IL CINEMA DEI GIUSTI - IL ‘’MONSIEUR MERDE’’ DI LEOS CARAX RICORDA CON NOSTALGIA IL GRANDE CINEMA CHE NON C’È PIÙ

Marco Giusti per Dagospia


Merde! Arriva Monsieur Merde! Più volgare di Bombolo ma molto, molto più intellettuale di Jep Gambardella. Buone notizie. Dopo un anno di attesa arriva, in pieno giugno, tra l'ultimo Star Trek e qualche rimasuglio di cinema italiano indigeribile, quello che in tutto il mondo avevano definito uno dei migliori film del 2012, cioè il geniale "Holy Motors" di Leos Carax, ingiustamente trascurato dalla giuria nannimorettiana di Cannes, con totale scandalo della critica internazionale più scatenata.

Carax, regista di capolavori e di grandi disastri autoriali, come "Les amants du Pont-Nuef", non girava più un film dal 1999 di "Pola X", folle e oscura versione di "Pierre o delle ambiguità" di Melville con lunga sequenza hard, ma aveva diretto un episodio del film collettivo "Tokyo!" tre anni fa dove aveva trasportato, proprio nel centro di Tokyo, il buffo personaggio di Monsieur Merde, sorta di rilettura alla Carax e alla Denis Lavant, il suo attore feticcio, del Mister Hyde di Jean-Louis Barrault e Jean Renoir.

Monsieur Merde è una specie di angelo del male dai capelli e dalla barba rossi e incolti, unghie spaventose, camminata scimmiesca. Un mostro di volgarità e poesia. Ripesca Denis Lavant e pure Monsieur Merde per quest'opera maggiore, difficile, astrusa, ma sempre piena di vitalità, di idee e di invenzioni che è "Holy Motors". Un canto, mai nostalgico, alla civiltà delle macchine, al secolo del cinema che abbiamo abbandonato.

Le vediamo le macchine, le grandi limousine del 900 riunite tutte insieme in un garage piangere quello che gli uomini hanno abbandonato. "Gli uomini non amano più le macchine materiali". E non amano neanche più il cinema come lo facevano il secolo scorso. Rispetto a un cinema dove, dopo la rivoluzione digitale, non esisterà più neanche la macchina da presa, ci si chiede "Se la bellezza è nell'occhio di chi guarda, cosa resterà se non ci sarà più nessuno a guardare?".

E' lo stesso Carax che si sveglia nel sonno e scopre, come in un racconto di Hoffman, spiando in un buco, che da camera sua può entrare dentro una vecchia sala di cinema dove, come a teatro, il pubblico sta guardando "La folla" di King Vidor. Da lì, dal suo ritorno al cinema, dall'amore per Henry James e Georges Franju, parte il viaggio di Alex Oscar (guarda un po', l'anagramma di Leos Carax), cioè Denis Lavant, a bordo di una limousine, assistito dalla fida Celine, cioè la Judith Scob protagonista di un capolavoro di Franju molto citato da Carax, cioè "Les yeux sans visage", in una Parigi dove tutto è cambiato.

Lavant-Oscar si cambia in continuazione e si trasforma, da attore, in tanti situazioni diverse di un cinema e di una cultura che non esistono più. Diventa Monsieur Merde, appunto, che rapisce la bellissima Eva Mendes, nel ruolo della modella Kay M., e la porta con sé come fossero King Kong e Fay Wray. I magazzini abbandonati della Samaritaine diventano spazio per un musical. Kylie Minogue canta "Who Were You", scritta dallo stesso Carax, e imita Jean Seberg, la bellissima bionda di "A bout de soufflé".

Ma diventa anche un attore da utilizzare per i nuovi personaggi costruiti con effetti digitali. Non è facile raccontare o descrivere un film che in fondo gioca con lo spettatore e con la sua cultura con estrema ironia per azzardare una specie di canto funebre (motors/morts) sulla fine di un secolo e sulla fine o trasformazione del cinema.

Basterà lasciarsi trasportare da Denis Lavant, dal suo Oscar e dal suo Monsieur Merde per le strade di Parigi con Eva Mendes, da Michel Piccoli in un ruolo luciferino, dalle povere macchine ormai abbandonate, in un film di grande fascino e di grande intelligenza che non vuole mostrarci nessuna grande bellezza, ma i giocattoli vecchi e gli amori che abbiano lasciato nel secolo scorso. In sala dal 6 giugno.

 

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