1. ORGE, MONTAGNE DI DROGA, AVIDITÀ SFRENATA, NANI “AFFITTATI” PER ESSERE USATI COME PROIETTILI UMANI DURANTE UNA FESTA IN UFFICIO NON SONO GLI INGREDIENTI CLASSICI DI UN FILM NATALIZIO. EPPURE È PROPRIO IL GIORNO DI NATALE CHE LA PARAMOUNT HA SCELTO PER L’USCITA AMERICANA DEL FILM DI MARTIN SCORSESE CON DI CAPRIO, “THE WOLF OF WALL STREET”. E, SORPRESA, IL PUBBLICO HA RISPOSTO ALLA SFIDA CORRENDO AD OCCUPARE LE SALE, IN BARBA AGLI “HOBBIT” E AI “FROZEN” 2. E SUI GIORNALI È ESPLOSA VIOLENTA LA POLEMICA: “TRE ORE DI GENTE ORRIBILE CHE FA COSE ORRIBILI AMMETTENDO DI ESSERE ORRIBILE. MA TU LI DEVI INVIDIARE LO STESSO PERCHE’ L’ALTERNATIVA E’ LAVORARE A MCDONALD E VIAGGIARE IN METROPOLITANA CON DEI POVERACCI SOTTOPAGATI” 3. E DI CAPRIO HA DOVUTO RIBADIRE CHE ARRICCHIRSI TRUFFANDO DEI POVERETTI O SNIFFARE COCA DALL’ANO DI UNA PROSTITUTA NON SONO COMPORTAMENTI ESEMPLARI: “SPERO CHE NESSUNO PENSI CHE STIAMO GIUSTIFICANDO LE AZIONI DEI PERSONAGGI DEL FILM. IL NOSTRO E’ UN ATTO D’ACCUSA”
Giulia D'Agnolo Vallan per Dagospia
"E' normale che un film su degli eccessi abbia un effetto polarizzante", ha dichiarato domenica il vicepresidente della Paramount Rob Moore, commentando, piuttosto contento, gli incassi di The Wolf of Wall Street (63 milioni di dollari dall'uscita, il giorno di Natale) e ammettendo che il film sta beneficiando di un certo âwater cooler effect' (l'immagine e' quella delle fontanella d'acqua fesca al lavoro, dove la gente si ferma a chiacchierare dei fenomeni culturali del momento), dovuto agli attacchi di chi pensa che sia un ritratto troppo positivo dei truffatori della finanza di cui racconta.
Orge, montagne di droga, avidità sfrenata, crimine âwhite collar' su vasta scala e nani "affittati" per essere usati come proiettili umani durante una festa in ufficio non sono gli ingredienti classici di un menu' natalizio. Eppure e' proprio il giorno di Natale che la Paramount aveva scelto per l'uscita americana dell'ultimo film di Martin Scorsese. Il pubblico ha risposto alla sfida correndo a vedere il nuovo abbinamento tra il regista di âTaxi Driver' e la sua star, Leonardo Di Caprio.
Cosi, il 25 dicembre, i traders dissoluti dell'autore di âGoodfellas' hanno quasi battuto gli incassi dei buonissimi hobbit di Peter Jackson (9.2 milioni di dollari contro 9.3). Dopo l'impennata del primo giorno, The Wolf e' al quarto posto nelle classifiche (prima di lui The Hobbit 2, Frozen e il nuovo Paranormal Activities).
Ma va tenuto conto che il più affascinante, energetico, "sentito" e risqué dei film che Scorsese fa da molti anni a questa parte, dura tre ore (quindi meno spettacoli al giorno) ed ha un rating R (vietato ai minori di 17 anni non accompagnati) che lo mette fuori dalla portata del pubblico teen ager.
Controversie o meno, in sala, a New York (dove âWolf' ha fatto parecchi tutto esaurito), gli spettatori si divertono molto, e molto apertamente. Magari, lontano della due coste, gli eccessi di questi âmaster of the universe' di periferia (il film non e' ambientato a Wall Street e, in confronto ai misfatti delle banche d'investimento che ci hanno portati sull'orlo del baratro nel 2008, Di Caprio e soci sono ladri di galline) prendono di meno.
â'Cinemascore'', un sito che pretende di registrare gli indici di gradimento dell'audience, al film ha dato C. Ma non e' chiaro il tipo di pubblico dei loro sondaggi, e poi non se ne capisce bene l'accuratezza visto che, secondo â'Cinemascore'', il temibile Hangover geriatrico âLast Vegas' (un disastro totale al botteghino, e di critica) si merita un A- come The Hobbit.
Certo e' che, in un clima culturale che entra in crisi quando un film non esprime diritture morali tagliate con l'accetta, non dice esattamente al pubblico cose deve pensare (e, soprattutto, non lo fa sentire dalla parte del "giusto"), âThe Wolf of Wall Street' puo' risultare indigesto.
Al punto che, la settimana scorsa, Di Caprio ha rilasciato un'intervista a "Variety" con il preciso intento di ribadire che arricchirsi truffando dei poveretti, sniffare coca dall'ano di una prostituta e sparare nani contro dei bersagli imbottti non sono comportamenti esemplari: "spero che nessuno pensi che stiamo giustificando le azioni dei personaggi del film. Il nostro e' un atto d'accusa", ha detto "Leo" al direttore della rivista, Tim Grey, citando l'ovvio.
