PEDALANDO COL FANTASMA DI ARMSTRONG - IL RITORNO DEL DOTTOR FERRARI: SQUALIFICATO A VITA PER DOPING, OGGI I TEST SULLA “SALITA PERFETTA” LI FA CON I CICLOAMATORI

Marco Bonarrigo per il "Corriere della Sera"

È il fantasma di Lance Armstrong quello che sbuca da un tornante immerso nella nebbia, fradicio di sudore e pioggia. Indossa la maglia dell'Us Postal e il casco della Discovery Channel, le squadre dei sette Tour de France vinti. Invecchiato e appesantito, l'uomo che pedala tra un castagneto e un prato a pascolo dell'Appennino emiliano non è Armstrong ma, appunto, il suo fantasma.

È Michele Ferrari, l'uomo che da vent'anni agita i retroscena medici e farmacologici dello sport mondiale e di cui si conoscono solo un paio di foto.
Siamo sulle rampe del Monzuno, salita dura ma non classificata sugli atlanti. Qui hanno dato fondo a tutte le loro energie decine di fuoriclasse del ciclismo. Ce li portava proprio Ferrari, il loro mentore: per lui questa è la «salita perfetta» per capire quanto vale un atleta. Un sì del Dottor Mito dopo un test sul Monzuno garantiva un contratto in una grande squadra. Un no era spesso la fine di ogni ambizione: c'è chi, come l'ucraino Bileka, fece un anno di anticamera solo per essere ammesso al cospetto del medico.

Recandosi qui tutti, da Armstrong in giù, rispettavano consegne di assoluta riservatezza. Lo si legge nei verbali delle deposizioni. «Mi raccomandarono di arrivare sul posto con un'auto senza le insegne della squadra» (Tom Danielson), «Mi attendeva su un camper a bordo strada, dove c'era anche un emoglobinometro» (Leonardo Bertagnolli), «Ci chiudemmo nella stanza di un agriturismo, proprietà di persone con cui il dottore era in confidenza» (Volodymyr Bileka).

Sono passati tanti anni. Armstrong è stato smascherato e cancellato dagli albi d'oro. Ferrari squalificato a vita dall'agenzia antidoping americana e dal nostro Coni. A frequentarlo ci si fa male. Lui, dal canto suo, ha fatto sapere di essere in pensione. È proprio così? Da sempre il Dottor Mito ha una cerchia di clienti devoti. Sono cicloamatori non giovani e di buona disponibilità economica. Gli scrivono da tutto il mondo.

Lo venerano e pagano bene i suoi consigli e le sue tabelle di allenamento. I più fidati venivano anche invitati a stage sul campo, poi ufficialmente sospesi. Ma oggi ne è stato indetto uno, proprio qui sul Monzuno. È una sfida che nella sua lettera di convocazione il Dottor Mito ha chiamato «Vertical Climb». «Per diventare padroni del vostro sport - ha scritto - dovete sfidare il trascorrere del tempo. Ogni anno le vostre capacità fisiologiche diminuiscono dello 0,7 per cento. Se nel test peggiorerete dello 0,6 o meno, avrete vinto la sfida».

Fermare il tempo: il sogno di ogni atleta e, forse, di ogni uomo. Nella mail ci sono luogo e ora dell'appuntamento e regole di ingaggio: allacciate bene il casco, tenete la destra, sarete valutati in base ai watt sviluppati e al peso corporeo. All'ora convenuta si presentano in cinque, a occhio dai 45 ai 60 anni. Pochi rispetto al solito: il diluvio deve averne scoraggiati altri. La vera sorpresa è che il Dottor Mito non arriva in camper.

Ma in bici. E si sottopone al test che comincia dopo un breve riscaldamento. Il gruppetto si allunga sui primi tornanti. Alla vista della macchina fotografica due allievi girano all'istante la bici e si dileguano. Il Mito no: impreca, sbuffa ma poi prosegue a testa bassa sotto il diluvio, con una smorfia tra fatica e disgusto disegnata sul volto. Rispetta la prima regola di un corridore: fermarsi solo dopo aver superato la linea d'arrivo, qualunque cosa succeda. E lui la rispetta, scomparendo nella nebbia due tornanti più in alto, dove c'è il traguardo.

 

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