BURLE ALL’OCEANO - I CAVALIERI DELLE ONDE TRA BRIVIDO E RECORD: THE BIG ONE “DOMATA” DAL SURFER BRASILIANO CARLOS BURLE

Andrea Nicastro per "Il Corriere della Sera"

Il cielo era plumbeo, la pioggia tagliente. Nel color acciaio dell'acqua portoghese mancavano le trasparenze caraibiche e persino i muscoli statuari degli intrepidi erano coperti da mute e giubbotti salvagente. Gli sponsor avrebbero preferito delle quinte differenti, ma alle onde non si comanda. I record si battono ormai da anni a Nazare, una baia al centro della costa atlantica del Portogallo, bella quanto lontana dalla categoria paradisiaca. Qui arrivano onde che si sono gonfiate nell'Atlantico.

Qui si rischia la vita, si mettono alla prova personalità e, a dispetto degli art director, si costruiscono leggende da surf shop. A Nazare, all'alba di lunedì è arrivata la Grande Onda. Non l'onda perfetta ma, forse, la più alta mai cavalcata da piedi umani. Mancava anche il «tube», quel gigantesco ricciolo d'onda nel quale sfrecciano curvi i surfisti dei documentari. Però, è proprio a Nazare che Carlos Burle ha vissuto il suo lunedì da leone.

Secondo le prime stime l'onda doveva essere alta almeno 30 metri, come un palazzo di 10 piani. Tonnellate, tonnellate e tonnellate d'acqua mosse da St Jude, la colossale perturbazione che ha spazzato il Nord Europa dalla Gran Bretagna a San Pietroburgo uccidendo 15 persone. Per una volta, sulla penisola iberica sono arrivate solo le frange della depressione.

I surfisti le aspettavano incollati ai meteo dei siti specializzati. In autunno le tempeste sono la norma e la tribù nomade dei cacciatori dell'onda era lì per quello. C'era anche il campione hawaiano Garrett McNamara. Il libro dei Guinness gli attribuisce una discesa da un'onda di 23 metri effettuata nella stessa baia portoghese nel novembre del 2011. McNamara spera di poter migliorare il suo stesso record con una cavalcata messa agli atti a gennaio, sempre a Nazare.

Alle 4 del mattino è suonata la sveglia. Grasso di foca sulla faccia, mute, giubbotti e moto d'acqua di appoggio per spingere le tavole al largo, prima dell'arrivo della mareggiata. Chi esce incontro alla tempesta o è pazzo o è un campione. In genere è entrambe le cose.

«Alle 6 - ha raccontato Carlos, l'uomo del record - ero già in mare ad aspettare. Altri surfisti avevano già disceso qualche onda. Eravamo eccitatissimi, sentivamo che poteva arrivare la Grande Onda». Un'amica, Maya Gabeira, anche lei brasiliana, ha tentato la sorte qualche minuto prima di Carlos Burle. Si è messa sulla tavola, è scivolata a precipizio, ma ha perso l'equilibrio. Proprio Burle è riuscito a ripescarla mezza annegata, con una caviglia in pezzi.

«È stato orribile vederla incosciente, senza respiro. Ci conosciamo da anni e ci prepariamo assieme per questi momenti. Ho avuto l'impulso di rientrare. Nel surf è tutto così mescolato: paura, adrenalina, felicità. Sono rimasto». Qualche minuto ancora in attesa, a riprendere la posizione giusta, poi, alle 6,30 l'Onda. «Sono stato fortunato - ha ammesso Carlos -. Solo quando la stavo già surfando l'ho sentita crescere e la tavola accelerare. Record o non record è stata una di quelle frustate di emozione che mi resteranno dentro».

Burle, come l'attuale campione McNamara non sono ragazzini scavezzacollo. Non scappano dalla guerra del Vietnam o dalla grande crisi, ma la loro vita oltre il limite della paura continua ad affascinare. Uno ha 45 anni, l'altro 46. Sono professionisti, sponsorizzati e a caccia di premi per continuare a vivere così. A fine anno un comitato certificherà senza appello l'altezza dell'onda portoghese e assegnerà record e premio a uno dei due. L'autunno prossimo, ancora a Nazare si ritroveranno per tenere lontani dagli sponsor dei leoni più giovani di loro.

 

Carlos Burle Surfista nella tempesta Carlos Burle Surfista nella tempesta Carlos Burle Surfista nella tempesta Carlos Burle Surfista nella tempesta Carlos Burle Surfista nella tempesta Carlos Burle Surfista nella tempesta Carlos Burle Surfista nella tempesta Carlos Burle Surfista nella tempesta

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