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SOPRANO FOREVER – TUTTI I MOTIVI PER CUI NON VEDRETE MAI PIÙ UNA SERIE COME QUELLA MAGISTRALMENTE CREATA DA DAVIS CHASE – “DOMANI”: “CHASE HA DATO AD ALMENO UNA VENTINA DI PERSONAGGI UNA FISIONOMIA TANTO INTERESSANTE DA RENDERLI MEMORABILI, HA CREATO UN MONDO, LO HA POPOLATO DI MOSTRI E GLI HA DATO UN LINGUAGGIO: UNA DELLE COSE CHE NON SMETTONO DI AFFASCINARE, È CHE NEI “SOPRANO” LE PAROLE SONO PIÙ IMPORTANTI DEGLI EVENTI E…” - VIDEO
Estratto dell'articolo di Claudio Giunta per www.editorialedomani.it
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Anche i personaggi dei Soprano sono dei mafiosi, o vivono a contatto coi mafiosi, ma gran parte di loro è, sì, autenticamente sottile, vale a dire che i loro caratteri sono più complicati di quanto non siano quelli dei Corleone, innanzitutto per la banale ragione che, rispetto a Coppola, il creatore dei Soprano David Chase ha avuto molto più tempo per disegnarli.
I tre film del Padrino sono lunghi, ma le 86 puntate dei Soprano, messe assieme, sono molto più lunghe. Ci vuole tempo, non solo per sviluppare un personaggio, ma anche per fare in modo che lo spettatore ne assimili le caratteristiche, lo conosca, gli si affezioni, anche a canaglie come Tony Soprano, soprattutto a canaglie come lui. Ma il tempo lo si può usare male, malissimo, come accade in molte serie televisive inutilmente prolisse.
Chase lo ha usato meravigliosamente. Intanto, moltiplicando le sottotrame. Provate a togliere di mezzo il protagonista: vedrete che bastano i comprimari a rendere I Soprano la migliore serie tv della storia. […] Chase ha dato ad almeno una ventina di personaggi una fisionomia tanto interessante da renderli memorabili (non a caso, su YouTube, qualcuno ha pensato di riunire in sequenza i frammenti in cui ognuno di loro ha agito da protagonista: La storia di Feech Lamanna, La storia di Phil Leotardo, La storia di Jimmy Altieri…).
Paulie Walnuts è il più inumano degli sgherri di Tony: ma a un certo punto lo vediamo piangere in un angolo, mentre una madre preoccupata chiede a Tony di non fare del male a suo figlio. Il giorno dopo, dimenticato ogni tenerezza, proprio Paulie andrà dal figlio e gli spezzerà una gamba con un tubo di ferro: «I’ve got much on my mind, These days, I don’t need this shit!». Anche Eugene Pontecorvo è uno dei fedelissimi, ma ha una psiche un po’ più delicata di quella degli altri membri della banda. Lo intercetta l’Fbi, lo obbliga a collaborare; lui vorrebbe lasciare la mafia e andarsene in Florida per godersi i soldi di un’eredità. Tony gli nega il permesso, lui s’impicca nel garage.
I figli di Tony Soprano? Sanno tutto ma fingono di non sapere, convivono pacificamente – solo al prezzo di qualche nevrosi – con la consapevolezza che il lusso delle loro vite deriva dal crimine. E la moglie Carmela? Con i sensi di colpa, la paura dell’inferno, il flirt con il prete, ideali mitemente progressisti ma anche, dall’altra parte, la reattività di un serpente quando qualcuno – qui l’amante del marito – minaccia la pace familiare: «We have got guns here».
[…] Nei Soprano c’è, ovviamente, la sospensione che deriva dal non sapere che cosa succederà nel corso della puntata, o nella serie successiva: se il raccontato personaggio è un informatore dell’Fbi, se diventerà un affiliato, se riuscirà a cavarsela nella guerra tra clan, se finirà ammazzato.
Ma c’è anche una sospensione più – è la parola – sottile, quella che dipende dal fatto che ignoriamo in che modo cambierà il suo modo di vedere le cose, a quale crescita o quale incontro o involuzione sta per andare. […]
david chase e james gandolfini
Una commedia, soprattutto. Dicevo che senza Tony Soprano i Soprano sarebbero comunque la più bella serie tv della storia. Invece non lo sarebbero se Chase avesse deciso di non intrecciare il filo del dramma – la violenza, gli omicidi, la cattiveria, l’infelicità – al filo della commedia umana. Non come nel Padrino, che di commedia quasi non ne ha (forse solo la battuta «Leave the gun, take the cannoli», dopo l’omicidio di Paulie) […]
Chase ha creato un mondo, lo ha popolato di mostri e gli ha dato un linguaggio. Ma alla fine – scivolate via dalla memoria le situazioni, i fatti: chi ha ammazzato chi, il labirinto delle alleanze – quello che resta impresso è soprattutto il linguaggio: una delle cose che non smettono di affascinare, nei Soprano, e che la distinguono da quasi tutte le serie televisive prodotte in quest’ultimo quarto di secolo, è che nei Soprano le parole sono più importanti degli eventi, che con tanto tempo a disposizione, tante ore da riempire, Chase ha deciso di riempire, ha saputo riempire una cospicua quantità di queste ore con niente, zero eventi, soltanto battute o chiacchiere funzionali non allo sviluppo della trama, ma al colore. […]
Nei Soprano non mancano i casi di quello che Flaubert chiamava “sublime dall’alto” (su tutti: la scena finale della puntata dal titolo “Long Time Parking”, dopo che Silvio Dante ha ammazzato Adriana, e Tony e Carmela vanno a vedere una casa nel bosco che potrebbero comprare); ma a me sono quasi altrettanto cari questi squarci di sublime dal basso: non il culmine della tragedia ma la normale amministrazione della vita. Ma alto o basso, dramma o commedia, sublime o ordinario, vale per I Soprano quello che Contini ha detto una volta della Ricerca di Proust: un risultato che difficilmente, in futuro, si potrà eguagliare.
james gandolfini
i sopranos
Tony Soprano
JAMES GANDOLFINI E SOPRANOS article A DC x
the Sopranos