La vittima pu' vistosa di una controversia simile, l'anno scorso, era stato âZero Dark Thirty', di Kathryn Bigelow. Scorsese non rischia nemmeno lontanamente l'ostracismo dell'establishment riservato a quel film: la maggioranza della critica lo appoggia, anche se alcuni recensori hanno manifestato disagio, specialmente dopo I racconti di un'entusiastica anteprima tenutasi all'ombra del quartiere generale di Goldman Sachs, in cui le peggiori nefandezze che apparivano sullo schermo suscitavano applausi a scena aperta.
"C'e' da chiedersi se qualcuno, Scorsese incluso, fara' mai presente l'idiozia autocompiaciuta dei personaggi. Ma cosa pensa (il regista) di questa gente? " ha scritto per esempio Stephanie Zachareck sul "Village Voice". E il critico del settimanale "New York", David Edelstein:
"Tre ore di gente orribile che fa cose orribili ammettendo di essere orribile. Ma tu li devi invidiare lo stesso perche' l'alternativa e' lavorare a McDonald e viaggiare in metropolitana con dei poveracci sottopagati".
Nel coro dei commenti negativi e' persino arrivata la lettera ai filmmakers (ma pubblicata su "LA Weekly") della figlia di un collega di Jordan Belfort, il trader truffatore a cui e' ispirato il film: "Siete gente pericolosa. Continuate a far passare crimini come questi per entertainment, quando in realta' il paese non si e' ancora ripreso dall'ultima serie di scandali di Wall Street. Chi volete ingannare?"
A obiezioni del genere, si potrebbe rispondere che, in quanto adattamento di un'autobiografia, The Wolf of Wall Street riflette per forza, in gran parte, il punto di vista del suo soggetto. In realta', Scorsese non solo non si appiattisce sul punto di vista di Belfort: porta il discorso su un piano di diverso, puntando l'obbiettivo sul potere messianico di un messaggio a base di soldi, sesso e divertimento non stop.
Il suo Jordan (Leonardo Di Caprio, alla quinta interpretazione per il regista, e mai cosi' estroverso) non e' un Machiavelli della finanza quanto un predicatore, uno di quegli evangelisti televisivi che possono venderti qualsiasi cosa - un trafficone seducente come in âThe Master' di Paul Thomas Anderson. Solo che qui il denaro e' la Chiesa piu' potente di tutte, e nelle parole di Belfort (che ha una dieta quotidiana base di pillole eccitanti, pillole antidepressive, coca ed eroina) la droga migliore sulla piazza.
"Quando avrai imparato bene a fare questo lavoro ti masturberai pensando ai soldi", dice a Jordan un veterano della banca d'investimento dove lui, ancora giovane e innocente, trova lavoro per qualche settimana prima di mettersi in proprio. In questa imperdibile scena d'iniziazione, Matthew McConaughey raccomanda anche al novellino di non preoccuparsi mai dell'interesse dei clienti, solo del suo. E, per tenere la testa sgombra, oltre alla masturbazione piu' volte al giorno, saranno necessarie dosi industriali di quella che Jay McInerney in Bright Light Big City chiamava la âBolivian marching powder'.
C'e' anche chi ha trovato The Wolf of Wall Steet misogino. Ma nell'identificazione che Scorsese (un regista cattolico, che finora ha messo in scena pochissimo il sesso, come da parte Francis Coppola, di cui condivive le radici Italian American) stabilisce tra i meccanismi di desiderio e appagamento del pene e quelli della finanza, la critica pare implicita.
Sghignazzanti membri di una fraternity alla Animal House, sempre ubriachi o fusissimi, impegnati in uno spring break senza fine, Jordan Belfort e i suoi traders appartengono a un mondo di segno profondamente maschile, e maschilista (nella scena piu' crudele un aspirante trader donna accetta di farsi rasare in cambio di un copioso assegno con cui pagarsi le tette nuove). Che qualcuno possa interpretarlo come una lusinga nei confronti del genere e' ridicolo.
Chi si ricorda Goodfellas riconoscera' nel racconto di formazione di Di Caprio in The Wolf of Wall Street quello del mafioso Ray Liotta, un altro ragazzo di belle speranze vittima di aspirazioni sbagliate.
Dopo Goodfellas e Casino (dove Las Vegas segnava il punto di passaggio dal crimine che si gestisce a coltellate nascondendo i cavaderi nel baule dell'auto, a quello "asettico, istituzionalizzato" dove ti derubano con le slot machine), The Wolf of Wall Street e' il compimento di una trilogia. Con gli anni, di film in film, il sangue sulle mani dei protagonist non si vede quasi quasi piu'....D'altra parte, incastrato dall'FBI, Jordan Belfort se la cavo' con soli 22 mesi di galera. Ma il suo non e' un mondo meno violento di quello di Henry Hill in Goodfellas; o meno sbagliato.
E su cio' - basta saper guardare il film - Scorsese non ha ombra di dubbio.
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