1. IL CAVALIERE TENTA IL TUTTO PER TUTTO: VA DA RE GIORGIO E ALZA LA POSTA: SE IN CAMBIO DI TUTTO QUESTO REGGERE IL MOCCOLO AL GASATO DI FIRENZE, CHE HA ALLE SPALLE MEZZO PARTITO ARMATO DI COLTELLI, NON OTTIENE UN “SEGNALE POLITICO”, FORZA ITALIA SI CHIAMA FUORI E IL GOVERNO DI RENZI AL SENATO FINISCE A GAMBE ALL’ARIA 2. DA QUI AL 10 APRILE, IL VERO PROBLEMA NON SONO LE NOMINE ENI, ENEL, FINMECCANICA: NAPOLITANO E RENZI DEVONO INVENTARSI UN SEGNALE DI “AGIBILITÀ POLITICA” 3. DOMICILIARI O SERVIZI SOCIALI? IL CAVALIERE TROVA ALTAMENTE OFFENSIVA LA PRETESA CHE UN ASSISTENTE SOCIALE POSSA INSEGNARE A LUI COME SI CAMPA DA PERSONA ONESTA, E VALUTARE STRADA FACENDO SE HA BEN DIGERITO IL CONCETTO. CON TUTTI I VISITATORI SI SFOGA: “COME SI PUÒ IMPORRE UNA UMILIAZIONE DEL GENERE A CHI È STATO IMPRENDITORE, HA DATO LAVORO A 50 MILA FAMIGLIE, HA FONDATO LA TIVÙ LIBERA IN ITALIA, PER QUATTRO VOLTE È STATO PREMIER, HA RAPPRESENTATO L’ITALIA IN TUTTI I CONSESSI, HA PARLATO ADDIRITTURA DAVANTI AL CONGRESSO DEGLI STATI UNITI?”

1. L'ULTIMA BATTAGLIA DI SILVIO
Ugo Magri per ‘La Stampa'

Solo chi crede alle favole può immaginare che, nella visita di ieri sul Colle, Berlusconi abbia parlato solo di riforme costituzionali, o degli interessi russi in Crimea, senza compiere un estremo tentativo di ottenere dal Capo dello Stato quello che finora non ha mai ottenuto per le note vicende che lo riguardano (tentativo, a quanto risulta, anche questa volta, senza successo).

Il Cavaliere tenta il tutto per tutto in quanto non gli restano che sette giorni a piede libero. O forse un paio in più, perché l'udienza davanti al Tribunale milanese di sorveglianza è fissata il 10 aprile, però i giudici avranno tempo fino al 15 per stabilire in che modo l'ex-premier sconterà la sua pena. Lo staff legale berlusconiano non ha sollecitato alcun rinvio ben sapendo che, tanto, difficilmente sarebbe concesso. Per cui, un minuto esatto dopo la decisione, il leader del centrodestra verrà sottoposto a vincoli e restrizioni della sua libertà personale.

Impossibile al momento prevedere se trascorrerà il prossimo anno relegato in casa (carcere a domicilio in ragione dell'età), oppure potrà cavarsela con 10 mesi e 15 giorni di affidamento ai servizi sociali. Nel giro berlusconiano tutti preferirebbero di gran lunga la seconda delle due, che al condannato garantirebbe tra l'altro un'ampia agibilità politica. Già da tempo una folla di comunità è in lizza per accoglierlo in veste di munifico mecenate, sebbene in pole position pare ci sia l'Unitalsi, opera benefica che organizza i viaggi dei malati a Lourdes (ha la sede dietro via del Plebiscito). Tutti si augurano che il Tribunale acconsenta, dalle parti di Berlusconi, tranne uno: il diretto interessato.

L'uomo è testardamente convinto che l'affido ai servizi sociali sarebbe mille volte più devastante per il suo sconfinato amor proprio. In quanto, diversamente dai domiciliari, richiederebbe l'adesione a concetti come pentimento e recupero alla società (un tempo si sarebbe parlato di redenzione) a lui del tutto alieni. La prospettiva di farsi «redimere», anche solo attraverso colloqui settimanali con un assistente sociale, è vissuta da Berlusconi alla stregua di un'ingiuria. Primo, perché lui continua a proclamarsi innocente, si dice certissimo che questa sua verità sarà presto dimostrata a Brescia in sede di revisione del processo o in alternativa a Strasburgo, davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Di qui lo stato d'animo del leone in gabbia descritto dalla Biancofiore, che è tra le sue visitatrici più assidue.

