“ALESSANDRO GIULI È FASCISTA, POSTFASCISTA, NEOPAGANO, ROMANISTA” – RITRATTO AL VELENO DEL NUOVO MINISTRO DELLA CULTURA BY CORRIAS: “OGNI TANTO DÀ GAS E DICE COSE TIPO: ‘SÌ, SONO UN VECCHIO CAMERATA CHE OGGI AMMIRA GRAMSCI’. QUANDO CEDE ALLA CONFIDENZA NOTTURNA E IN TV SUONA IL FLAUTO DEL DIO PAN, SI DICHIARA ‘ESTIMATORE DEL PAGANESIMO’ E DEI FOLLETTI. NON PER NULLA PORTA TATUATA SUL PETTO UN’AQUILA” – “CON BUTTAFUOCO E SANGIULIANO, FORMA LA TRIADE CULTURALE DELLA DESTRA DI GOVERNO E DI VENDETTA. AD ALESSANDRO CHE ‘NON DISTINGUE LA CORNICE DAL QUADRO’ (COPY DAGOSPIA) ERA TOCCATA LA PRESIDENZA DEL MAXXI” – “FINO A UN PAIO DI ANNI FA AMMIRAVA ‘PUTIN IL PATRIOTA’. ORA S’È FATTO PIÙ MODERATO, DICE…” – LA JENA BARENGHI: “GIULI SARÀ ANCHE BENEDUCATO, MA SEMPRE FASCISTA È” – IL DAGOREPORT
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LO \'SFAVILLANTE\' CURRICULUM DI ALESSANDRO GIULI, NEO-MINISTRO DELLA CULTURA - E SU PUTIN...
Estratto dell’articolo di Pino Corrias per “il Fatto Quotidiano”
alessandro giuli - festival di venezia
Alessandro Giuli, il nostro nuovo ministro addetto all’egemonia culturale basata sulla competenza, è dinoccolato, come la sua storia: fascista, postfascista, neopagano, romanista. Veste color panna montata e anche la produce: “Invece di politicizzare la cultura dobbiamo culturalizzare la politica”. Indossa panciotto, cravatta, fermacravatta. Un anello per dito, una pietra per anello.
A cornice degli occhi cerulei, gli arreda le guance una coppia di scopettoni che un tempo venivano chiamati “favoriti”: sono il suo personale omaggio ai secoli passati, quando li usavano i marescialli asburgici a caccia di medaglie, e da noi il conte padano Alessandro Manzoni, devoto della Provvidenza.
alessandro giuli - illustrazione di francesco federighi
Quando parla tiene il sorriso in folle. Ogni tanto dà gas e insieme con gli occhi guizzanti, dice cose tipo: “Mi sento un progressista conservatore. Sono a sinistra della destra”. O addirittura: “Ma sì, sono un vecchio camerata che oggi ammira Gramsci”. Quando cede alla confidenza notturna e in tv suona il flauto del dio Pan, si dichiara “estimatore del paganesimo” dei folletti e addirittura “delle radici precristiane”. Non per nulla porta tatuata sul petto un’aquila. E sul braccio lo scettro di Spoleto, che è roba di antichi scavi funerari umbri, con tori in calore.
Giuli è romano. Famiglia di piccola borghesia, padre camerata, madre democristiana. Nascendo nel 1975, gli anni di Piombo li trascorre all’asilo. Tuttavia a 16 anni va a destra della destra di Pino Rauti. Fonda la banda di Meridiano Zero, che sono fascistelli dediti a molestare gli immigrati e i collettivi studenteschi della Pantera. Frequenta le sezioni missine di Colle Oppio e Garbatella, dove conosce la biondina che dirige Azione studentesca, tale Giorgia Meloni, di cui tutti ammirano la giovinezza e l’ostinazione.
Giuli è pigro, fa il militante a singhiozzo. Si ravvede dal Meridiano, o almeno lo dice: “Dobbiamo superare la logica neofascista che comunque abbiamo rappresentato e di questo siamo fieri”. Si iscrive a Filosofia, legge Evola. Fa gli esami, ma non la tesi […]
Bazzica la casa editrice Settimo sigillo che pattina tra antisemitismo, esoterismo, massoneria e nichilismo un guazzabuglio culturale che infine si scioglie nella chiarezza della biografia di Hitler.
Quando incontra Giuliano Ferrara se ne invaghisce, “mi ha assunto dopo un colloquio di tre secondi”, dirà vantandosene. Dentro al Foglio fa carriera. Ma quando il capo sceglie come suo successore Claudio Cerasa, Giuli si abbottona il panciotto e se ne va.
