MUSICA A PERDERE - LAVEZZI: "SIAMO IN UN PERIODO DI DECADENZA E OMOLOGAZIONE. SE I RAPPER SONO LA NOVITÀ...'' - '' DA BATTISTI HO IMPARATO TANTO. IN QUEI VIAGGI A CAVALLO INSIEME A MOGOL C’ERO ANCHE IO" - GLI ELOGI ALLO SHOW DI BAGLIONI E MORANDI
Stefano Caselli per il “Fatto Quotidiano”
Come sta la musica? Non fa eccezione, siamo in un periodo di decadenza e dobbiamo prenderne atto". Parola di Maurizio Lavezzi, milanese classe 1948. E se lo dice lui, c' è da credergli. Basta leggere la sua biografia artistica per rischiare la labirintite: musicista nei Camaleonti, cantautore, produttore, ha collaborato con Mogol e Battisti, ha firmato canzoni per Lucio Dalla e Gianni Morandi, Ornella Vanoni, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè, Anna Oxa, prodotto e duettato con altre decine di artisti e chi più ne ha, più ne metta.
Lavezzi, siamo messi così male?
Detesto i nostalgici e non voglio sembrarlo, ma gli Anni 60 e 70, c' è poco da fare, sono stati rinascimento, illuminismo e risorgimento tutti insieme. La creatività, in tutti i campi, era straordinaria. In fondo non facciamo che riproporre modelli che arrivano da lì, tutto si torna, è un ciclo. Poi, per carità, il genere umano è sempre sopravvissuto.
Abbiamo superato l' Alto medioevo, sopravviveremo anche a questa decadenza. Poi certo, ci sono le eccezioni, penso a Tiziano Ferro, a Jovanotti, ma in generale esiste un' omologazione che impedisce di apprezzare qualcosa che esca fuori dagli schemi. E l' omologazione vale in tutti i contesti.
Prendiamo la programmazione radiofonica. Se non hai pulsazione ritmica, è difficile passare. Oggi canzoni come I giardini di marzo o La donna cannone, se proposte da sconosciuti, farebbero molta fatica ad emergere.
Lei è stato autore, produttore, musicista. Di tutto un po'. Qual è la condizione migliore?
Nel 1983 crearono un Telegatto apposta per me, lo chiamarono "music maker", più o meno "fabbricatore di musica", un musicista che si muove in più aree.
Ho avuto fortuna, ed è per questo che curo un concorso per scovare gruppi studenteschi.
Perché parla di gruppi studenteschi?
Perché la mia carriera è iniziata con i Trappers, un gruppo nato a scuola di cui facevano parte futuri membri dei Camaleonti e dei Ragazzi della via Gluk, il gruppo di Celentano, oltre a Teo Teocoli, per un breve periodo. Ecco, gli Anni 60 erano un momento estremamente aggregativo, la musica si poteva fare solo dal vivo e per farlo dovevi avere un bagaglio culturale importante.
Per un' intera serata dovevi avere pronte decine di pezzi, soprattutto cover. Noi suonavamo Beatles, Rolling Stones, Cream, Kinks, ma anche Adamo e Frank Sinatra. Insomma, dovevi studiare. E poi questo, dopo, ti torna. L' ho capito quando ho iniziato a scrivere musica. Oggi è molto più difficile. Per questo vado alla ricerca di talenti nelle scuole.
Oggi invece basta un talent…
Il motivo è molto semplice. Se anche il mercato musicale è in aumento grazie allo streaming, siamo lontani anni luce dai fatturati degli anni d' oro. Le case discografiche non hanno risorse per sostenere progetti a lungo termine (pensiamo a Dalla, che prima di diventare Dalla aveva già fatto sette dischi) e allora vanno alla ricerca del prodotto finito.
Col vincitore del talent risparmi sulla promozione, che è una voce onerosissima. L' artista è già noto al grande pubblico. Il problema, semmai, è mantenere il successo. Dopo pochi mesi, ne spuntano altri… E lo dico da produttore di Debora Iurato, un' artista che non sa solo cantare ma anche interpretare. E sono due cose ben diverse.
Lei ha potuto lavorare con Lucio Battisti…
Battisti l' ho vissuto, oltre che averci collaborato. In quei viaggi a cavallo in Jugoslavia con lui e Mogol c' ero pure io. Poi Lucio aveva l' abitudine di coinvolgere tutti quelli che lavoravano per la Numero Uno nelle registrazioni. Ho fatto anche i cori per Il mio canto libero. Ecco, io mi sedevo accanto a lui, cercavo di cogliere un po' di quell' intelligenza che ci metteva quando lavorava. Insomma, sono andato a scuola, ho studiato come quando suonavo con i Trappers. E ho imparato tanto, da lui come da tanti altri.
E da Dalla, dalla Vanoni, dalla Mannoia…
Parla di giganti. Tutta gente che ha avuto la fortuna, come me, di nascere artisticamente in quel periodo. Ma non era tutto facile, il tessuto sociale esigeva che sorprendessi, che fossi propositivo, altrimenti emergere non era possibile. Prendi Morandi…
La stupisce ancora?
Ho visto Capitani coraggiosi, lo show con Claudio Baglioni. A parte il fatto che cantano un paio di pezzi scritti da me e gliene sono grato, sono stato al Forum di Assago e mi hanno inchiodato al palco per tre ore.
Oggi non basta suonare il proprio disco. O sei Springsteen oppure ti annoi. Mi capita spesso di vedere dei bei concerti, ma di aver voglia di andare a bere una birra dopo tre quarti d' ora. Non è successo con Baglioni e Morandi, perché loro raccontano una storia. Quello che nel mio piccolo cerco di fare anch' io.
Come?
Uno show, si chiama Le radici di una canzone. Racconto la mia carriera dai Camaleonti a oggi, e spiego a chi mi ascolta l' origine di Vita, che scrissi per Dalla e Morandi. Mogol la scrisse per una donna di cui era innamorato, che tra l' altro è un' amica di mia moglie. Diciamo che la fanciulla ne aveva combinate parecchie, ed ebbe la sventurata idea di raccontarle a Mogol. Da lì nasce il verso "Anche gli angeli, a volte, si sporcano".
Dalla sentì il pezzo e lo volle, però c' erano alcune parti del testo da cambiare perché diventasse un suo pezzo. E così facemmo. Lo stesso principio che c' è dietro Un filo di trucco, un filo di tacco, lo show di Ornella Vanoni che è andato benissimo.
Parliamo di giganti, che però suonano da una vita. Il ricambio dov' è?
Il nostro mondo manca di autocritica. Chi produce musica deve capire che fare un album è tremendamente difficile. Quando ascolti un disco dei Beatles può capitare che una, massimo due canzoni ti sembrino fuori posto o buttate via. Quanti altri fanno lo stesso effetto? D' accordo parliamo dei Beatles, però…
Ci sarà qualcuno che le piace…
Ma certo, ci mancherebbe. I Negramaro, a loro modo anche i Modà. E Laura Pausini.
Professionalmente è cresciuta tantissimo. E poi i rapper. Possono anche non piacere, urtare, ma è un dato di fatto che oggi fanno breccia molto più della musica rock, perché lavorano sui testi e i ragazzi seguono quelli. Il confronto con quelli dei colleghi rock è quasi sempre impietoso.
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