Secondo: il Cavaliere trova altamente offensiva la pretesa che un assistente sociale possa insegnare a lui come si campa da persona onesta, e valutare strada facendo se ha ben digerito il concetto. Con tutti i visitatori si sfoga: «Come si può imporre una umiliazione del genere a chi è stato imprenditore, ha dato lavoro a 50 mila famiglie, ha fondato la tivù libera in Italia, per quattro volte è stato premier, ha rappresentato l'Italia in tutti i consessi, ha parlato addirittura davanti al Congresso degli Stati Uniti?».

Gli avvocati lo supplicano in ginocchio di non ripetere questi discorsi in udienza, dove non è escluso che Berlusconi possa presentarsi, perché i giudici potrebbero prenderlo in parola e dirgli: «Ah sì? Non gradisce i servizi sociali? Allora si accomodi ai domiciliari». Magari pure con il divieto di interfacciarsi con il mondo esterno, a parte pochi intimi (è ampia facoltà discrezionale dei magistrati ritagliare l'esecuzione della pena su misura di ciascun imputato, alla luce della sua personalità).

In attesa di conoscere il suo destino, Berlusconi da combattente irriducibile le sta provando tutte. Nessuno, tantomeno chi lo considera il Caimano, può stupirsi dei colpi di coda. Tanto più che l'uomo destinato alle misure restrittive è la stessa persona su cui fa perno il progetto di rinnovamento delle istituzioni repubblicane.

Il Berlusconi che viene considerato (come tutti i condannati, a norma della Costituzione) un soggetto da riportare per gradi e con mille cautele nel consorzio civile è lo stesso Berlusconi con il quale Renzi ha stipulato un patto per rifondare l'Italia. Lo ha stipulato in quanto, senza il Cavaliere, mancherebbero i numeri in Parlamento... Più che un paradosso, è lo specchio della precarietà politica nazionale.

2. BERLUSCONI DA NAPOLITANO: ‘CHIEDO TUTELA'
Alberto D'Argenio e Carmelo Lopapa per ‘La Repubblica

Sale al Colle per cercare la sua personalissima «pacificazione », ne discende con la certezza che dovrà scontare la sua pena. Berlusconi alle 18 raggiunge il capo dello Stato per un faccia a faccia fortemente voluto dal leader di Fi, chiesto e ottenuto nell'arco di 24 ore, in questa lunga vigilia dell'udienza del 10 aprile, a partire dalla quale il Tribunale di Sorveglianza dovrà decidere come, dove e da quando eseguire i suoi 9 mesi di condanna. «Vorrei essere messo nelle condizioni di mantenere la mia agibilità politica - l'unica vera richiesta esplicita, secondo le ricostruzioni di Palazzo Grazioli, che l'ex premier ha il coraggio di formulare - vorrei poter fare la campagna elettorale per le Europee ». Reclama «tutela», sotto qualche forma, quella che dal Colle più alto però non possono assolutamente garantirgli.

È tutto un gioco di sponda, di detto e non detto, di istanze implicite che al termine delle quasi due ore di incontro il capo dello Stato sembra respingere con la nettezza e la freddezza che ha sempre contraddistinto i loro colloqui. Quanto meno quelli sempre più radi dell'ultimo anno e mezzo e sempre su richiesta del Cavaliere. «Respinto con perdite», racconteranno dal quartier generale di San Lorenzo in Lucina i più pessimisti tra i dirigenti forzisti, mentre altri sono impegnati a spargere semi di ottimismo per il solo fatto che la Presidenza abbia riconosciuto ancora una volta la leadership politica del loro capo.

Non c'è Gianni Letta ad accompagnarlo, raccontano i suoi, non ci sono nemmeno i capigruppo. Alle 20.21 il faccia a faccia diventa di pubblico dominio. Lo diventa per altro solo dopo che un lancio dell'agenzia Agi ne dà notizia a sorpresa. Trascorreranno venti minuti prima che una nota ufficiale del Quirinale confermi che Napolitano «ha ricevuto questa sera il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che aveva chiesto di potergli illustrare le posizioni del suo partito nell'attuale momento politico». Null'altro. Il leader forzista, come spiegherà in serata ai vari Verdini, Toti, Romani e altri incontrati a Palazzo Grazioli subito dopo, era andato lì con una mission impossible.

Ovvero quella di distendere i toni, ricostruire un rapporto col Colle a dir poco deteriorato. Con un messaggio implicito: «La fase dei falchi, della guerra civile, è da considerare conclusa». Poi tutto inizia a ruotare attorno alla data che l'ex Cavaliere comunque non citerà nemmeno, non ve ne sarà bisogno, quella cerchiata in rosso nel calendario dei suoi incubi, il prossimo 10 aprile.