Cerca fortuna in Rai, dove gode di così tanto credito professionale da inanellare una serie di trasmissioni senza capo né coda, tipo “Seconda linea”, “L’Argonauta”, “Povera Patria” e altre sciocchezze qualche volta chiuse in anticipo.
valeria falcioni alessandro giuli - festival di venezia
Sarebbe ancora lì, in carico permanente alla Rai colonizzata, se la sua amica Giorgia non avesse pescato le tre ciliegie elettorali, sbancando la sinistra litigiosa. Giuli, – insieme con Pietrangelo Buttafuoco e il povero Gennaro Sangiuliano – forma la triade culturale della destra di governo e di vendetta. A Pietrangelo, che sa di letteratura e Islam, tocca chissà perché la Biennale di Venezia.
Gennaro diventa “o’ ministro”, a sentir lui per diretta discendenza dantesca. A Alessandro che “non distingue la cornice dal quadro” (copy Dagospia) tocca la presidenza del Maxxi, che sarebbe il maggiore museo nazionale per l’Arte contemporanea.
Ci entra per la prima volta facendosi spiegare da pazienti collaboratrici la differenza tra il figurativo e l’astratto; tra il “Bevitore” di Teomondo Scrofalo e un monocromo di Schifano.
Sui giornali ci finisce una sola volta, giugno 2023, quando credendosi spregiudicato invita Vittorio Sgarbi e Morgan, impegnandoli in un dibattito che subito scivola su quello che hanno di più caro, la prostata.
Sgarbi ci mette un attimo a entrare in argomento: “Il cazzo è un organo di conoscenza, cioè di penetrazione. Dunque serve a capire. Ma dopo i 60 anni ci tocca avere a che fare con questa troia di merda della prostata”. Va avanti così per mezzora. Morgan e il pubblico ridono beati.
alessandro giuli con arianna meloni alla presentazione di gramsci e vivo
Giuli frigge sulla sedia, si gratta i favoriti, capisce e non capisce, salvo che il putiferio scoppiato nella notte, lo obbliga a scrivere una scivolosa lettera di scuse ai lavoratori e alle lavoratrici del Maxxi “per il disagio suscitato dal turpiloquio”. Promettendo che “per il sessismo non c’è diritto di cittadinanza nel discorso pubblico e in particolare nei luoghi della cultura”.
[…]
Gli piace dire cose sorprendenti: “Il Mediterraneo è un mare che unisce, non separa”. E poi: “Dobbiamo ragionare in termini euroafricani, allargare il nostro sguardo attraverso la cultura, il linguaggio universale dell’arte”. E ancora: “Il Ponte sullo Stretto è una necessità immateriale oltre che materiale, perché è un corridoio culturale con il Nord Africa, la nostra koinè d’origine”.
alessandro giuli - tatuaggio con l aquila fascista sul petto
In quanto alla politica si è perfettamente aggiornato. Fino a un paio di anni fa ammirava “Putin il patriota” e “Trump, il comandante in capo”. Se la intendeva con l’anti-satanista Steve Bannon. Sfilava a Atreju abbracciato a tutto lo stato maggiore dei Fratelli d’Italia e pure dei cognati, visto l’incarico della sorella, portavoce prima di Lollobrigida poi di Arianna, anche lei assunta per merito.
Ora s’è fatto sempre più moderato. O almeno lo dice: “Considerato che la sinistra ha perso la capacità di capire e di rappresentarsi, serve una destra moderata che interpreti il presente”. Che sappia “intendere la cultura come base di civiltà. E sto citando Spengler”. Che sappia curare “il grande malanno delle nostre classi dirigenti, affette dall’ipertrofia del desiderio acquisitivo”, che sarebbe quello di fare soldi con lo scopo di fare soldi, ma senza “un punto di approdo”.
alessandro giuli sergio mattarella - giuramento da ministro - vignetta by vukic
Per Giuli il punto di approdo è la caducità del corpo e “il tempo transeunte” perché “siamo tutti di passaggio. E sto citando Eraclito”. Il suo passaggio transeunte – dopo il matrimonio e due figli - è la corona di ministro. All’ultimo incontro pubblico con Sangiuliano ha detto: “Chi è di destra dovrebbe avere a cuore la cosa pubblica come una cosa sacra”. Chissà se in queste ore a Jenny Delon, cascato con lacrime tra le ceneri di Pompei, stanno fischiando le orecchie.
ALESSANDRO GIULI PRESTA GIURAMENTO DA MINISTRO DELLA CULTURA AL QUIRINALE alessandro giuli gennaro sangiulianoALESSANDRO GIULI PRESTA GIURAMENTO DA MINISTRO DELLA CULTURA AL QUIRINALE alessandro giuli foto di baccoalessandro giuli con il suo libro gramsci e' vivo valeria falcioni e alessandro giuli presentazione di gramsci e vivovaleria falcioni alessandro giuli ricevimento quirinale 2 giugno 2024 valeria falcioni alessandro giuli (2) ricevimento quirinale 2 giugno 2024 alessandro giuli - festival di venezia