alberto radius lucio battisti

RADIUS ROCK – MARCO MOLENDINI: "SENZA L’AMICIZIA CON ALBERTO RADIUS, “MI RITORNI IN MENTE” NON SAREBBE STATA LA STESSA COSA. QUEI FIATI SONO UNA SUA IDEA. E QUEI GEMITI DELLA CHITARRA SONO FRUTTO DI UN IMPROVVISO LAMPO DEL CHITARRISTA: MENTRE LUCIO BATTISTI CANTA, ALBERTO AFFERRA UN BICCHIERE E LO FA SCORRERE SULLE CORDE EMETTENDO QUEI SUONI ACIDI” – “LA COLLABORAZIONE DURA TRE ANNI, TUMULTUOSI, CHE SEGNANO L'AFFERMAZIONE ASSOLUTA DI BATTISTI. ANNI VISSUTI IN GRAN PARTE IN STUDIO, A INVENTARE, SPERIMENTARE, TROVARE SOLUZIONI INEDITE, ISPIRARSI…” - VIDEO

 

 

 

 

 

Il gioco è fatto, il brano diventa un classico, ma un classico insolito, con guizzi che non appartengono alla canzone italiana. Ha un sapore internazionale, accoglie i suggerimenti della musica che sta cambiando, è l'aria di Woodstock, con quella chitarra che ha ascoltato Jimi Hendrix.

 

 

Marco Molendini per Dagospia

 

marco molendini foto di bacco

«Mi ritorni in mente/ bella come sei/forse ancor di più...»: L'inizio è melodico, struttura tradizionale poi, all'improvviso, il salto. «Ma c'è qualcosa che non scordo/ c'è qualcosa che non scordo...» e il brano cambia, diventa rock, irrompono dei fiati che ricordano frasi alla Detroit sound.

 

Più avanti arriva il verso: "Quella sera ballavi insieme a me e ti stringevi a me" e si sente una chitarra che geme, emette suoni distorti, psichedelici. Senza l'amicizia, la collaborazione profonda con Alberto Radius, Mi ritorni in mente, uno dei manifesti di Lucio Battisti, non sarebbe stata la stessa cosa.

 

alberto radius e lucio battisti

Quei fiati sono una sua idea, nata dopo aver ascoltato in un locale milanese la band beat italo-canadese Chriss and the Stroke (presenti anche in Acqua azzurra, acqua chiara). E, quei gemiti della chitarra, sono frutto di un improvviso lampo del chitarrista: mentre Lucio canta, Alberto afferra un bicchiere e lo fa scorrere sulle corde emettendo quei suoni acidi.

 

Il gioco è fatto, il brano diventa un classico, ma un classico insolito, con guizzi che non appartengono alla canzone italiana. Ha un sapore internazionale, accoglie i suggerimenti della musica che sta cambiando, è l'aria di Woodstock, con quella chitarra che ha ascoltato Jimi Hendrix.

 

E, quelle distorsioni, si ascoltano anche in Il tempo di morire, quando a metà pezzo l'estro inatteso di Radius comincia a tormentare il suo strumento emettendo gemiti. Ma tutto il brano è un duetto, voce e chitarra, una chitarra che fa da tappeto ritmico allo scandire delle parole fin dall'inizio. «Motocicletta, dieci hp...» è la perfetta coniugazione dello stile battistianmogoliano che si sublima nella frase ripetuta, tutta sincope: «Non dire no, non dire no, non dire no». Suoni acidi, non rari, che si fanno sentire spesso, come nel controcanto stridente di Acqua azzurra acqua chiara.

 

 

lucio battisti con i formula 3

Dura tre anni la collaborazione di Battisti e Radius, tre anni tumultuosi, che segnano l'affermazione assoluta di Battisti. Anni vissuti in gran parte in studio, a lambiccarsi con l'amico, inventare, sperimentare, trovare soluzioni inedite, ispirarsi. Lucio, che suona la chitarra da amatore, fa sentire le sue idee dando piena libertà di realizzazione: «Io penso alla musica, tu pensa ai suoni» suggeriva. E i suoni per Lucio erano tutto, il segreto della sua musica. Spesso il segreto di tutta la musica migliore.

 

lucio battisti con i formula 3

E Radius pensava ai suoni, facendo appello alla perizia tecnica, inserendo intuizioni frutto dei suoi ascolti dei prodigi delle sei corde. Si trovano e sono simili, per certi versi.

 

Entrambi adorano la clausura dello studio e entrambi hanno un carattere schivo. Con Battisti, quel carattere, è diventato un mistero che si è prolungato oltre la vita (a casa sua, custoditi gelosamente dalla moglie ci sarebbero, si dice, migliaia di provini ultimati), con Radius la riservatezza si è trasformata in una caratteristica di vita, talento spontaneo e silenzioso che vuole suonare, non apparire, magari stare un passo indietro come è capitato con Battisti e come è capitato con Franco Battiato.

 

 

battisti veronese radius

Si erano conosciuti da ragazzini a Roma. Lucio già scribacchiava canzoni, Alberto era un allievo di Enrico Ciacci, il fratello chitarrista di Little Tony. Si trovavano la domenica pomeriggio vicino a piazza Cavour dove c'era il Bar dei professionisti, luogo di incontro di studenti e boy band che scimmiottavano il rock and roll d'importazione. Si sono rivisti una quindicina d'anni dopo a Milano, già avviati alla professione. Battisti stava aprendo la Numero Uno con Mogol, Radius già un buon chitarrista di studio (fra le altre cose aveva registrato l'intro di Nel sole di Al Bano mille miglia lontano da lui).

 

alberto radius

L'incontro è di quelli fatali. Radius e la Formula tre diventano il primo gruppo a incidere per l'etichetta di Battisti e Mogol (con Questo folle sentimento). E la Formula 3 è il gruppo che accompagna Lucio nel suo primo e unico tour, una ventina di date.

 

Battisti capisce che Radius è il colpo di cui aveva bisogno per mettere definitivamente a punto la sua ricetta musicale, il musicista che arriva dove lui non può arrivare per motivi tecnici. Così la fabbrica prende ritmo, sforna pezzi su pezzi. E sono innumerevoli quelli dove Radius è presente, anche anche quando non suona: Lucio lo vuole sempre vicino per qualche consiglio. Ed è Battisti a fargli registrare il primo album solista, Radius (1972) raduno della front line del nuovo rock italiano con Demetrio Stratos, Giulio Capiozzo e Patrick Djivas, da cui sorge l'idea di fondare gli Area.

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