E allora eccole le tre richieste che vengono portate su un vassoio d'argento da un Berlusconi che, raccontano a Forza Italia, appare lontano anni luce dal leader arrembante che ancora 24 ore prima gridava ai «quattro colpi di Stato», ai «presidenti della Repubblica tutti di sinistra », ai «complotti» ai suoi danni. La prima è l'unica di fatto accolta.

Tramite il solito Gianni Letta il capo di Forza Italia riesce a strappare l'incontro, ritenuto dal suo entourage un passo decisivo per ottenere il riconoscimento, ancora una volta, del suo ruolo politico. Come era già accaduto al Nazareno il 18 gennaio con Renzi. Ma al Quirinale hanno ricevuto l'interlocutore con altro spirito, lo stesso col quale ricevono qualsiasi responsabile di una grande forza politica che ne faccia richiesta. Era già successo il 15 febbraio scorso, in occasione della crisi di governo. Un colloquio telefonico tra i due era stato registrato la settimana scorsa, alla vigilia dell'incontro di Napolitano col presidente Usa Barack Obama. Berlusconi in quell'occasione aveva manifestato le sue perplessità sull'azione Ue anti Putin sulla crisi ucraina, raccontano le impressioni ricavate dai contatti diretti avuti proprio col presidente russo.

La seconda istanza avanzata è già più ardita. Berlusconi al Colle la accenna appena. Chiede garanzie affinché vengano scongiurati in qualche modo gli arresti domiciliari, che benché improbabili - a sentire gli avvocati - restano uno spettro ben presente. La sua speranza è che il Tribunale di sorveglianza di Milano lo affidi ai servizi sociali, magari nella formulazione leggera riconosciuta spesso agli ultra settantenni, da scontare a casa con incontri periodici con assistenti sociali.

E nell'immediato l'auspicio è che l'udienza aperta dai magistrati il 10 aprile possa essere poi rinviata a dopo il 25 maggio. Dopo le elezioni europee. Eccolo un primo passo concreto per conseguire quello che Berlusconi insiste nel definire «agibilità politica»: la possibilità cioè di poter fare campagna elettorale, di trainare un partito da 7 milioni di consensi che senza di lui rischia di andare incontri a un tonfo senza precedenti. «Altrimenti - ripete - sono un leader azzoppato». Ma il Quirinale non può e non vuole interferire sul cammino della giustizia, sull'iter di processi avviati e conclusi, di cui si stanno consumando solo le appendici.

La terza questione posta sul vassoio dell'incontro è un'offerta - quasi uno scambio - e non una richiesta. Il leader forzista, a domanda interessata del presidente Napolitano, conferma tutta la sua disponibilità a portare avanti il percorso di riforme avviato col governo Renzi e iniziato col varo dell'Italicum. Dunque, via libera alla legge elettorale in tempi rapidi, ma anche alla riforma del Senato e del Titolo V. «Sarebbe giunto il momento di una pacificazione nazionale vera e noi siamo disponibili» ha rilanciato Berlusconi. Come in mattinata aveva fatto l'house organ del gruppo alla Camera, il Mattinale: «Dalla decisione del 10 aprile dipende non solo l'efficacia delle riforme in cantiere, ma la loro stessa legittimità».

In serata, il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi rispondendo a un'intervista radiofonica a Zapping si limita a dire: «Forza Italia dimostri la sua buona volontà sulle riforme e contribuisca ad approvare in prima lettura la riforma costituzionale e l'-I-talicum entro il 25 maggio».

Probabile che l'ex premier abbia sondato ancora una volta, con la massima discrezione, una pur vaga disponibilità della Presidenza della Repubblica ad accogliere un'eventuale richiesta di grazia (che solo i figli o i legali possono avanzare). Magari come riconoscimento della conclusione del percorso riformatore e l'avvio della cosiddetta "Terza Repubblica". Se lo ha fatto, come qualcuno sostiene, dal Colle non possono aver risposto come già nell'agosto scorso: la sussistenza delle condizioni può essere valutata solo dopo che l'istanza è stata depositata. Il Quirinale non può cambiare linea né su questo aspetto né sulla condotta tenuta sulle vicende giudiziarie di Berlusconi. E in ogni caso le chance di ottenere un atto di clemenza, sanno bene gli stessi avvocati del leader, per un condannato definitivo e già riconosciuto colpevole in altri processi in primo grado, sono minime se non nulle.

 

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