
“NON CI SONO PROVE CHE MI FANNO COLPEVOLE DI QUEL FATTO” – MOUSSA SANGARE, IL 30ENNE IN CARCERE PER L’OMICIDIO DI SHARON VERZENI, HA RITRATTATO, GIURANDO DI ESSERE STATO IN CASERMA “TRE GIORNI SENZA DORMIRE, SENZA SAPERE COSA STESSE SUCCEDENDO”. LE SUE PAROLE NON SONO STATE CONCORDATE CON L’AVVOCATO E ORA LA PALLA È PASSATA IN MANO AGLI PSICHIATRI CHE DOVRANNO STABILIRE SE È CAPACE DI INTENDERE E DI VOLERE. SE COSÌ FOSSE, RISCHIA L’ERGASTOLO…
Estratto dell'articolo di Maddalena Berbenni per www.corriere.it
«Sono più che sicuro di quello». È la mattina del 31 luglio 2024. Il sole spacca le pietre, nell’Isola Bergamasca, la fetta di provincia che sta verso il tratto dell’Adda al confine con Lecco. Per le strade c’è silenzio. Attorno ai cespugli, zanzare. Sharon Verzeni, 34 anni, è stata uccisa da poco più di ventiquattr’ore e nelle risposte pacate, ma decise, di suo padre Bruno in qualche modo c’è già la soluzione del giallo che riempirà le homepage fino a settembre. […]
moussa sangare in bicicletta dopo aver ucciso sharon verzeni
Era «più che sicuro», il padre, che Sharon fosse la ragazza senza grilli per la testa che tutti descrivevano e che non esistessero crepe nel rapporto con il compagno. Così la storia, per com’è approdata a fine febbraio in Corte d’Assise, è quella di un omicidio senza senso, compiuto da un trentenne allo sbando, un mancato rapper denunciato anche dalla madre e dalla sorella, che Sharon neanche l’aveva mai vista. La «colpa» della ragazza è stata di trovarsi nel luogo sbagliato, al momento sbagliato. Di essere uscita a camminare la sera tardi e di non essersi guardata abbastanza le spalle da Sangare, incrociato mentre vagava in bicicletta con un coltello da cucina infilato nella cinta dei pantaloni. In attesa che il processo entri nel vivo, a settembre, questo è ciò che sappiamo sul caso.
Sharon Verzeni muore all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo la notte del 30 luglio per tre coltellate alla schiena e una, la meno profonda, al petto. Con un’incredibile prontezza è lei stessa a chiamare i soccorsi. «Mi ha accoltellata», sussurra prima di accasciarsi, scatenando ragionamenti su quel verbo pronunciato al singolare, come se avesse riconosciuto il suo assassino. Con un diploma da estetista, da oltre un anno aveva trovato un lavoro al bar della pasticceria Vanilla di Brembate. Da cinque, aveva lasciato la casa dei genitori a Bottanuco per convivere con Ruocco, idraulico di 38 anni, in un bell’appartamento acquistato con il mutuo a Terno d’Isola.
[…] Alle 22, Ruocco crolla e va a dormire senza immaginare che Sharon sarebbe uscita. Lo decide più tardi, forse spinta dall’afa. Banalmente voleva rimettersi in forma e dunque spesso, quando il caldo diminuiva con il buio, andava a camminare, facendo un giro più corto in settimana e più lungo nel weekend. Fatalità su fatalità, il 30 luglio opta per il percorso meno breve. Incontra l’assassino verso le 00.45, dopo avere passeggiato con le cuffiette nelle orecchie per quasi tre quarti d’ora. Aveva appena superato la piazza centrale ed era in via Castegnate, a pochi minuti da casa. Crollerà in una pozza di sangue, davanti a due giovani del paese giunti in auto poco dopo, ma non in tempo per sorprendere l'assassino
Attivata la macchina dei soccorsi, mentre i medici sono costretti ad arrendersi, i carabinieri scavalcano il cancellino della palazzina di Terno e buttano giù dal letto Ruocco. Inevitabilmente, la prima fase delle indagini si concentra su di lui. Ma, una dopo l’altra, le verifiche si schiantano contro un’innocenza che appare granitica. Lo visitano e non ha la minima ferita. Nelle telecamere non c’è. Le chat non danno spunti. Le testimonianze, della cerchia di amici, dei familiari, dei vicini, sono univoche: mai liti, mai tensioni. Non si tradisce in nessun modo, durante la notte da incubo passata in caserma, rilasciato alle 16, quando viene messo al corrente dell’omicidio. «Quando mi hanno rilasciato - racconterà -, non sapevo dove andare, ho persino detto: “Tenetemi qua con voi che, se posso darvi una mano, vi aiuto in qualche maniera”».
moussa sangare in bicicletta dopo aver ucciso sharon verzeni
[…] Fin dai primi giorni si comincia a ragionare sull’ipotesi di un killer sconosciuto. E questo perché nulla di anomalo emerge dalla vita regolarissima della vittima, neanche dall’unica virgola che poteva sembrare fuori posto, la vicinanza a Scientology. Al comando provinciale vengono convocati la sorella maggiore Melody, con il marito, e il fratello minore Christopher, i genitori, i futuri suoceri, i colleghi. Niente. Non va meglio sul fronte delle indagini attorno al luogo del delitto.
