1- CON LO SBARCO DEL MINISTRO (VAI A SAPERE PER QUANTO...) GALAN SUL RED CARPET PER IL FILM DI PUPI AVATI E LE SUE DICHIARAZIONI ("I FILM DI AVATI MI HANNO CAMBIATO LA VITA"), QUESTA SESTA EDIZIONE DEL FESTIVAL DI ROMA ENTRA NELLA LEGGENDA. ANCHE PERCHÉ GALAN, CHE TEMEVA DI ESSERE FISCHIATO DALLA FOLLA INFEROCITA DI ROMANISTI, CINEMATOGRAFARI E TERRONI VARI, È PASSATO ASSOLUTAMENTE INOSSERVATO. IN PRATICA NESSUNO LO HA RICONOSCIUTO, NEANCHE IL PORCHETTARO, FORSE QUALCUNO LO HA SCAMBIATO PER ROBERTO GIACOBBO DI "VOYAGER" 2- MA IL COLOSSALE GALAN CONTINUA CON LE SUE GALAN-TERIE: “LA RASSEGNA ROMANA È UN DOPPIONE DI QUELLO VENEZIANA, UNA BRUTTA COPIA ED È DANNOSA PER IL PAESE”

Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo

Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"

C'è anche il ministro della Cultura Giancarlo Galan.
Red carpet. Fotografi e cameraman eccitati (poco fa il ministro Ignazio La Russa è stato travolto da una cannonata di fischi).
Galan: «Sono coraggiosissimo, o no?». (Galan sostiene da settimane che questo Festival andrebbe chiuso).

Primo passo sul tappeto rosso (incerto).
Secondo passo (ancora incerto).
Terzo passo (più disteso).

Sguardo: come incredulo. Nessuna contestazione? No, niente. Zero. Silenzio assoluto.
Accenno di sorriso. Si avvicina alla transenna, mentre è forte la sensazione è che il pubblico romano non lo riconosca: del resto Galan, ex governatore del Veneto, non è un grande frequentatore di salotti televisivi.

«Sono venuto perché è mio compito fare anche delle cose che non avrei voglia di fare...».

Non ha cambiato idea, perciò.
«Continuo a pensare che questo Festival sia un doppione di quello veneziano, una brutta copia, e in quanto tale sia perciò dannoso per il Paese».

Quindi lei pensa che...
«A me fa impazzire l'idea che la signora Detassis e il signor Muller, vale a dire i responsabili artistici dei due festival, siano andati in giro per il mondo cercando di rubarsi i film da portare in concorso. Venezia ha una storia e un prestigio che Roma non ha e non potrà mai avere. E non è un argomento accettabile dire che Roma si autofinanzia in buona parte: perché se la mettiamo su questo piano, allora Roma farebbe bene a finanziarsi anche tutte quelle cose di cui, francamente, avrebbe più bisogno».

Lei propone di chiuderlo questo Festival?
«Io dico che non devono imitare Venezia. Io dico che Roma deve diventare il centro del mercato cinematografico italiano. Punto».

Per esserci un mercato, dev'esserci un evento.
«Si inventino un evento, allora: basta che sia orientato al mercato del cinema. Ne ho già parlato con Alemanno, e credo sia d'accordo».

Galan, a questo punto, si avvia verso il foyer. Tre scalini, vetrata: ecco il regista del film che sta per essere proiettato, Pupi Avati (buona cera, tanto affetto dopo il malore dell'altro giorno) e poi ecco pure il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che quando questo Festival fu presentato, disse ruvido (parlando, appunto, di Galan, suo collega di partito, il Pdl): «Nessun ministro ci verrà a rompere le scatole».

Ora però ci sono sorrisi e sorrisoni, tra il sindaco e il ministro.
Siparietto.
Frasi sussurrate.
Ma i cronisti incalzano Galan. Gli chiedono se ha intenzione di scongelare i finanziamenti ministeriali destinati al Festival (circa 270 mila euro). Lui è in imbarazzo e dice beh, vediamo, aspettiamo, può darsi, «a condizione ci sia un progetto speciale dedicato allo sviluppo del mercato cinematografico».

Dieci minuti dopo, l'agenzia Ansa batte un lancio: «Galan è pace, sì fondi per mercato». Poi Alemanno (senza specificare però che Galan pretende un radicale cambiamento del Festival). «Ora nessuno potrà mettere in discussione il ruolo centrale del Festival di Roma».

Ministro Galan, e la successione del Presidente Rondi?
«Non metto bocca... ma ci sono già dei candidati?».

Alcuni.
«Tipo?»

Pupi Avati.
«Oh... il suo film "Regalo di Natale" mi ha cambiato la vita».

Poi Luca Barbareschi.
«Stimo anche lui».

Poi pure Umberto Croppi.
«Chi?».

Croppi, l'ex assessore alla Cultura di Roma.
«Non lo conosco, mi spiace».

 

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