enrico berlinguer

COMPAGNI, COSA E’ RIMASTO DI ENRICO BERLINGUER A SINISTRA? NULLA! UN FILM CON ELIO GERMANO E UNA MOSTRA (VISITATA ANCHE DALLA MELONI) RICORDANO IL SEGRETARIO DEL PCI A 40 ANNI DALLA MORTE. BETTINI: “DETESTO LA TRASFORMAZIONE DI BERLINGUER IN 'SANTINO', CHE CALPESTA LA COMPLESSITÀ DELL'UOMO. NON ERA UN SOGNATORE: PIUTTOSTO UN IDEALISTA CHE SI EMOZIONAVA SOLO DI FRONTE ALLA PREPOTENZA VERSO GLI UMILI E GLI INDIFESI” – OCCHETTO: “È INUTILE FARE DI ENRICO UN'ICONA DELL'AMARCORD. DOVREMMO INVECE FAR TESORO DEL SUO CORAGGIO DI…” – VIDEO

 

Fabrizio Roncone per Sette – Corriere della Sera - Estratti

 

prima della fine. gli ultimi giorni di enrico berlinguer

C' è questa concreta e struggente nostalgia per Enrico Berlinguer, morto esattamente 40 anni fa, morto sul lavoro, su un palco, durante un comizio, a Padova, in un'Italia completamente diversa da quella in cui torna adesso stretto nell'appassionato racconto, tra mito, rimpianto e tenerezza, che ne fanno libri e documentari, un'affollata mostra e il bellissimo film di Andrea Segre, Berlinguer- La grande ambizione (…) su cui, nel finale, si incastra una delle sequenze più forti dell'opera. Con Berlinguer che riunisce la famiglia in salotto, e dice: «... nel caso dovesse succedere anche a me, se fossi preso, la mia volontà di uomo libero è che non ci siano trattative con i rapitori».

 

berlinguer la grande ambizione

È un film di idee, pieno di politica, di bella e grande politica, attraversato da una persona speciale. «Quando si siede, piegandosi all'indietro, sembra davvero papà», dice la figlia Bianca, mentre le luci si accendono e ci sono quelli con gli occhi lucidi, certi prendono il fazzoletto, l'applauso della platea è lungo e si unisce agli altri appena riascoltati sullo schermo, con le piazze piene - e piene erano pure le urne - l'Unità che titola "Eccoci", "Ber-lin-guer/Ber-lin-guer!", tutti sotto a Botteghe Oscure, le bandiere rosse con la falce e il martello di un comunismo diverso e distante da quello sovietico, immaginato e voluto da un segretario che milioni di italiani seguirono senza indugi e che, ancora adesso, in molti cercano, studiano, ricordano.

 

giorgio napolitano con enrico berlinguer al mare all isola d elba el 1978

Perché? Lo chiedo ad Achille Occhetto, l'ultimo segretario del Pci, che il 12 novembre del 1989 decise di voltare pagina con la storica svolta della Bolognina, poi ratificata due anni dopo, durante il XX congresso, quando fu costituito il Pds, il Partito democratico della sinistra. «Questa nuova, evidente voglia di Berlinguer, a mio parere, è spiegabile con due ragioni.

 

La prima: credo si avverta il bisogno di tornare a quelli che Enrico chiamava i "pensieri lunghi", e cioè l'esigenza di intendere la politica come una visione di Paese, Europa e mondo, che tenga conto delle esigenze di riscatto dei lavoratori e della tutela dei più deboli. Enrico era davvero guidato da grandi idealità, sebbene fosse pure aperto alle revisione, ai piccoli passi del realismo politico e, anche, al dubbio...».

berlinguer la grande ambizione

 

L'altra ragione di questa riscoperta? «Penso alla grande commozione popolare per la sua improvvisa morte, su quel palco: un qualcosa che è rimasto, e ancora scuote».

 

La Bolognina, la fine del Pci: questo pensiero, oggi, che riflessioni le scatena? «Prendemmo una decisione giusta e, per certi aspetti, tardiva. Però non fu la svolta di Occhetto. Fu l'ultima grande decisione innovativa dei comunisti italiani, arrivata dopo un formidabile dibattito durato due anni. Del resto la caduta del Muro si rivelò uno spartiacque planetario. I parametri del Novecento sarebbero mutati per sempre. Non potemmo che tenerne conto».

