottiera".
Fino alla fine, ormai molto malato, mi ha cercato con le sue telefonate silenziose: parlavo solo io, pensando di dargli conforto con la voce ».
Con Alberto com' era cominciata?
«Alla fine degli anni Ottanta interpretavo allegoricamente la Biennale di Venezia per un film di Sylvano Bussotti. Splendente nei miei vestiti di broccato d' oro, in testa una parrucca settecentesca impreziosita da pietre scintillanti.
Insomma una regina molto compresa nel ruolo. Quando questo ragazzo poco più che ventenne mi allungò una mano sul sedere. Ne fui sorpresa ma anche ammirata ».
Cosa le piacque?
«L' audacia mista a una certa timidezza. Aveva un fisico asciutto ed elegante, da centometrista. E un faccino da Gérard Philipe giovane.
La sera poi, durante una cena di gala in un meraviglioso giardino di Venezia, riuscì in un modo molto spericolato ad allungare un piede sotto il tavolo.
Mi sembrava di stare in un romanzo di cappa e spada, alle prese con un D' Artagnan un po' gaglioffo. Facemmo l' alba nelle calli al modo romantico delle storie cavalleresche. Poi scomparve. Per poi riapparire all' improvviso a un corso di teatro che tenevo a Treviso. Tutto questo mi piaceva tanto».
Fin quando è durata?
«Quattordici anni, la mia storia più lunga».
Nessun disagio per la differenza di età?
«Sì, mi vergognavo. Ed ero a disagio con sua madre, una donna speciale, assai più giovane di me.
Così in pubblico gli chiedevo di chiamarmi mamma. E lui si divertiva come un pazzo per questo mio pudore bambino».
Poi cosa è successo?
dacia maraini e piera degli esposti
«Dopo i primi anni segnati da un forte erotismo, la mia natura mentale non corrispondeva più al suo vigore fisico. Per me conta l' immaginazione più del rito sessuale.
Credo che derivi dal mio vissuto: la vita ha così infierito su di me che mi ha lasciato un corpo monastico. Difficilmente mi abbandono a effusioni e tenerezze, e Alberto ne soffriva molto. Me lo disse anche in una lettera poco prima di andarsene».
Piera si alza e va in camera da letto da dove torna con due fogli di Alberto che sanno di lacrime.
«Mi piaceva quando l' altra notte mi sfioravi capelli e braccia accarezzandomi », legge Piera. «Forse è anche questo che mi manca tra di noi.
Ma non puoi dire che c' è insopportabilità, stanchezza: solo scrivere questa parola mi fa stare male».
Lei voleva lasciarlo?
«Alberto non riusciva ad accettarlo. L' ultima sera ha dormito da solo a casa mia, io ero in Abruzzo dalla mia amica Dacia Maraini.
Mi aveva accompagnato in macchina a Pescasseroli correndo come un pazzo tra le curve della montagna. Io stavo male, come se avessi una sorta di presentimento ».
E a casa dopo l' incidente ha trovato un biglietto.
«Sì, l' ha scritto prima di schiantarsi sull' autostrada a duecento chilometri all' ora. "La velocità è il tempo della vita"».
PIERA DEGLI ESPOSTI E ROBERT MITCHUM
Ma c' era un' intenzionalità? Da come lo racconta parrebbe di sì.
«No, non lo penso. Non voglio crederlo. Lui voleva vivere, aveva tanti progetti. Amava la musica e la letteratura. Amava la vita, anche se forse non quanto l' amavo io.
piera degli espositi insieme a robert mitchum
Sa che io sono una canterina? Ogni mattina mi sveglio con una canzone in testa. E poi la sera vado sempre a letto con Wodehouse ».
Piera ha voglia di alleggerire. Ma è vera la storia del bacio con Robert Mitchum?
«Un bacio lunghissimo. Eravamo a casa di Lina Wertmüller, quella sera Alberto ebbe la delicatezza di lasciarmi da sola.
Mitchum era una leggenda, un mito che avevo inseguito fin dall' adolescenza. Alla fine della cena mi chiese di seguirlo, ma io mi negai. Era meglio fermare il sogno sulla porta».