IL SETTIMO GIORNO DIO CREÒ IL LECCACULO – SEMBRA FACILE MA È UN’ARTE SOTTILE - C’È SEMPRE UNA SCUSA BUONA PER GIUSTIFICARE IL PROPRIO SERVILISMO - MUSIL: “UN PIACERE IRRINUNCIABILE PER I POTENTI”
1. ELOGIO (IRONICO) DELLO ZERBINO UMANO
Daniele Abbiati per “il Giornale”
Figurarsi se non c'entra Dante Alighieri, uno abituato a parlar chiaro (be' certo, magari con l'ausilio di opportune parafrasi...). Figurarsi se i lecchini potevano scampare al suo Inferno. Non soltanto ci sono, laggiù, ma il termine «leccaculo», in voga da secoli, deriva proprio da loro, anzi da un lui con tanto di nome, cognome e città di provenienza. «Perché, se ben ricordo/ già t'ho veduto coi capelli asciutti, / e se' Alessio Interminei da Lucca», dice a muso duro il Sommo Poeta nel Canto XVIII rivolgendosi al malcapitato.
«Qua giù m'hanno sommerso le lusinghe/ ond'io non ebbi mai la lingua stucca» (cioè la lingua stanca), ammette l'accusato, il quale ha i capelli impiastricciati proprio da quella cosa che di lontano, ma soltanto di lontano pare cioccolata... Essendo stati appunto, quei capelli, troppo vicini alle terga dell'adulato di turno. Ben gli sta, dunque, esser «sì di merda lordo». Insomma, il nobile lucchese è il capostipite di una razza dannata che mai si estinguerà, come tutti sappiamo bene per esperienza diretta.
Anche perché quella usata dagli autori di ogni parte del mondo, da lì in poi, è tutt'altro che carta... igienica. L'adulatore, versione soft del leccaculo, è uno strumento narrativo cui ricorrono i grandi, da Tolstoj a Flaubert, da Dostoevskij a Kafka, da Mann a chi volete voi.
Dell'adulatore esistono molteplici versioni, da quella scolastica del libro Cuore a quella rurale di Turgenev, da quella salottiera di Proust nella Recherche a quella statale o parastatale (e comunque paracula) che leggiamo in questa pagina nel brano di Musil.
Il bello è che tutte le filosofie, tutte le civiltà, persino tutte le religioni condannano l'adulazione.
Ma l'adulatore, con instancabile zelo, continua a spalmare la propria ributtante bava sulle natiche (o sui piedi, da qui la variante «leccapiedi») di chicchessia: professore, capufficio, senatore, scrittore. Afferma Alessandro Manzoni in Osservazioni sulla morale cattolica: «L'adulazione è, secondo la legge di Dio, un peccato (se non altro come menzogna), e chi non sa quanti sofismi ha inventato il mondo per giustificarla?». Infatti, c'è sempre una scusa buona per giustificare il proprio servilismo, come illustra molto bene Richard Stengel in Manuale del leccaculo. Teoria e storia di un'arte sottile (Fazi, 2009).
Del resto, come non dar ragione a Jonathan Swift quando dice che «l'adulazione è il cibo degli sciocchi. Tuttavia, talvolta gli uomini d'ingegno condiscendono ad assaggiarne un po'»? Sì, sta parlando proprio di quella cosa che da lontano pare cioccolata.
2. IL SETTIMO GIORNO DIO CREÒ IL LECCHINO
Estratto del libro “Il Lecchino” di Robert Musil pubblicato da “il Giornale”
In sei giorni Dio creò il cielo e la terra. Nel settimo non creò proprio nulla. Si limitò a compiacersi di quanto aveva già fatto. Eppure anche quel giorno ebbe origine un'altra creatura. Il lecchino. Ebbe origine dall'autocompiacimento.
L'Altissimo Signore voglia considerare - se posso permettermi di sottoporre la cosa alla Sua altissima attenzione - che io in realtà non ho consistenza, esordì il lecchino, e il Signore nella Sua infinita benignità considerò. Collocò il lecchino in un luogo dove non succedeva nulla e dunque neppure al lecchino poteva succedere alcunché: tra i giurisperiti degli imperialregi ministeri.
Con cautela gli estrasse dal corpo tutte le ossa, poi gli diede una pelle liscia e tenace come la più fine carta da minuta, e in luogo dell'anima gli infuse un clistere oleoso. Con l'ausilio di questa attrezzatura il lecchino divenne molto gradevole, distinguendosi molto positivamente da un comune leccapiedi.
Un leccapiedi lo si calpesta a piacimento, il che tuttavia comporta comunque un sia pur minimo sforzo; chi dispone di lecchini può restarsene comodamente seduto alla propria scrivania, e in questo modo, dunque da seduto, consente al lecchino di penetrare e conquistarsi gl'intimi recessi del suo superiore. Quest'ultimo non se ne accorgerà nemmeno, ma, una volta lì, il lecchino diventerà per lui un piacere irrinunciabile.
Il lecchino è amabile, lo dice già il diminutivo; un «lecca» non esiste nemmeno. Il lecchino non ha mai un'opinione propria, ma sempre quella dei suoi superiori - e, se è particolarmente abile, ce l'ha ancor prima degli stessi interessati. Nei casi dubbi egli compila l'atto in modo tale che vi si possa trovare conferma a ogni e qualsiasi opinione;
a questo scopo ha inventato lo stile ministeriale, che è come quando si sbuccia una mela in un'unica lunga spirale e poi la si posa a terra ricomposta: appena uno ci mette il piede sopra ecco che prontamente scivola; ma, ovunque il superiore stia per cadere, lì lo aspetta già il lecchino, che lascia al di lui alto discernimento di abbandonarsi tra le sue braccia.
Uno speciale punto di forza del lecchino è la sua memoria per i precedenti. Nato lui stesso - come si narrava sopra - esclusivamente da pregressi atti di Dio, non conosce cosa al mondo che possa liquidare senza l'ausilio dei precedenti. Mai un lecchino si aspetterebbe dal suo capo una decisione inedita, si trattasse pure di creare il mondo ex novo: saprebbe sempre che il caso si era già presentato, quale fu la soluzione adottata dal consigliere ministeriale XY e come venne accolta.
Già, anche per tutte le note personali il lecchino ha dunque una memoria straordinaria; il mondo in sé lui lo disdegna, solo ciò che il tale o talaltro ha detto in proposito nella tale o talaltra occasione può sostituire la pratica, agli occhi del lecchino, in assenza di precedenti documentati. \ Va da sé che una pur minima ruvidezza sarebbe incompatibile con i ragguardevoli avanzamenti ottenuti dal lecchino, poiché questa carriera richiede un'amabilità a prova di bomba.
I grandi successi riportati dai lecchini nell'ambito ministeriale - stando a un'affermazione fatta dall'onorevole L. nel saluto rivolto all'onorevole Wense essi avrebbero, ma questa sarà bene considerarla un'opinione personale del signor L., addirittura raggiunto il grado di capodipartimento - hanno concorso alla loro diffusione in tutte le professioni. Oggi ci sono lecchini anche tra i politici, tra gli scrittori, i critici, i giornalisti, ci sono perfino i lecchini della franchezza e della coerenza.