“DELLA LEGGE SULL’AUTONOMIA RESTA POCO O NULLA, ORA TOCCA AL PARLAMENTO” - IL MONITO DEL NEOPRESIDENTE DELLA CONSULTA, GIOVANNI AMOROSO, DOPO LA BOCCIATURA DEL REFERENDUM SULLA RIFORMA BANDIERA DELLA LEGA: “SONO QUASI 14 I PUNTI CONTESTATI (A FRONTE DELLE PAROLE DI CALDEROLI E ZAIA CHE CONTANO 7 PROFILI DI ILLEGITTIMITA’). LA CORRETTA DEFINIZIONE DEI LIVELLI ESSENZIALI DELLE PRESTAZIONI COSTITUISCE L’ARCHITRAVE INTORNO A CUI VA RICOSTRUITO L’EDIFICIO” - LA LEGA SA CHE L’AUTONOMIA NON PIACE AI MELONIANI E A FRATELLI D’ITALIA - E ZAIA APRE IL DIALOGO CON IL PD...
Conchita Sannino per "la Repubblica" - Estratti
Toni del tutto concilianti, sopra un messaggio netto e dirompente, per la Lega, se a consegnarlo è il nuovo vertice della Corte Costituzionale. «Non credo sia corretto parlare della progressione dei lavori sull’autonomia differenziata dicendo al “netto dei Lep”. Perché la corretta definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni costituisce proprio l’architrave, il pilastro» dei rilievi mossi dalla Consulta, puntualizza Giovanni Amoroso, neo presidente della Corte eletto ieri all’unanimità.
E soprattutto per un altro motivo: «Di quella legge ( Calderoli, ndr ) va detto, è rimasto poco o nulla» dopo le rilevate incostituzionalità e i passaggi sull’errata interpretazione della Carta. «Sono complessivamente quasi quattordici », i punti contestati, ricorda Amoroso, chissà se a fronte delle parole del ministro Calderoli e del governatore Zaia che contano sette profili di illegittimità, in buona parte «autoapplicativi».
Pacatezza di classe 1949, campano di nascita, romano di adozione, rinomato giuslavorista e proveniente dai ranghi della Cassazione, Amoroso, secondo i passaggi di rito, dopo aver eletto i due vicepresidenti, Francesco Viganò e Luca Antonini, ha telefonato alla presidente Meloni. Poi ha aperto la sala al quinto piano al tradizionale incontro con i giornalisti. E se si eccettua lo stop a una domanda sul premierato, non è sfuggito a nessuno dei temi più caldi.
Si parte dall’autonomia, e di fronte agli annunci della maggioranza – «Andiamo avanti con le intese sulle materie no Lep» – il presidente della Consulta si spinge ad essere ancora più esplicito. «Ci sono vari livelli di criticità», spiega Amoroso, «che vanno rispettati». Non solo bisogna fermarsi sulle materie Lep, che cioè implicano prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, «ma anche per le funzioni non Lep, bisogna giustificare quella richiesta perché corrisponda al principio di sussidiarietà».
Soprattutto, è il Parlamento a dover riprendere in mano le redini dell’autonomia. «La possibilità di determinare i Lep senza un intervento del legislatore non c’è. Occorre – avverte ancora Amoroso - che il legislatore intervenga anche per le materie non Lep». E poi esistono le altre materie «come il commercio estero, o le politiche energetiche» per le quali la Consulta ha stoppato «il trasferimento regionale». Insomma, la sentenza 192 della Corte ha lasciato in piedi un residuo: «È rimasto solo un perno, intorno a cui va ricostruito l’edificio».
Ecco accennata, il giorno dopo il no della Corte al referendum abrogativo, la spiegazione che ha condotto i giudici sull’inammissibilità. Si può fare un referendum sui vuoti che vanno rigorosamente, secondo le prescrizioni della Consulta, riempiti dal Parlamento? Si può chiedere un sì o un no alla norma costituzionale che contempla l’autonomia, ma negli insuperabili vincoli dei principi di uguaglianza coesione e sussidiarietà?
Parole che inducono a relativo consiglio. Dopo l’incitamento di lunedì sera “Avanti tutta”, Zaia la prende alla larga: «Ora si apra un periodo di dialogo costruttivo anche con l’opposizione», per riparare falle e riempire vuoti «tutti insieme». La Lega sa che l’autonomia non piace a FI, non la ama FdI. Gasparri, infatti: «Ora si andrà avanti come voleva Forza Italia, tenendo conto delle correzioni che la Corte ha suggerito ». E la trincea resta. La segretaria dem Schlein: «Il comitato per il referendum non smobiliti, la battaglia deve continuare perchè la sentenza 192 sia bene recepita dal Parlamento, come indica la Consulta».
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