ABBIAMO VISTO PER LA PRIMA VOLTA IL VERO OBAMA? - LA TESI DEI CONSERVATORI È CHE OBAMA NON HA SAPUTO REAGIRE ALLA “PRIMA OCCASIONE IN CUI È STATO DAVVERO SFIDATO” ESSENDOSI ABITUATO AD AVERE “AVVERSARI DEBOLI E MEDIA COMPIACENTI”, “INCAPACE DI CONFRONTARSI CON AMBIENTI DAVVERO OSTILI” - CAMBIO DI STRATEGIA: ORA ATTACCA ROMNEY SUL CAPITALISMO SELVAGGIO DI BAIN CAPITAL, GLI SGRAVI PER I RICCHI, LE GAFFE…

Maurizio Molinari per "la Stampa"

Gli occhi abbassati e i piedi incrociati sotto il podio sono l'immagine di una sconfitta che Barack Obama si è costruito da solo, non rispondendo agli attacchi incessanti dello sfidante Mitt Romney e suscitando incredulità fra i sostenitori.

Quando l'anchorman della tv «Msnbc» Chris Matthews si chiede «dove era Obama ieri sera?» pone l'interrogativo su cosa sia avvenuto al Presidente degli Stati Uniti, l'uomo più potente del mondo, a cui sarebbe bastato pareggiare il dibattito nella Magness Arena per decollare verso la rielezione.

Una prima possibile risposta arriva dal colore della cravatta indossata. Il celeste rappresenta, nel linguaggio elettorale americano, la volontà di rassicurare. Doveva essere il segnale all'elettorato incerto, capace di riassumere la strategia messa a punto dagli stretti collaboratori David Axelrod e David Plouffe nelle 72 ore di ritiro a Las Vegas. L'intento era di apparire tranquillo, calmo, sicuro. «Un comandante in capo non un lottatore in capo» come dice Jan Psaki, obamiana della prima ora.

Per questo, durante il weekend l'unica dichiarazione era stata: «Prometto, niente zingers» ovvero niente colpi bassi. Il Team Obama aveva preparato il candidato ad un duello nel quale avrebbe ignorato gli attacchi repubblicani,preferendoparlareall'America dell'agenda dei prossimi quattro anni. In qualche maniera era una riproposizione della strategia uscita vincente dalla Convention di Charlotte, dove Obama aveva guardato all'orizzonte, lasciando a Bill Clinton il compito di rispondere agli attacchi repubblicani.

Forse per questo Obama guardava spesso in terra mentre parlava Romney. Invece, quando toccava a lui intervenire, puntava lo sguardo sul moderatore Jim Lehrer e gli spettatori. Ma vestire i panni del «garbato professore», come gli rimprovera il «New York Times», ha consentito a Romney di dilagare senza trovare argini, risposte né smentite.

In questa genesi del «dibattito-disastro», come lo definisce la «Cnn», per il regista ultraliberal Michael Moore c'è un responsabile che svetta: John Kerry.
Nel 2004 perse contro George W. Bush elezioni che i democratici credevano vinte, Obama lo ha scelto per impersonare Romney nelle simulazioni in Nevada e, osserva Moore, «questo è stato il risultato». L'errore strategico di aver puntato sul celeste non basta però a spiegare perché Obama, subissato di attacchi, non abbia avuto un sussulto, continuando a mostrarsi «stanco e annoiato» come osserva Jake Tapper di «Good Morning America».

Da qui l'ipotesi che a condizionarlo sia stato il fattore-stanchezza, di cui si parlò a metà luglio a causa di fotografie che svelavano smorfie e rughe. Quando il consigliere economico Austan Goolsbee dice che «al presidente non andava di combattere» suggerisce proprio che in lui sia scattato un ripiegamento all'indietro. Complici forse anche le vacanze non fatte in agosto dopo aver rinunciato all'esclusiva enclave Martha's Vineyard per opportunità elettorali.

La tesi dei conservatori come Michael Barone invece è che Obama non ha saputo reagire alla «prima occasione in cui è stato davvero sfidato» essendosi abituato ad avere «avversari deboli e media compiacenti». Per questo Ed Rodgers sul «Washington Post» assicura che «abbiamo visto per la prima volta ilvero Obama, incapace di confrontarsi con ambienti davvero ostili». Che la sconfitta di Denver abbia un'origine politica, fisica o psicologica la prima ad averla intuita è stata Michelle che, dopo il gong finale del dibattito, è salita sul palco andando incontro a Barack con un'espressione che sembrava dire «cosa ti è successo?».

La sconfitta inattesa riapre la sfida per la Casa Bianca ma non implica di per sé la sconfitta finale. È il guru Axelrod che suggerisce a Obama come risollevarsi: «Bisogna attaccare Romney sulle contraddizioni personali, il capitalismo selvaggio di Bain Capital, gli sgravi per i ricchi e la gaffe del 47%». Proprio come non è avvenuto nei 90 minuti della Magness Arena. Barack ha raccolto subito il suggerimento parlando ieri nel Colorado e poi nel Wisconsin, e accusando Romney di «disonestà».

 

 

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