 

germano berlinguer

Il cambio del nome, tra l'altro, come ha già raccontato sul Corriere a Francesco Verderami, Berlinguer lo aveva già affrontato proprio con lei, anni prima. «Eravamo in Sicilia, ad Agrigento, nel 1974, in piena campagna elettorale sul divorzio. Io guidavo la segreteria regionale del partito. Entrai nella sua stanza, stava passeggiando, mi guardò, disse: "Achille, e se cambiassimo nome al partito?". Io ebbi un attimo di stupore, poi gli risposi: "Sì, perché no?". Lui allora aggiunse:

 

"Del resto, le distanze che agli inizi del secolo separavano il partito di Lenin dal partito di Kautsky erano di gran lunga inferiori a quelle che oggi separano il Pci dal Pcus, eppure Lenin non esitò a cambiare nome al proprio partito per rimarcarne le differenze rispetto a quello kautskiano.... Molto probabilmente si trattava di un esercizio puramente intellettuale, che però testimoniava, ecco, un suo rovello interno».

enrico maria berlinguer

 

Cosa resta, in questo Paese, di Berlinguer?

«Le rispondo descrivendole una foto vista di recente. Dove c'è Enrico, in un cantiere. Niente folla, nessun cameraman. Solo due operai edili che mangiano un panino. Un'immagine di un tempo che non c'è più. Perciò è inutile fare di Enrico un'icona dell'amarcord. Dovremmo invece far tesoro del suo coraggio di andare in mare aperto, con la sua visione alta dell'etica nei rapporti civili e politici.

 

 

enrico berlinguer

Quella foto è esposta nella mostra che, su di lui, ha allestito Ugo Sposetti». Una mostra - I luoghie le parole- diventata evento: oltre 65 mila visitatori a Roma, al Mattatoio di Testaccio, e poi 35 mila a Bologna, in attesa che arrivi anche a Cagliari e a Sassari. Duemila metri quadrati con dentro tutto il minuzioso racconto della vita del segretario, dalle lettere, ai video, agli audio dei suoi discorsi, come quando grida la solidarietà del Pci al popolo cileno massacrato dal macellaio fascista Pinochet: e poi gli oggetti personali (messi a disposizione dai figli Bianca, Maria Stella, Marco e Laura), la scrivania di casa, e persino gli occhiali e l'orologio che aveva al polso quel giorno, a Padova.

 

Sposetti, ormai da anni, si dedica con la cura del filologo classico al recupero e alla conservazione d'ogni traccia di ciò che fu, e rappresentò, il Pci (anche in termini economici, con una ragnatela di 63 fondazioni che gestiscono le oltre duemila sedi del partito: il "mattone rosso"). «Chi erano i visitatori della mostra? All'inizio, coloro che quella stagione l'hanno vissuta. Poi, l'età è scesa. Molti giovani, soprattutto ragazze». E gli esponenti politici? «Beh... da Veltroni a D'Alema, dalla Schlein a Bersani...».

bianca enrico berlinguer

 

È venuta anche la premier Giorgia Meloni. «Mi chiamò sul cellulare. "Ugo, ti disturbo se passo?". Il giorno dopo era tra i padiglioni, rivelando un autentico senso di civiltà politica. Lo stesso che Giorgio Almirante dimostrò presentandosi a Botteghe Oscure, il giorno del funerale di Enrico».

 

Cosa piace di più ai visitatori? «Mi sembra forte il fascino dei 180 libri che noi giudichiamo fondamentali. Tra cui, ovviamente, l'imprescindibile L'oro di Mosca del compagno Gianni Cervetti". Il quale, ovviamente, compare nel film, interpretato da Lucio Patanè. Cervetti fu membro della direzione e della segreteria e, a lungo, ebbe la supervisione degli aiuti finanziari che arrivavano dal Cremlino: fisiologico che Berlinguer incaricasse proprio lui di reciderli, per rendere più autonomo il Pci. Emblematico il racconto che fa Marcello Sorgi, nel suo libro San Berlinguer (Chiarelettere). «... il 24 febbraio 1976, Berlinguer si era recato a Mosca al XXV congresso del Pcus, accompagnato da una classica delegazione di cui facevano parte Sergio Segre, Gianni Cervetti, Alfonsina Rinaldi e Tullio Vecchietti... Trattamento di rispetto, alloggio in una dacia sulla Collina di Lenin...