[…] Sembra che la sfortuna si accanisca sull’indagine e l’unico appiglio, superata la metà di agosto, è il fantasma in bicicletta. Fantasma perché un volto non c’è, le prime telecamere analizzate non lo catturano. Ma per gli inquirenti è evidente che quell’individuo possa avere un ruolo, anche solo come testimone chiave, perché è in via Castegnate quando Sharon la imbocca; ci si reinfila, facendo inversione dalla piazza, dopo il passaggio della ragazza; la abbandona come un razzo negli attimi in cui parte la chiamata al 118. Si tratta di Sangare e a lui i carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo arrivano prima di tutto grazie a due giovani che la sera del delitto si stavano allenando vicino al cimitero di Chignolo d’Isola.
Si presentano spontaneamente per segnalare un’auto sospetta. L’auto non c’entra, ma, approfondendo, accennano di questo ragazzo in bici, che li aveva salutati in arabo. Ha la pelle scura, le treccine, gli occhiali e gira in bici ascoltando la musica dalle casse, con una particolare postura. Gli investigatori decidono di investirci, allargano il raggio delle telecamere da verificare e delle strade da battere. Con quella sorta di identikit la sera del 28 agosto perlustrano la zona, loro stessi in bici. E dopo la scia di sfortunate coincidenze, l’indagine svolta. Intercettano Sangare, di cui in quel momento non sanno nulla, e da Medolago lo portano in caserma.
In via delle Valli, il trentenne, di Suisio, nato da una famiglia originaria del Mali, entra come potenziale testimone. In prima battuta, nega perfino di essere stato a Terno nel periodo precedente. Però ai carabinieri non convince e, quando, nella sala d’attesa insieme ai due giovani che lo avevano incrociato, si tradisce con una frase di troppo, i militari si convincono che nasconda qualcosa. Mettendolo di fronte ai filmati che riprendono la sua bicicletta a Terno, la notte dell’omicidio, fa la prima ammissione: era lì, ha assistito alle coltellate, ma sostiene che a uccidere Sharon sia stato un uomo con cui stava litigando in strada. Però si contraddice, dunque i carabinieri vanno avanti con le domande. Finché lui non chiede una sigaretta, scivola sulla sedia e con le mani punta verso se stesso: «Sono stato io».
È l’inizio di una confessione scioccante, che ripeterà assistito da un avvocato, all’alba davanti al pm, e poi al gip della convalida del fermo. Dice di avere ucciso per un «feeling», «spinto da un’onda emotiva», di avere incontrato altre persone, tutti uomini, ma alla fine di essersi sentito attratto da quella ragazza che passeggiava ascoltando musica e guardando il cielo. «Scusa per quello che sta succedendo», le avrebbe sussurrato alle spalle appena prima di pugnalarla al petto. Lei avrebbe cercato di scappare, lui sarebbe sceso dalla bici, l’avrebbe finita con i tre colpi alla schiena per poi correre a rintanarsi nel suo tugurio.
Moussa Sangare in bicicletta ripreso dalle telecamere la notte dell omicidio di sharon verzeni
Il giugno precedente Moussa Sangare aveva occupato un appartamento disabitato a Suisio, che nessuno aveva voluto ritirare a un’asta, nella stessa palazzina dove vivono la sorella 24enne Awa, studentessa di Ingegneria, e la madre Kadiatou Diallo, ex cuoca nella scuola del paese, ora invalida dopo essere stata colpita da un grave ictus. Il padre era morto da anni. Le due donne avevano denunciato Moussa per maltrattamenti il mese precedente, dopo che Sangare aveva minacciato la ragazza con un coltello. L’ennesimo gesto violento di una quotidianità, secondo le vittime, fatta di insulti, percosse, richieste di denaro per la droga e per l'alcol.
le ultime tracce di sharon verzeni
Alla luce di due precedenti querele (archiviate) e dell’escalation di quel periodo, la pm Laura Cocucci aveva disposto l'obbligo di allontanamento e il ragazzo se ne era andato, finendo per intrufolarsi nell’alloggio abbandonato, vivendo in condizioni di degrado, senza luce né gas. Dormiva di giorno e usciva di notte, frequentando alcuni amici del paese. Tutti hanno raccontato della sua deriva dopo un viaggio in America, nel 2019, e il sogno infranto di una carriera come rapper. Anni prima aveva partecipato ai bootcamp di X Factor.
Sangare è in carcere a San Vittore, a Milano, e, sia per i maltrattamenti sia per l’omicidio, i giudici hanno deciso di affidarsi a un perito per stabilire un possibile vizio di mente e valutare la capacità di stare in giudizio.
[…] il ragazzo ritratta. «Non ci sono prove che mi fanno colpevole di quel fatto», dichiara a sorpresa in aula il 18 marzo, tornando alla versione in cui si definisce semplice imputato. «Sono scappato, ma continuavano a spingermi, spingermi, spingermi», spiega forse riferendosi ai carabinieri e alle ore precedenti al fermo. «Sono stato lì (in caserma, ndr) tre giorni senza dormire, senza sapere cosa stesse succedendo». Il coltello fatto ritrovare sul greto dell'Adda?
«Lo usavo per i barbecue con gli amici». I capelli tagliati? Aveva paura che il killer lo riconoscesse: «Mi ha visto». […] difficilmente potranno mettere in crisi un'accusa basata anche su altri indizi, a cominciare dal Dna di Sharon isolato dal Ris in alcune tracce trovate sulla canna della bicicletta. Se sarà giudicato capace di intendere e di volere, con le aggravanti che gli sono contestate (premeditazione, futili motivi e minorata difesa), Moussa Sangare rischia l’ergastolo.
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Moussa Sangare
la madre e la sorella di moussa sangare