QUEGLI SMALTI DI SOTTSASS TROPPO MODERNI PER L’ITALIA – IN MOSTRA A PARIGI LA COLLEZIONE CHE IL GRANDE ARTISTA PREPARO’ PER UN’ESPOSIZIONE A MILANO NEL 1958 – QUEGLI OGGETTI FURONO UN FLOP COMMERCIALE (“ERANO TROPPO AVANTI”) E NON FURONO MAI PIU’ REPLICATI – IL FONDATORE DEL MUSEO CASA MOLLINO: “SOTTSASS ERA MOLTO APERTO A TUTTO, MA A TRATTI DIVENTAVA INCOMPRENSIBILE"
Leonardo Martinelli per “la Stampa”
Correva il 1958. Ettore Sottsass aveva 41 anni.
ETTORE SOTTSASS - SMALTO SU RAME
Era sbarcato a Milano già dal 1947, reduce dall' esperienza traumatica della guerra, combattente in Montenegro e poi internato a lungo in un campo di concentramento dopo l' armistizio. Ormai conosciuto nel giro degli architetti milanesi, non rappresentava ancora il mito del design italiano che verrà. Ecco, quell' anno in via della Spiga aprì la galleria Il Sestante ed Ettore ne assunse la direzione artistica: per l' inaugurazione preparò una sessantina di smalti su rame (gli unici che abbia mai realizzato nella sua lunga vita). Tondi e vasi, semplici nei disegni e pieni di colore, solari ma anche enigmatici. Modernissimi.
Probabilmente Sottsass sperava di venderli facilmente: la clientela che affluì quella sera al vernissage era la buona borghesia meneghina del miracolo economico. Lui si ritrovava spesso squattrinato, perché «troppo artista» in quello che faceva.
Meno male che c' era la moglie, Fernanda Pivano, di ricca famiglia. Diciamolo subito, non andò bene: «La tecnica dello smalto è molto complicata e costosa - osserva Fulvio Ferrari, gallerista ed esperto del design italiano -.
E poi, basta guardarli questi oggetti: nel 1958 apparivano strani, erano troppo avanti». Furono un flop commerciale e non vennero mai replicati, neanche molto più tardi quando, nel 1981, intorno a Sottsass si formerà il gruppo Memphis, avanguardia gioiosa del design italiano (ma lui attirò a sé tanti giovani stranieri), che riscosse da subito un successo clamoroso.
ETTORE SOTTSASS - SMALTO SU RAME
Fulvio Ferrari e il figlio Napoleone, presidente a Torino del Museo Casa Mollino, hanno ricostituito la collezione di oggetti di quel lontano vernissage. Mai esposti in Italia, lo sono in questi giorni, fino al 28 marzo, all' Istituto italiano di cultura a Parigi: in uno degli scintillanti saloni, al piano terra di questo palazzo settecentesco, tra lustri e specchi d' epoca, risalta ancora di più la loro modernità. E diventa chiaro come Memphis non s' inventò da un giorno all' altro.
Le fasce di colore nette e la scelta di tonalità vivaci, proprie di quel gruppo, tocco d' ironia per sdrammatizzare un design fino ad allora troppo funzionale, erano già nella testa di Ettore, come in questi smalti, «che hanno anche un significato trascendente, con segni e disegni che richiamano simbologie di culture antiche », osserva Fulvio Ferrari. Uno dei tondi riporta i raggi rossi del sole. E altri richiamano le forme dei gioielli etnici, che in quegli stessi anni Sottsass e la Pivano collezionavano. La passione per i colori, d' altra parte, gli veniva dagli anni della gioventù, trascorsi a Torino, dove tante volte, invece di andare a lezione al Politecnico, dove si laureò in architettura, si rintanava nello studio di Luigi Spazzapan, a scrutare la genesi delle sue tele astratte.
ETTORE SOTTSASS - SMALTO SU RAME
Ma ritorniamo al 1958. Fu un anno importante per Sottsass, che iniziò a lavorare per l' Olivetti come designer dell' Elea 9003, il primo calcolatore elettronico italiano (una decina d' anni dopo disegnerà la macchina da scrivere Valentine, rosso fuoco).
Poi, all' inizio degli Anni 60 la coppia Ettore-Fernanda (un sodalizio intenso ma pure tumultuoso, a causa dei tradimenti di lui) viaggerà in India e Birmania e finirà in California nel 1962, dove lui si curerà una brutta nefrite. In quel momento diventeranno intimi della Beat generation, che vedrà tradotte le sue parole in italiano proprio dalla Pivano. Fulvio Ferrari ha conosciuto Sottsass: «Era una persona difficile. Raramente rideva, era molto aperto a tutto, ma a tratti diventava incomprensibile». Ettore se ne andò il 31 dicembre 2007. Fino all' ultimo, alla ricerca di qualcosa: «Sono amico della gente incerta, perplessa, modesta - diceva -, che cerca di capire e che è sempre nello stato di uno che non ha capito. Sono molto amico della gente che ha paura».
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