enrico berlinguer achille occhetto

 

La sera Berlinguer rimase con Cervetti - che avendo fatto l'università a Mosca, era quello che meglio conosceva la mentalità sovietica - a rivedere il discorso dell'indomani... "Ad un certo punto mi fa cenno di uscire fuori, in giardino. Capii che lo faceva perché temeva di essere intercettato", racconta Cervetti. "Ci coprimmo con cappotti e guanti. E appena usciti mi disse a mezza bocca: "Cosa pensi?". Risposi: "Penso che è arrivato il momento di allontanarsi nettamente da questi qui"».

 

Il giorno dopo, Berlinguer lesse il suo discorso davanti a Leonid Brevzev. Nella scena che il regista Segre ricostruisce a metà film, c'è un primo piano della giovane Rinaldi. «Alfonsina era lì in rappresentanza del partito emiliano e del movimento femminile. Del resto, era regola che ogni delegazione partisse da Botteghe Oscure con almeno una donna» ricorda Lalla Trupia, a lungo responsabile femminile del partito, e l'ultima a parlare prima del segretario sul palco di Padova, quella sera. «Però il Berlinguer "femminista" comincia a delinearsi dopo la campagna per il referendum sull'aborto. Da quel momento, diventa estremamente curioso e complice delle nostre istanze, che riteneva potessero essere motore di un rinnovamento politico del Paese...". Lalla Trupia era giovanissima. E anche Alfonsina Rinaldi. C'erano tanti giovani nel Pci di Berlinguer.

enrico berlinguer achille occhetto

 

Come Goffredo Bettini, che per la politica - sempre da sinistra - ancora sanguina a tempo pieno. «La nostra era una generazione che aveva lambito il '68. Eravamo curiosi e combattivi. Fondamentalmente allegri. Smaniosi di sconfiggere la Dc, anche un po' settari. E Berlinguer fu il simbolo di quella nostra speranza...».

 

Ha un ricordo personale del segretario?

«Ne ho due... Durante il movimento del '77 non sapevamo che pesci prendere. Ci fu un colloquio con lui. Ero abituato a dialogare con Chiaromonte, Bufalini, Ingrao... Ma Berlinguer mi metteva soggezione. Era gentilissimo, parlava calmo, aveva un sorriso meraviglioso, amava i silenzi. Cercai di spiegare la nostra linea: stare un po' dentro e un po' contro le manifestazioni, fin da subito violente. Lui ascoltò. Poi disse con un filo di dolore: "Compagni, capisco tutto... anche le vostre incertezze... ma mi hanno riferito che a Roma, durante le occupazioni, hanno distrutto i microscopi". Pausa. "I microscopi", ripetè. "E i microscopi servono solo agli studenti più poveri. Che non possono comprarseli privatamente". Non replicammo, aveva capito tutto».

enrico berlinguer achille occhetto

 

L'altro ricordo? «Risale al 1983, ero responsabile culturale del Pci a Roma. Organizzammo, sulla terrazza del Pincio, un'iniziativa a sostegno della pace. Fu su quel palco che Benigni, all'improvviso, prese in braccio Berlinguer. Io e Veltroni ci guardammo attoniti. Rivolsi un'occhiata a Tonino Tanò, che mi fece segno di sì con la testa...».

 

BENIGNI ENRICO BERLINGUER

Lei sostiene ci siano stati addirittura diversi Berlinguer. «Fu tante cose insieme. Detesto la sua trasformazione in "santino", che calpesta la complessità dell'uomo. C'è un Berlinguer fino all'ultimo comunista italiano, combattente instancabile, un rivoluzionario che intendeva cambiare la società nel profondo. C'è, poi, il Berlinguer statista, rispettoso delle istituzioni.

 

enrico berlinguer

Che, prima di tutto, vuol salvare il regime democratico. Non era un sognatore: piuttosto un idealista privo di retorica, mai demagogico, ma pragmatico, concreto. C'è, infine, il Berlinguer sobrio, amante della vita, da trascorrere anche in una dimensione privata, discreta. Che si emoziona solo di fronte alla prepotenza verso gli umili e gli indifesi». Se per gli articoli fosse prevista una sigla finale, a questo punto sentireste le prime note di Dolce Enrico , la canzone cantata da Antonello Venditti: "Chiudo gli occhi e penso a te/ dolce Enrico/ Nel mio cuore accanto a me/ Tu sei vivo..."

