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LA VENEZIA DEI GIUSTI - PER FORTUNA C’È UN WESTERN A VENEZIA, ANZI UN EURO-WESTERN: E’ IL RICCO, AMBIZIOSO, VIOLENTISSIMO, SADICO, MAGARI NON COSÌ RIUSCITO E LUNGHISSIMO “BRIMSTONE” - GIÙ CON TAGLIAMENTI DI LINGUA, SVENTRAMENTI, ZACCAGNATE IN FACCIA. UN PORACCIO VIENE IMPICCATO MENTRE STAVA CACANDO

Marco Giusti per Dagospia

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Bang! Per fortuna c’è un western a Venezia, anzi un euro-western. Infatti questo ricco, ambizioso, violentissimo, sadico, magari non così riuscito e lunghissimo Brimstone, scritto e diretto dall’olandese Martin Koolhoven con un bel cast internazionale, Dakota Fanning, Guy Pearce, Kit Harrington, cioè il Jon Snow di Games of Throne, può ben vantarsi di usare tutti set naturali europei degli western che si facevano un tempo qui, Germania, Austria, Ungheria e la vecchia Spagna.

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Che nostalgia… Non è poco, visto il dominio americano davvero eccessivo di questi primi giorni (ma poi partiranno tutti per Toronto e rimarranno solo gli italiani, si sa). Va detto però che Brimstone, malgrado le buone recitazioni di tutti gli attori, la gran fotografia di Rogier Stoffers, la musica di Tom Holkenborg (Batman vs Superman), esagera parecchiuccio sia nelle ambizioni registiche di Koolhoven, che si permettere di scrivere già nei titoli di testa  Koolhoven Brimstone, neanche fosse John Ford o Sergio Leone, che non lo avrebbero mai fatto (directed by…), sia nella costruzione a quattro capitoli non in ordine temporale, sia nelle scene di sesso e violenza.

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Giù con tagliamenti di lingua, sventramenti, zaccagnate in faccia. Un poraccio viene impiccato mentre stava cacando, un altro muore soffocato dai suoi intestini attorcigliati attorno al collo. Koolhoven dice di essersi ispirato a classici come The Night of the Hunter di Charles Laughton, per il personaggio del reverendo malvagio di Guy Pearce, sia a C’era una volta il West per il tono da opera-western e per la figura alla Claudia Cardinale di Dakota Fanning.

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Diciamo che il film si vede perché è bello sanguigno, ma siamo parecchio lontani dai suoi modelli di riferimento e, francamente, non lo avrei messo in concorso. Perché Koolhoven non riesce a costruire come vorrebbe, cioè tenendo tutto assieme, questo lungo racconto letto a capitoli rovesciati. Nel lontano west protestante, un reverendo luciferino con accento olandese, l’australiano Guy Pearce, specializzato in ruoli di cattivo, tormenta Liz, Dakota Fanning, una ostetrica muta (ma ci sente), che ha sposato un bravo vedovo barbuto, Eli, William Houston.

 

Tormenta anche la figliola. “Mamma è cattiva. Mamma ha ucciso un uomo”. La situazione degenera quando Liz, di fronte a un parto sfortunato, dovendo scegliere tra lasciar vivere la madre o il bambino, uccide il bambino. Il Reverendo si serve di questo per entrare a casa di Liz e Eli e fare un macello. “Lo sai che devo punirti” dice alla ragazza. Eli muore (“Perché?”, gli chiede. “Perché lei ti ama”, gli risponde il macellaio), e Liz fugge insieme alla figlioletta e al figlio di Eli.

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Nel secondo capitolo vediamo cosa è capitato prima a certa Joanna, una sedicenne in fuga non si sa da cosa, che una famiglia cinese vende al padrone del saloon-bordello Frank-Inferno (non male). Frank non è un bel tipo e le sue mignotte ne passano di tutti i colori.

 

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La storia torna indietro e poi avanti nei capitoli successivi, inserendo un bravo cowboy, Kit Harrington, ma anche rivelando che il Reverendo aveva sposato la mamma di Liz e si era macchiato di incesto con la stessa Liz. E ora vorrebbe fare lo stesso con la sua figlioletta. Salutato malamente dalla critica è un passo falso per il concorso, anche se il film, proprio per il suo essere così splattere  così euro-western, ha non pochi argomenti interessanti. Guy Pearce fa paura, Dakota Fanning funziona e Kit Harrington-Jon Snow non è un grande attore. 

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