DA BATTISTI A “LOMBARDIA, LOMBARDIA/ GRANDE TERRA MIA”: LE DISCESE ARDITE (SENZA RISALITE) DI MOGOL

Malcom Pagani per "Il Fatto Quotidiano"

Complice un incerto abbrivio del cronista, anche i 77 anni del serafico Giulio Rapetti smarriscono la calma: "No, no, no. Lei sta confondendo, parla di cose che non c'entrano proprio niente e da come argomenta, dimostra di non conoscermi affatto. Mi è stato proposto di scrivere un inno. Non per Maroni, ma per la Lombardia". Sventolata la bandiera bianca della buona fede, si placa anche l'onomatopea vivente. Il soprannome diventato cognome per (vero) editto ministeriale.

Le 5 lettere che secondo Jovanotti, nella macedonia ecumenicoterzomondista a cui ogni tanto indulge, componevano la trinità infantile di chiunque: "Un bambino impara tre parole: Babbo, mamma e Mogol". Giunto all'età senile evitando le buche più dure, il compagno di cavalcate di Battisti non rinuncia all'avventura. Il corpo dell'antico amico in cenere, il fuoco di Mogol alle prese con la polemica creazione di un Va' Pensiero contemporaneo. Se saranno ali dorate, si vedrà.

Dunque Mogol, come è andata davvero?
L'idea di scrivere un inno per la mia terra mi è piaciuta. Avrebbe potuto chiedermelo chiunque.

Però gliel'ha chiesto Maroni.
Lo conosco, lo stimo e con lui ho giocato a pallone. Non ne facciamo una questione politica, altrimenti si tradisce lo spirito originario che poi, in un Paese in cui si cerca di spostare ogni singolo evento in direzioni sbagliate, non sarebbe strano.

Ce lo illustra lo spirito?

Io sono un uomo libero che dice quel che pensa e non cerca protezioni politiche. Mi trovavo in Regione per un vecchio contratto sul Conservatorio lombardo stipulato ai tempi di Formigoni e sono andato a trovare Maroni. A un tratto mi fa: "Giulio, che ne diresti di fare l'inno della Lombardia?".

Risposta?
Non ho detto immediatamente sì. Ho risposto "Ci si può provare, a patto di trovare la musica giusta". Così ho scritto una cosa rifacendomi alla mia infanzia, un testo che parla della mia vita. Quando posso, nelle canzoni mi rifaccio sempre alla realtà. È l'unica maniera di non produrre fiction scadente e di non sentirmi un mestierante.

Le danno dell'innologo. Dall'inno della ex Serie C, la Lega Pro, a quello della Lombardia.
Ma lasci fare. Lasci pure che parlino. La verità è che ho trovato una musica straordinaria.

Straordinaria?
Così straordinaria da rendermi orgoglioso. Ogni altra considerazione è una stortura. Se lei è interessato alla verità, evento ormai rarissimo, sappia che la verità è soltanto questa. Ho scritto un testo per i lombardi tutti e per gli italiani tutti, senza dimenticare quelli che verso la Lombardia provano una sincera simpatia.

Un largo abbraccio. Nessun protoleghismo dunque?
Distinguo le persone dai partiti. Oggi, per ricostruire il Paese, possiamo affidarci solo alle persone oneste e brave.

Dove sono?
Nei tinelli della gente normale, non certo in Parlamento. L'Italia è depressa e scorata, con più di qualche buona ragione. Sono state compiute azioni irresponsabili. Hanno creato debiti senza pensare a restituire niente di quanto depredato. Illudendosi che a sanare i buchi avrebbero provveduto figli e nipoti. Non si fa così.

Colpa dell'infinito ventennio di Berlusconi?
Tutti, sono stati tutti. Indistintamente. Ecco perché non mi riconosco in nessun partito.

Negli anni Settanta le davano del fascista. Le femministe la ‘aggredirono' per "Il tempo di morire". Si "mercifica" il corpo, gridavano.
Non capirono nulla. Il tempo di morire era la storia di un povero ragazzo ignorante che amava la sua motocicletta e per quel rombo avrebbe fatto ogni cosa. Era solo un personaggio e rispondere dei personaggi che si creano con la fantasia è una pretesa demenziale.
Altrimenti Shakespeare sarebbe un criminale e non lo era. La storiella del fascista poi, mi ha definitivamente annoiato. Con il tempo mi sono anche stancato di smentire.

Aveva detto che sui duellanti di Valle Giulia, prendendo posizione a favore dei poliziotti, aveva avuto ragione Pasolini e che molti dei rivoluzionari sulle barricate vestivano in cachemire.

Confermo. Abbiamo visto tutto in questi anni. Abbiamo capito. Certe carriere precise, certi salti obbligati dalla pseudorivolta di piazza alla poltrona. Non a caso, pur molto cautamente, Berlinguer fu tra i primi a distinguere tra studenti e operai. Intuì che c'erano spinte ideali sincere e trasporti fasulli. Intelligenze vere , bluff e vuote esagerazioni.

Non mi dica che le piaceva Berlinguer?
Glielo dico eccome. Una figura pulita, degna, positiva, onesta. Io non sono mai stato comunista, ma apprezzavo l'uomo. Un vero moderato.

Mogol, lei di se stesso disse: "Sono un uomo qualunque, un qualunquista".
Sa cosa c'è davvero? Che la neutralità in Italia costa più dell'opposizione ed è stata negli anni molto più pericolosa da interpretare. Da noi, se non prendi posizione semplicemente non sei. Ma il fatto che non mi sia mai occupato di politica non significa che non abbia custodito un'opinione.

Quindi un'opinione ce l'ha.
Non ho mai trovato adeguata rappresentanza, ce l'ho.

E dell'attualità cosa pensa?
Spero che il governo Letta sopravviva e che si possa aiutarlo a lavorare seriamente.
Altri vorrebbero abbatterlo.
Il peggio, come il fondo, non si tocca mai. Mi dispiace. Rispondo con un aforismo. È mio. Proprio mio: "Il buon senso non ha colore".

Non si amareggi Mogol. Ci lasci con un verso del nuovo inno lombardo. Non si faccia pregare.
Avrei un po' da fare.

Solo uno. Uno solo. Lo scoglio non può arginare il mare.
Lombardia, Lombardia/ grande terra mia.

 

 

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