ENRICO BERLINGUERenrico berlinguer BIANCA BERLINGUER CON IL PADRE ENRICO enrico berlinguer fiatenrico berlinguer fiat

GIORGIO ALMIRANTE AI FUNERALI DI ENRICO BERLINGUER ENRICO BERLINGUER E GIORGIO NAPOLITANO enrico berlinguer eugenio scalfari ciriaco de mitaenrico berlinguer in barca a stintinoENRICO BERLINGUER ALLA MANIFESTAZIONE DEL 1984 CONTRO I TAGLI ALLA SCALA MOBILE enrico berlinguer e eugenio scalfarigianni cervetti enrico berlinguerENRICO BERLINGUER - MASSIMO DALEMA - ACHILLE OCCHETTOGIORGIO ALMIRANTE AI FUNERALI DI ENRICO BERLINGUER

Ultimi Dagoreport

software israeliano paragon spyware whatsapp alfredo mantovano giorgia meloni peter thiel

DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO SOTTO CONTROLLO I GIORNALISTI COL SOFTWARE ISRAELIANO DI “PARAGON SOLUTIONS” - PECCATO CHE L’AZIENDA DI TEL AVIV, SCRIVE "THE GUARDIAN", NON FACCIA AFFARI CON PRIVATI, MA VENDA I SUOI PREGIATI SERVIZI DI HACKERAGGIO SOLO A “CLIENTI GOVERNATIVI” CHE DOVREBBERO UTILIZZARLI PER PREVENIRE IL CRIMINE - CHI AVEVA FIRMATO IL CONTRATTO STRACCIATO DAGLI ISRAELIANI PER "VIOLAZIONI"? QUAL È "L'ABUSO" CHE HA SPINTO PARAGON A DISDETTARE L'ACCORDO? – ANCHE IL MERCATO FIORENTE DELLO SPIONAGGIO GLOBALE HA IL SUO BOSS: È PETER THIEL, IL “CAVALIERE NERO” DELLA TECNO-DESTRA AMERICANA, CHE CON LA SOCIETA' PALANTIR APPLICA L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE AL VECCHIO MESTIERE DELLO 007…

vincenzo de luca elly schlein nicola salvati antonio misiani

DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA GUERRA A ELLY SCHLEIN - SULLA SUA PRESUNTA VICINANZA AL TESORIERE DEM, NICOLA SALVATI, ARRESTATO PER FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA, RIBATTE COLPO SU COLPO: “DOVREBBE CHIEDERE A UN VALOROSO STATISTA DI NOME MISIANI, CHE FA IL COMMISSARIO DEL PD CAMPANO” – LA STRATEGIA DELLO “SCERIFFO DI SALERNO”: SE NON OTTIENE IL TERZO MANDATO, DOVRÀ ESSERE LUI A SCEGLIERE IL CANDIDATO PRESIDENTE DEL PD. ALTRIMENTI, CORRERÀ COMUNQUE CON UNA SUA LISTA, RENDENDO IMPOSSIBILE LA VITTORIA IN CAMPANIA DI ELLY SCHLEIN…

osama almasri torturatore libico giorgia meloni alfredo mantovano giuseppe conte matteo renzi elly schlein

DAGOREPORT – LA SOLITA OPPOSIZIONE ALLE VONGOLE: SUL CASO ALMASRI SCHLEIN E CONTE E RENZI HANNO STREPITATO DI “CONIGLI” E ''PINOCCHI'' A NORDIO E PIANTEDOSI, ULULANDO CONTRO L’ASSENZA DELLA MELONI, INVECE DI INCHIODARE L'ALTRO RESPONSABILE, OLTRE ALLA PREMIER, DELLA PESSIMA GESTIONE DELL’AFFAIRE DEL BOIA LIBICO: ALFREDO MANTOVANO, AUTORITÀ DELEGATA ALL’INTELLIGENCE, CHE HA DATO ORDINE ALL'AISE DI CARAVELLI DI RIPORTARE A CASA CON UN AEREO DEI SERVIZI IL RAS LIBICO CHE E' STRAPAGATO PER BLOCCARE GLI SBARCHI DI MIGLIAIA DI NORDAFRICANI A LAMPEDUSA – EPPURE BASTAVA POCO PER EVITARE IL PASTROCCHIO: UNA VOLTA FERMATO DALLA POLIZIA A TORINO, ALMASRI NON DOVEVA ESSERE ARRESTATO MA RISPEDITO SUBITO IN LIBIA CON VOLO PRIVATO, CHIEDENDOGLI LA MASSIMA RISERVATEZZA - INVECE L'ARRIVO A TRIPOLI DEL TORTURATORE E STUPRATORE DEL CARCERE DI MITIGA CON IL FALCON DELL'AISE, RIPRESO DA TIVU' E FOTOGRAFI, FUOCHI D’ARTIFICIO E ABBRACCI, HA RESO EVIDENTE IL “RICATTO” DELLA LIBIA E LAMPANTE LO SPUTTANAMENTO DEL GOVERNO MELONI - VIDEO

ursula von der leyen giorgia meloni

URSULA VON DER LEYEN, CALZATO L'ELMETTO, HA PRESO PER LA COLLOTTOLA GIORGIA MELONI - A MARGINE DEL CONSIGLIO EUROPEO INFORMALE DI TRE GIORNI FA, L’HA AFFRONTATA CON UN DISCORSO CHIARISSIMO E DURISSIMO: “CARA GIORGIA, VA BENISSIMO SE CI VUOI DARE UNA MANO NEI RAPPORTI CON TRUMP, MA DEVI PRIMA CONCORDARE OGNI MOSSA CON ME. SE VAI PER CONTO TUO, POI SONO CAZZI TUOI” – LA REAZIONE DELLA SEMPRE COMBATTIVA GIORGIA? DA CAMALEONTE: HA ABBOZZATO, SI È MOSTRATA DISPONIBILE E HA RASSICURATO URSULA ("MI ADOPERO PER FARTI INCONTRARE TRUMP"). MA IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA NON HA ABBOCCATO, PUNTUALIZZANDO CHE C’È UNA DIFFERENZA TRA IL FARE IL "PONTIERE" E FARE LA "TESTA DI PONTE" – IL “FORTINO” DI BRUXELLES: MACRON VUOLE “RITORSIONI” CONTRO TRUMP, MERZ SI ALLONTANA DAI NAZISTI “MUSK-ERATI” DI AFD. E SANCHEZ E TUSK…

elly schlein almasri giuseppe conte giorgia meloni

DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI CHURCHILL PER NON FINIRE NELLA TRAPPOLA PER TOPI TESA ALL'OPPOSIZIONE DALLA DUCETTA, CHE HA PRESO AL BALZO L’ATTO GIUDIZIARIO RICEVUTO DA LO VOI PER IL CASO ALMASRI (CHE FINIRÀ NELLA FUFFA DELLA RAGION DI STATO) PER METTERE SU UNA INDIAVOLATA SCENEGGIATA DA ‘’MARTIRE DELLA MAGISTRATURA’’ CHE LE IMPEDISCE DI GOVERNARE LA SUA "NAZIONE" - TUTTE POLEMICHE CHE NON GIOVANO ALL’OPPOSIZIONE, CHE NON PORTANO VOTI, DATO CHE ALL’OPINIONE PUBBLICA DEL TRAFFICANTE LIBICO, INTERESSA BEN POCO. DELLA MAGISTRATURA, LASCIAMO PERDERE - I PROBLEMI REALI DELLA “GGGENTE” SONO BEN ALTRI: LA SANITÀ, LA SCUOLA PER I FIGLI, LA SICUREZZA, I SALARI SEMPRE PIÙ MISERI, ALTRO CHE DIRITTI GAY E ALMASRI. ANCHE PERCHE’ IL VERO SFIDANTE DEL GOVERNO NON È L’OPPOSIZIONE MA LA MAGISTRATURA, CONTRARIA ALLA RIFORMA DI PALAZZO CHIGI. DUE POTERI, POLITICO E GIUDIZIARIO, IN LOTTA: ANCHE PER SERGIO MATTARELLA, QUESTA VOLTA, SARÀ DURA...